Gli studi e i segreti della Grande Onda di Hokusai a Treviso
Il Museo Bailo invita a ripercorrere la produzione del Maestro indiscusso dell’Ukiyoe, approfondendo il processo creativo alle spalle del suo maggiore capolavoro e i rapporti con la natura e l’arte europea

Katsushika Hokusai, maestro indiscusso della corrente dell’Ukiyoe, letteralmente “immagini del mondo fluttuante”, un genere di stampa artistica giapponese impressa su carta con matrici di legno, nata e sviluppatasi durante il periodo Edo (1603-1868), è il protagonista della nuova mostra, promossadal Museo Bailo di Treviso.
L’idea alla base della mostra su Hokusai al Museo Bailo di Treviso
Quali sono gli obiettivi dell’esposizione? Li ha elencati il curatore Paolo Linetti durante la conferenza stampa. Prima di tutto immergere il visitatore nel metodo creativo di Hokusai, nella sua personalità, nella sua ossessione per la perfezione artistica e analizzare gli studi e le influenze che hanno determinato il suo stile. Terzo e ultimo fine è la volontà di approfondire il suo legame con l’acqua, tema ricorrente nella sua produzione.




Armonia tra schema e fantasia nella mostra su Hokusai al Museo Bailo di Treviso
Il curatore sostiene inoltre che il genio di Hokusai si fondi sull’incredibile coesistenza tra il rigore scientifico e l’immaginazione sconfinata. “Normalmente siamo abituati a pensare alle menti scientifiche guidate da un pensiero pratico e convergente e agli artisti guidati da uno divergente. Si tende a pensare che le capacità creative e immaginifiche mal si prestino a seguire schemi prestrutturati. La genialità di Hokusai ha permesso l’armonizzazione di una straordinaria creatività fantastico-onirica con schemi compositivi che la equilibrano senza tarpare le ali”.
Hokusai tra Dürer e van Gogh
Il focus dell’esposizione, con il sostegno di 150 opere, privilegia Il metodo attraverso il quale l’artista crea i suoi lavori più celebri, dove in controluce si possono intravvedere l’acqua che rimanda alla nascita, il mare all’inconscio e le presenze subliminali che si rifanno ad alcuni maestri rinascimentali. Ed è per questo che Il percorso espositivo, indaga sia la sua resa grafica, confrontandola con opere di autori a lui contemporanei come Kunisada, Utamaro, Kuniyoshi, sia le fonti d’ispirazione europee che hanno influenzato Hokusai: dalle incisioni di Albrecht Dürer all’arte fiamminga. Un altro aspetto da non trascurare è l’influenza, con la moda del Japonisme, che Hokusai ha esercitato su grandi artisti come Vincent van Gogh, Claude Monet ed Henry Toulouse-Lautrec. “Quello che invidio ai giapponesi” – scrive van Gogh “è l’estrema limpidezza che ogni elemento ha nelle loro opere […]. Le loro opere sono semplici come un respiro e riescono a creare una figura con pochi, ma decisi tratti, con la stessa facilità con la quale ci abbottoniamo il gilet. Ah, devo riuscire anche io a creare delle figure con pochi tratti”.

Le opere nella mostra su Hokusai al Museo Bailo di Treviso
La mostra, oltre a ripercorrere lo studio cronologico delle diverse prove che portarono all’onda perfetta, per la prima volta si sofferma sul segreto che si cela dietro la Grande onda, l’opera più iconica di Hokusai che appartiene alla serie di dipinti 36 vedute del Monte Fuji. Grande onda che sembra voler ingoiare con la sua forza i pescatori indifesi in balia del mare in tempesta. L’immagine ha un andamento impressionante, mentre fa emergere l’antitesi tra la caducità della vita e la grandiosità della natura. Emblema di una produzione artistica in cui l’acqua ricopre un ruolo centrale. Fluida, dinamica, impetuosa, l’artista ne ha rappresentato ogni sfumatura, ogni movimento: dal boato frastagliato delle cascate alla caduta delle onde.
A partire dal 1814, Hokusai inizia la pubblicazione dei volumi degli Album di disegni dal vero. Il secondo della serie contiene una xilografia a doppia pagina, che descrive una spaventosa caccia a una balena vista dalla spiaggia. L’immagine è caratterizzata da una fune in tensione. Come a rimarcare il contrasto tra la forza della balena e quella dei pescatori. Una sorta di duello fra due onde in contrasto.
A tutt’altra visione rimanda la xilografia Il Fuji visto dal mare, dove la grande quantità d’acqua termina in una schiuma che si disintegra in particelle. Acqua che assume una dimensione monumentale, ma non violenta. L’onda, che avanza da sinistra verso destra, abbandona l’aggressività della sua celebre controparte di Kanagawa, scoraggiando in chi guarda ogni tensione emotiva. Se la Grande onda è il simbolo della potenza distruttiva, quella del Fuji visto dal mare si configura come un’energia costruttiva. Le due rappresentazioni sono le due facce di una stessa medaglia: la prima rimanda alla potenza spietata della natura. La seconda celebra la sua armoniosa bellezza.
Fausto Politino
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