La performance di Andrea Bianconi sulle vette delle Dolomiti

Andrea Bianconi realizza il sogno bizzarro di collocare una poltrona sulla cima di una montagna. La scritta tracciata sopra è quella già vista ad Arte Fiera di Bologna: “Sit down to have an idea”. Ma adesso è come se il pensiero volasse in alto per diffondersi nello spazio sconfinato del Carega. Tra polemiche e contestazioni.

Una spedizione fin lassù. Quasi “dove osano le aquile”. O dove anche gli angeli hanno paura di camminare, come avrebbe detto il poeta inglese A. Pope. Una escursione attraverso boschi, strade bianche, sentieri, precipizi, per arrivare alla vetta della montagna e alla sua potenza di visione, al suo respiro cosmico.
Spedizione Cima Carega è il titolo della performance ideata da Andrea Bianconi (Arzignano, 1974) per portare in alto una delle poltrone del progetto Sit down to have an idea, già presentate all’Arte Fiera di Bologna e sparse per piazze, teatri, giardini. L’obiettivo è sempre quello: indagare il rapporto tra uomo e pensiero, cogliere il senso dell’attesa, della ricerca, del desiderio, della volontà, della domanda, dell’ossessione. Solo che questa volta non si tratta di un’operazione diffusa, sparsa (orizzontale), ma di un’avventura in ascesa, in elevazione (verticale), quasi di un cammino liturgico verso la vetta, dove “leggerezza del pensiero e spazio rarefatto della montagna” coincidono, come scrive il curatore Giuseppe Frangi.

Andrea Bianconi, Spedizione Cima Carega, performance. Photo Alessandro Frangi

Andrea Bianconi, Spedizione Cima Carega, performance. Photo Alessandro Frangi

LA PERFORMANCE DI ANDREA BIANCONI

Puntuali alle 8 del mattino di domenica 5 luglio una ventina di runner del Durone Team hanno iniziata l’ascesa accompagnati da numerosi appassionati e curiosi. Poltrona in spalla, se la sono passata ogni dieci minuti, come succede nelle processioni in cui si trasportano immagini sacre e reliquie. Ma nulla c’è, qui, di religioso o di devozionale, quanto invece molto di umana fatica, di sfida, di conquista. Da Rifugio Revolto (1336 metri) fino a Cima Carega (2259 metri). E, alla fine della salita, la posa della poltrona, sulle note del canto popolare Signore delle cime. Con il cronista di un giornale locale che ironicamente l’ha definita “laica benedizione”. Mentre “sulla sedia si sono seduti tutti i presenti per una foto, più che per avere un’idea”.
Forse il cronista non conosce l’intero percorso artistico di Bianconi, dove le performance sono una costante: dal Chinese Umbrella Hat Project in cui a Shangai (2010) ha fatto sfilare ottantotto ragazze avvolte nei loro chimoni rossi e gialli, a Babele (2015), in cui ad Arezzo ha fatto girare per le vie della città sedici giovani profughi con tanto di radio in spalla, fino alla recente incursione nel carcere femminile di San Vittore, dove le ragazze si sono raccontate (Come costruire una direzione, 2019). Tutto per lui è incontro, relazione, scambio. Perché non vedere nel desiderio di cogliere spazi sconfinati da parte di Bianconi una tensione e una esplorazione collettiva (da parte dello stesso artista, dei runner, del pubblico)?

La poltrona 'Sit down to have an idea' sulla cima del monte Carega. Photo Alessandro Frangi

La poltrona ‘Sit down to have an idea’ sulla cima del monte Carega. Photo Alessandro Frangi

LE POLEMICHE SUSCITATE DA BIANCONI

Bianconi afferma: “Ho sempre pensato all’arte come a una forma di libertà. Da portare all’aperto, in capo al mondo, soprattutto dopo la clausura imposta dal Covid.” Ovviamente, pensando alla “poltrona delle idee” collocata in vetta al Carega, sono sobbalzati sindaci, presidenti del CAI, della Sat (Società alpinisti trentini): “Non è così che si valorizza la montagna”, “Si tratta di trovate” che “vanno tolte”. Sdegno e irritazioni che però non hanno giustificazioni. Perché la performance esibisce la leggerezza e la grazia di un gioco, perché a prendersi cura dell’opera sono fin da subito i titolari del rifugio Fraccaroli, ma soprattutto perché in questo tempo l’arte dovrebbe ritrovare una portata pubblica, che va al di là di ritualità e consuetudini consolidate, per confrontarsi in modo problematico con l’ambiente e la comunità. Dovrebbe diventare inciampo visivo, elemento capace di aprire il mondo e il modo di guardarlo, basandosi sull’insolito, lo stupore, l’emozione. Una vera avventura civile, democratica, politica. Tanto più che il progetto intende sostenere la Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica, con la vendita di bandane realizzate dallo stesso artista. In fondo è dare respiro a una malattia che il respiro lo toglie. Offrire un po’ d’aria, di speranza a chi non ce l’ha.

Luigi Meneghelli

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Luigi Meneghelli

Luigi Meneghelli

Laureato in lettere contemporanee, come critico d'arte ha collaborato e/o collabora a quotidiani (Paese Sera, L'Arena, L'Alto Adige, ecc.) e a riviste di settore (Flash Art, Le Arti News, Work Art in progress, Exibart, ecc.). Ha diretto e/o dirige testate…

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