Mostre multimediali: sì o no?

Ultimo trend del momento, le mostre multimediali stanno attraendo un numero sempre più ampio di visitatori. Ma come si concilia la tendenza con la necessità della fruizione dell’opera d’arte? Ne abbiamo parlato con storici dell’arte, con critici e con chi – naturalmente – queste mostre le fa, coinvolgendo le maggiori società del settore in Italia.

FABRIZIO FEDERICI – storico dell’arte

Fabrizio Federici

Fabrizio Federici

Nella nostra epoca affetta da “mostrite”, qualunque strumento che limiti il continuo girovagare delle opere d’arte è benvenuto. Le “mostre” multimediali (che forse sarebbe meglio chiamare “spettacoli”, per non ingenerare confusione con le mostre vere) possono condurre l’attenzione dello spettatore su dettagli meno appariscenti, consentono uno sguardo inedito sulle tecniche artistiche, possono avvicinare all’arte, attraverso un forte impatto emotivo, un pubblico che è normalmente estraneo a mostre e musei. L’ideale sarebbe che poi il visitatore avesse voglia di scoprire le opere d’arte originali, nella loro materialità e nei loro contesti, e si può ragionevolmente credere che questo non sempre accada.
Un avvertimento che può sembrare scontato, ma non lo è, riguarda gli spazi per manifestazioni di questo tipo: è auspicabile che si tengano in ambienti neutri, evitando il deprecabile paradosso della chiesa fiorentina di Santo Stefano al Ponte, in cui l’arte reale dello spazio sacro è regolarmente annichilita dall’arte riprodotta delle mostre multimediali che vi si tengono.

VALENTINO CATRICALÀ – curatore

Valentino Catricalà

Valentino Catricalà

L’accezione “mostra multimediale” è declinabile in due modi differenti. Da una parte l’utilizzo della tecnologia per aumentare l’esperienza fruitiva dello spettatore (ad esempio Van Gogh Alive) e, dall’altra, mostre dedicate ad artisti che operano con la tecnologia, a ciò che in un recente libro ho chiamato “media art”. Il primo caso lo trovo utile ma meno “urgente” del secondo. L’esperienza fruitiva dello spettatore può essere aumentata in molti modi e, in base all’efficacia degli espedienti trovati, può aggiungere informazioni o confondere. Interessanti i casi di artisti che hanno realizzato allestimenti per mostre.
Il secondo, invece, a mio avviso è oggi più urgente. È urgente oggi in Italia incominciare a riconoscere i rapporti fra arte e tecnologia come qualcosa a sé stante, con una loro storia e una loro tradizione. Riconoscere nelle loro problematiche concettuali, espositive, curatoriali, vuol dire iniziare a costruire un ambiente culturale, comprenderlo come fenomeno a sé stante e quindi necessitante di istituti dedicati, musei, piani di preservazione, finanziamenti ecc. Dare in questo modo voce a quegli artisti che cercano di farci vedere un altro modo di concepire il nostro quotidiano, dominato sempre più da strumenti tecnologici. È solo così che indiscutibili vantaggi possono arrivare per noi, per la società e per il sistema dell’arte contemporanea.

ANTONELLA SBRILLI – Università La Sapienza – Roma

Antonella Sbrilli

Antonella Sbrilli

Rispondo partendo da un esempio di mostra multimediale, affiancata dalla presenza di opere originali – alla cui realizzazione ho partecipato –, e che è visitabile a Bolzano, al Centro Trevi, fino a maggio 2017: il titolo è Tempo e denaro. Perché una mostra multimediale? Per presentare temi trasversali che implicano riferimenti a tante opere d’arte di diversa natura, anche filmica: la multimedialità consente di montare le riproduzioni in un racconto fluido. Il rapporto col pubblico è calibrato su diverse modalità: immersiva, grazie a una videoproiezione circolare; interattiva, grazie a riproduzioni di opere esplorabili; ludica, con sfide e invenzioni; partecipativa, con social tagging; didattica, con visite che integrino le proposte multimediali e la visione dal vero.
Rischi di confusione percettiva non ce ne sono, se gli strumenti multimediali sono sfruttati per le loro potenzialità (visione aumentata, interazione, suggerimenti di relazioni) e non come mere sostituzioni di immagini alle opere. I vantaggi sono valutabili – anche in tempo reale – dal riscontro dei visitatori.

RICCARDO MAZZA – Interactive Sound

Riccardo Mazza

Riccardo Mazza

Occorre partire da una premessa importante: il museo è il luogo dove la cultura può essere trasmessa e di cui le persone possono fruire. La progettazione tecnologica deve quindi rispettare questo principio per non diventare fine a se stessa e autoreferenziale. Per scelta e per stile ho sempre cercato di creare percorsi museali, di tipo altamente immersivo, che permettano al visitatore di essere al centro e “immerso” nell’esperienza culturale che si vuol proporre. La tecnologia non deve quindi mai sovrastare la comunicazione, che deve filologicamente essere corretta. Migliore sarà, in tal senso, la progettazione, più prevedibile e controllabile sarà la risposta del visitatore, che è ciò che desideriamo ottenere, così che possa ricevere l’informazione in modo corretto.
Noi non possiamo né vogliamo sostituirci all’oggetto: noi lo “spieghiamo” grazie a un racconto “verticale” e “orizzontale”. “Orizzontale” perché rivolto a tutti, e di questo la multimedialità è fondamentale, in quanto è il linguaggio contemporaneo che noi tutti oggi parliamo; e “verticale” perché la comunicazione del racconto che ne scaturisce genera le informazioni culturali necessarie: entrambe le prospettive sono integrate nelle nostre installazioni.

http://www.interactivesound.it/

ROBERTO FIORINI – Crossmedia Group

Roberto Fiorini

Roberto Fiorini

Non credo sia una banalità sostenere che, con l’affermarsi dei new media e della comunicazione onnivora generata dalle piattaforme social, anche la fruizione della cultura in senso lato e del patrimonio artistico in particolare debbano aprirsi a nuove modalità interpretative. La multimedialità, se immersiva, è a mio avviso lo strumento più adeguato per coinvolgere il pubblico, invitandolo ad approfondire la conoscenza di un’artista, la comprensione delle sue opere, consentirne la lettura stilistica attraverso la messa in scena spettacolare della sua tecnica pittorica.
Stupire, emozionare, senza mai dare la sensazione di volersi accreditare quale succedaneo virtuale dell’opera d’arte originale, ma anzi fungere da volano d’interesse per la riscoperta dell’opera dal vero, nella sua concretezza fisica. Un’impresa complessa, la cui realizzazione non può in nessun caso prescindere dal rispetto di uno dei principi basilari del rappresentare per mezzo della multimedialità: l’utilizzo della tecnologia non deve mai essere fine a se stesso, ma in funzione dell’esaltazione dei contenuti di cui è strumento.

https://www.ctcrossmedia.com/

MARCO FELICI – Bodino Engineering

Marco Felici

Marco Felici

Lascio ad altri le riflessioni pre e post McLuhan, salto a piè pari gli interrogativi sui “perché” – vogliamo chiederci queste cose, quando la maggioranza dei nuovi utenti sono nativi digitali? – e vado dritto al dunque, forte della visione pragmatica maturata con la Bodino Engineering, in cicli di ricerca, innovazione e costruzione. Ci piace materializzare i sogni degli architetti e degli artisti più visionari: oggi la componente multimediale è uno degli apporti principali; partecipa tanto nell’innovare i contesti quanto nel moltiplicare la comunicazione. Sono ricerche necessarie; non c’è futuro senza ricerca.
Le mostre, per la loro caratteristica temporaneità, da sempre sono la palestra ideale per queste ricerche, richiedono innovazione, comunicazione, sperimentazione… e poi si smontano. “Sostituire, integrare, confondere” sono problemi legati alla qualità con cui si opera, ai limiti che ci si pone, e non al tipo di strumento: utilizzando anche – e non solo – il multimediale in ogni genere di mostra, dall’exhibit al retail, si hanno solo “vantaggi”.

http://www.bodino.it/it/

ANDREA VILIOTTI – Asteria

Andrea Viliotti

Andrea Viliotti

In Italia e in Francia, dove Asteria ha delle attività, abbiamo visto come nacque una vera e propria coscienza multimediale negli ultimi dieci anni. Questo boom del multimediale al museo fu contemporaneo all’uscita dell’iPhone e dell’Android nel 2007. Il multimediale entra nella tasca del visitatore e del non-visitatore. Lo studio del rapporto con il pubblico tramite il multimediale si sviluppa e nel 2011 nasce in Francia Museomix.
Oramai allestiamo veri e propri multimediali che non sostituiscono l’opera ma che ci permettono di leggerla in un modo diverso. Facilmente e in modo divertente, ad ogni età. Il tutto multimediale di oggi ci interroga sulla sua legittimità. Le tecnologie nascono sempre più velocemente. Diventa quindi cruciale sviluppare l’UXD per una mostra. Il multimediale è al servizio dell’opera. La sua forza è poter creare un rapporto molto intimo con il visitatore e il non-visitatore. La forza d’attrazione del multimediale è un indiscutibile vantaggio per una mostra.

http://www.asteria.it/it

ANTONIO SCUDERI – Artglass

Antonio Scuderi

Antonio Scuderi

Le mostre multimediali sono sicuramente un fenomeno “in trend” e dimostrano il bisogno crescente del pubblico di avvicinarsi da protagonisti all’arte e alla cultura. Questi progetti rappresentano molto spesso un’opportunità sostenibile per le tante persone che non hanno competenze e chiavi di lettura specifiche. Per i giovani, sicuramente, ma anche per i meno giovani, come dimostra l’esperienza di ArtGlass, che con i suoi progetti di Realtà Aumentata su occhiali multimediali (300mila utenti nel 2016, in 14 siti culturali) incontra un livello medio di soddisfazione del 97%, con gli apprezzamenti più convinti e gli stimoli più interessanti che arrivano da due target lontani anagraficamente: gli under 25 e gli over 65.
Il rapporto col pubblico ci conferma ogni giorno che la tecnologia deve essere rigorosamente al servizio del visitatore e dei progetti di valorizzazione culturale. Nel caso della Realtà Aumentata, la presenza delle opere fisiche è fondamentale, come è facile comprendere. Ma i racconti che creiamo assieme ai curatori hanno sempre una cifra originale e legata a doppio filo agli artisti, ai musei e ai loro territori.

http://www.art-glass.it/

FULVIO CHIMENTO – critico d’arte

Fulvio Chimenti

Fulvio Chimenti

Questi progetti nascono dalla volontà di rispondere alle urgenze critiche del presente. Effimera, la rassegna annuale al MATA di Modena, che ho ideato con Luca Panaro e che ha inaugurato la sua seconda edizione a marzo 2017, si fonda sul presupposto che l’unicità dell’opera non è più un assunto dell’uomo contemporaneo. Con Internet il significato di originalità si svuota di senso: ogni file è riproducibile con la medesima qualità, ogni copia è sempre identica all’originale. Tuttavia, benché il mercato dell’arte rimanga aggrappato a teorie che la digitalizzazione dei processi artistici ha contribuito a superare, anche un’opera potenzialmente replicabile all’infinito può aspirare allo status di opera d’arte.
Le mostre multimediali, come le altre, si compongono di un insieme variabile di lavori che, tuttavia, instaurano una differente relazione (probabilmente “disarmonica”) con lo spazio ospitante e con il pubblico. Il visitatore vive un’esperienza “immersiva”, nella quale viene meno il rapporto con le singole opere a vantaggio di una dimensione complessivamente esperienziale – questa sì, non ripetibile – che rappresenta una delle componenti fondamentali di un progetto curatoriale sensato.

NONE COLLECTIVE

None Collective

None Collective

Il tema centrale è il come: siamo talmente assuefatti dalla multimedialità che riproporre un qualcosa di cui possiamo fruire anche autonomamente, a casa, su uno schermo qualunque, non aggiunge e non raggiunge nulla di nuovo, anche se di grandi dimensioni. Troppo spesso dietro l’innovazione tecnologica si nascondono operazioni di marketing, anche nel campo della cultura.
L’obiettivo di un progetto multimediale, secondo noi, dovrebbe essere quello di creare una nuova esperienza, non il surrogato di un’esperienza originale. Questo ovviamente dipende dalle condizioni in cui avviene l’esposizione (budget, location, fruibilità) ma anche dalle capacità di chi progetta: nella multimedialità lo storytelling è ciò che ci guida e la tecnica è tanto più raffinata quanto è in grado di non mettersi in mostra.

– a cura di Santa Nastro

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #35

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Santa Nastro

Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

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