L’architettura e i totalitarismi d’Europa

Vi raccontiamo una controversa stagione dell’architettura del Novecento. Per tracciare un orizzonte democratico per il futuro.

Rendere sempre visibile, a qualsiasi ora del giorno e da ogni ambiente, la distesa del mare: fu questo il principio progettuale seguito dall’architetto bolognese Giuseppe Vaccaro nella progettazione della Colonia Marina Sandro Mussolini, a Cesenatico. Eretta tra il 1937 e il 1938 e destinata ai figli dei dipendenti dell’AGIP, la struttura è oggi sotto la tutela della Soprintendenza per i beni architettonici e viene in parte impiegata con finalità ricettive, nei mesi estivi.
Si tratta di uno delle migliaia di edifici realizzati in Europa nel processo di costruzione del consenso, in quell’azione di affermazione del potere totalitario che ha contraddistinto la storia del Novecento, in più fasi. Indipendentemente dalla qualità o dal livello di innovazione, la peculiare caratteristica di incarnare principi connessi alle dittature continua a incombere su questa categoria di manufatti edilizi: anche oggi, l’ombra di una genesi non democratica si estende sulla memoria collettiva.
A distanza di decenni, quale rapporto ci lega a quel patrimonio urbano e architettonico? Qual è lo stato di conservazione di quel lascito? È questo il livello di indagine entro cui opera l’associazione transnazionale ATRIUM – Architecture of Totalitarian Regimes of the XXth Century in Europe’s Urban Memory. Di base a Forlì, dal 2013 questo organismo promuove interventi multidisciplinari, finalizzati alla riconciliazione e alla valorizzazione di una specifica gamma architettonica. Con 14 istituzioni aderenti – in Italia, Croazia, Bulgaria e Romania – ATRIUM è legata a un comitato scientifico e a un network accademico composto da 27 tra università e centri di ricerca europei.
Sua la titolarità della Cultural Route of Council of Europe, un itinerario storico e culturale che raccoglie sia il “patrimonio dissonante” del Ventennio fascista, sia quello nato per influenza sovietica nell’Europa orientale, tra il 1950 e il 1970. Un riconoscimento questo, concesso nel 2014 dal Consiglio d’Europa, al cui ottenimento concorsero partner provenienti da 11 Paesi: oltre ai soci aderenti, parteciparono anche Slovenia, Ungheria, Slovacchia, Albania, Bosnia-Erzegovina, Serbia e Grecia.

Holiday complex Salvador Allende - Templin, Brandenburg, Germania - photo Jim Cooper

Holiday complex Salvador Allende – Templin, Brandenburg, Germania – photo Jim Cooper

Fortemente presente su scala locale, grazie alle relazioni con le realtà attive sul territorio, ATRIUM Forlì è capofila di una specifica azione culturale. Oltre alla mostra del 2015 Cesare Valle, un’altra modernità: architettura in Romagna, a incontri di carattere scientifico e politico, significativa è l’esperienza dello spettacolo Speer architettura e/è potere: a partire dai testi scritti dall’architetto di Hitler, negli anni trascorsi nel carcere di Spandau, il collettivo internazionale Gli Eredi e l’associazione cesenate Theatro hanno concepito e portato in scena un monologo che gli è valso il Premio Sipario 2016.
Quest’autunno si è aggiunto un ulteriore tassello del percorso di ATRIUM: quattro luoghi simbolo della provincia di Forlì Cesena sono infatti stati coinvolti nella mostra diffusa Totally Lost. Curata dall’Associazione Spazi Indecisi – collettivo multidisciplinare che dal 2010 concepisce progetti di rigenerazione urbana, leggera e ibrida, in spazi degradati o abbandonati – la rassegna ha svelato i risultati di una ricerca fotografica promossa online. A partecipare sono stati 186 fotografi da tutto il mondo: hanno visitato e mappato circa 300 “luoghi scomodi”, in 25 nazioni diverse, realizzando 2.600 fotografie. Fabbriche, miniere, centrali, edifici istituzionali, abitazioni, luoghi di propaganda e del potere, bunker, spazi per la villeggiatura e l’intrattenimento, radar, monumenti, memoriali, borghi di fondazione, case del fascio, sanatori, ospedali e altri relitti architettonici, talvolta in condizioni di degrado, si ergono nel loro gigantismo e monumentalismo. In uno status di scenografica sospensione, sembrano invocare un orizzonte alternativo al completo decadimento. Le quattro sedi della mostra – un luogo legato al Razionalismo a Forlì, l’Acquedotto Spinadello a Forlimpopoli, la Casa del Fascio a Teodorano e il teatro sotterraneo di Imola – versavano anch’esse in condizioni di inutilizzo.

Slovak National Gallery, Bratislava, Slovacchia © Trevor Patt

Slovak National Gallery, Bratislava, Slovacchia © Trevor Patt

I risultati di questa call fotografica implementano l’archivio digitale totallylost.eu, costituito a partire dai materiali raccolti nel biennio 2013-2014. All’epoca, circa 200 tra fotografi e videomaker avevano risposto all’appello, mettendo insieme un corpus già disponibile sul web e presentato in mostre in Italia, Ungheria e Lussemburgo. “È possibile una rigenerazione simbolica, operando un ribaltamento del significato e delle funzioni originarie? Possono diventare punti cardine nella rilettura di un territorio e incubatori per nuove idee e contenuti?”. Sono queste alcune delle domande che la mostra ha prefigurato, in un’Europa in bilico tra angosce, divisioni interne, ansia da decadenza. A lungo rimasta a occhi chiusi di fronte alla distesa del mare che la separa da Africa e Medio Oriente.

Valentina Silvestrini

www.totallylost.eu

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #33

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Valentina Silvestrini

Valentina Silvestrini

Dal 2016 coordina la sezione architettura di Artribune, piattaforma per la quale scrive da giugno 2012, occupandosi anche della scena culturale fiorentina. È cocuratrice della newsletter "Render". Ha studiato architettura all’Università La Sapienza di Roma, città in cui ha conseguito…

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