
Bianchi e azzurri i festoni che celebrano il quarto scudetto del Napoli sventolano sopra ai banchi del mercato quotidiano del Borgo di Sant’Antonio, detto O Buvero. Osservandoli dall’alto, da uno degli affacci del cinquecentesco ex convento di Sant’Anna a Capuana, restituiscono un’istantanea spensierata di un’area del capoluogo campano caratterizzata da una condizione di frammentazione sociale, demografica ed economica. Nonostante la collocazione a ridosso del centro storico “questa è sempre stata una zona un po’ di confine, sia fisicamente, perché posta appena fuori dalle mura, che socialmente. Un luogo di contrasti” spiega l’architetto Gianluca Donadeo di GNOSIS Progetti. Su incarico della Fondazione Terzoluogo, proprio lo studio che in oltre trent’anni di attività ha fatto del “costruire contemporaneo nel costruito” il proprio tratto distintivo, si sta occupando del progetto di restauro e rigenerazione urbana del dismesso complesso conventuale, ancora poco noto nel quartiere e in città.
A Napoli il progetto di rigenerazione urbana a base culturale di Fondazione Terzoluogo
Entro il 2027, la fondazione intende restituirlo nella sua totalità – ovvero nei suoi 3800 mq, tra spazi interni e all’aperto – alla comunità locale e a Napoli. Sarà un polo culturale e di aggregazione intergenerazionale senza precedenti per questo quadrante cittadino. Spazio Obù, com’è stato ribattezzato, disporrà di una biblioteca, di residenze per artisti e studenti, di una caffetteria e, soprattutto, di spazi per attività culturali e laboratori 0-99. Non mancheranno due versatili terrazze e una corte pubblica interna. “La nostra ambizione è recuperare l’identità stessa del concetto di ‘terzo luogo’. Vorremmo dare vita a uno spazio davvero di relazione, che non sia semplicemente poroso alle realtà che lo circondano, ma sia del tutto aperto ad accoglierle, che ne diventi parte,” racconta Massimiliano Massimelli, direttore della Fondazione Terzoluogo. Nata dal 2019, questa realtà finanzia e cura la realizzazione di spazi culturali concepiti per contrastare la disuguaglianza e la povertà educativa e per incoraggiare la coesione sociale, con particolare riguardo per le zone a rischio di marginalità culturale. Un’azione portata avanti in parallelo anche a Milano, nel quartiere di San Siro: assegnataria tramite bando comunale dello spazio di Cascina Case Nuove, la fondazione ha attivato il percorso partecipativo di consultazione, coinvolgimento e ascolto necessario per porre le basi per un futuro polo culturale.






A Napoli Spazio Obù è un cantiere, ma è già aperto
Proprio la centralità della dimensione dell’ascolto costituisce uno dei punti di forza dell’iter partenopeo, avviato nel 2023 per effetto dell’acquisizione dal Comune di Napoli – attraverso un’asta pubblica – dell’ex convento, inserito in un piano di alienazioni immobiliari del patrimonio comunale. La giunta presieduta dal sindaco Manfredi rientra tra le istituzioni locali con cui Fondazione Terzoluogo ha già stretto relazioni, in coerenza con l’obiettivo di integrarsi con i soggetti attivi sul territorio e, con loro, fare rete. La prospettiva, anche a livello di gestione, è dunque quella della collaborazione tra Pubblico e Privato, per attivare in forma congiunta servizi culturali, educativi e sociali. Da marzo 2025, a un anno di distanza dalla firma del Protocollo di intesa tra Comune di Napoli e Fondazione Terzoluogo, Spazio Obù ha ufficialmente aperto le porte dei primi spazi. Sebbene il cantiere sia in corso, la formula scelta di concerto con i progettisti è infatti quella della progressiva attivazione di porzioni della sede, via via recuperate o adattate a funzioni temporanei. Un modo per iniziare a stringere relazioni con la comunità e la città.
Da monastero a polo culturale 0-99: presente e futuro di Spazio Obù
Gli 800 mq del piano terra già accessibili quindi cambieranno funzione, entro settembre 2027, ma intanto ospitano un atelier per l’infanzia e uno spazio per la formazione. È qui che regolarmente si svolgono laboratori e attività sperimentali per varie fasce di età e più target: la risposta, in termini di partecipazione e interesse, è assolutamente incoraggiante. Si va da esperienze di gioco per famiglie e bambini alle letture associate al movimento, passando per l’avvicinamento alla musica elettronica e, non da ultimo, a Borgo Futuro, un progetto per ragazzi dai 14 ai 24 anni finalizzato a realizzare un’indagine fotografica per conoscere l’identità del Borgo Sant’Antonio senza accezioni nostalgiche. “Puntiamo molto sull’apporto con il territorio. Portiamo la città dentro Spazio Obù, ma andiamo anche noi fuori, facciamo dialogare il borgo di Sant’Antonio con il resto di Napoli” indica Lorenzo Scirocco, che per Fondazione Terzoluogo dirige Spazio Obù, ed elenca le collaborazioni fin qui siglate con eventi di richiamo: un esempio è l’annuale COMICON. In attesa della piena entrata in funzione, si lavora quindi per costruire un senso di appartenenza, stringere un legame di fiducia e alimentare la curiosità verso un luogo che ha conosciuto, in anni recenti, una stagione di parziale abbandono, silenzio e usi imprevisti.





Il progetto architettonico di Spazio Obù secondo lo studio GNOSIS Progetti
Come noto – e come documentiamo attraverso la nostra newsletter Render – spesso in Italia i progetti di rigenerazione urbana a base culturale riguardano immobili di culto o sorti su impulso degli ordini religiosi. Edifici stratificati, nel corso dei secoli, hanno conosciuto vicende alterne. Non si sottrae a questo destino l’ex convento di Sant’Anna a Capuana, che dopo addizioni rimaneggiamenti e alterazioni, nel Novecento è stato bombardato, riportando gravi danni. Seguono il parziale impiego da parte della Pretura (che qui collocò un archivio e alcuni uffici), nonché la presenza di una falegnameria (a sua gravemente compromessa da un incendio) e quella di un deposito di ceramiche. Specie a causa dei nefasti eventi bellici, “non abbiamo riscontrato elementi decorativi di pregio” precisa l’architetto Donadeo, sottolineando come sul bene insista oggi un vincolo diretto della Soprintendenza.
Fare rigenerazione urbana nel cuore di Napoli
Non poche, comunque, le sorprese emerse con il restauro, tra cui il rinvenimento di stanze di cui non si aveva traccia. “Rifunzionalizzare spazi esistenti, anche tutelati, rappresenta il nostro core business” prosegue il progettista dello studio GNOSIS (società responsabile anche della direzione lavori). “Quello che ci interessa è la piena riconoscibilità del segno contemporaneo sull’esistente, in modo tale che ci sia un rapporto dialettico e dinamico con l’impianto storico” conclude. Tale principio guida la mano degli architetti nei tre piani dello stabile, nella corte interna e nelle terrazze, poste su due successivi livelli (una delle quali è intesa nel piano come “piazza sospesa”). Anche su questi spazi all’aperto, in futuro dotati di porzioni di verde e di un orto urbano, e sulla riattivazione di un passaggio pedonale interno al quartiere, si punta per concretizzare il proposito di rendere davvero questo il complesso un attrattore locale. Stringendo con Napoli una nuova e duratura forma di alleanza.
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Valentina Silvestrini
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