Arte e boom economico. Una mostra a Milano

Il Museo del Novecento di Milano fa da cornice a una rassegna che evoca l’atmosfera del dopoguerra italiano sul fronte del mercato e delle compravendite legate al mondo della creatività. Dando risalto alla stampa dell’epoca e puntando sull’arte come status symbol.

Un’idea largamente condivisa è che la fruizione, il godimento e il possesso dell’arte contemporanea siano oggi più estesi di qualche decennio fa; ai giorni nostri, Internet e la carta stampata darebbero maggior risalto all’arte e al mercato rendendo più agevole l’accesso. A livello globale, l’impressione è che stia rapidamente crescendo il numero di magazine quasi esclusivamente dedicati al mercato dell’arte e che diminuisca, se non scompaia, l’informazione critica. Ma è davvero così? E soprattutto questa evoluzione sta portando a una maggior trasparenza e quindi democratizzazione?
Boom 60! Era arte moderna, la mostra attualmente in corso al Museo del Novecento di Milano – a cura di Mirella Milan e Desdemona Ventroni con Maria Grazia Messina e Antonello Negri – risponde ad alcune di queste domande. Viene fotografata, infatti, la potente capacità seduttiva dell’arte moderna sugli italiani appena usciti dalla catastrofe della guerra e dalle sue conseguenza, dando ampio risalto al mercato e al collezionismo negli Anni Cinquanta e Sessanta.

LA MOSTRA

Nelle varie sezioni del percorso espositivo, in vetrine e bacheche, sono esposti quotidiani, settimanali e mensili che informavano i lettori su artisti, mostre e kermesse come la Biennale di Venezia; alle pareti sono allestiti alcuni dei dipinti e delle sculture pubblicati dai giornali; oltre alla ricca antologia, il catalogo tira le fila della mostra.
Leggendo gli articoli, colpiscono innanzitutto la quantità di informazioni e la frequenza in cui celebrities italiane e americane si confrontano con l’arte moderna. Sul Tempo del 26 maggio 1951, Carlo Cardazzo propone a Fausto Coppi una sculturina di Picasso sotto lo sguardo attento di Aligi Sassu; Sophia Loren (il cui marito era un noto collezionista) posa per una enorme scultura destinata all’aeroporto di Fiumicino (Il Tempo, 31 marzo 1955, il fotografo è Federico Patellani); su consiglio di Rock Hudson, Gina Lollobrigida visita lo studio di Capogrossi“che aveva la mania di timbrare (Il Tempo, 7 gennaio 1961, le fotografie sono di Chiara Samugheo).

L'hanno vista in 26 modi, La Settimana Incom Illustrata, 1955

L’hanno vista in 26 modi, La Settimana Incom Illustrata, 1955

CINEMA E PUBBLICITÀ

Gli attori stranieri scoprono l’Italia dell’arte moderna, forse anche grazie al successo dei film del neorealismo come quelli di Rossellini, De Sica e Visconti. Gli artisti celebri vengono inseguiti come star del cinema e considerati credibili come testimonial di pubblicità: Giorgio de Chirico beve il Punt e Mes e Renato Guttuso il brandy Senior Fabbri. Fontana, l’astronauta dell’arte, diventa rapidamente il simbolo dell’avanguardia, soprattutto per quel “concetto spaziale ossia buco”, nelle parole di Leonardo Borghese sul Corriere della Sera. Niki de Saint-Phalle spara ai quadri per creare un particolare tipico effetto cromatico, Georges Mathieu salta, César accartoccia le auto, Roberto Crippa fa acrobazie in aeroplano: la modernità passa anche attraverso nuove fonti di ispirazione e nuovi metodi di ricerca.
È soprattutto nell’analizzare l’attrazione per il mercato dell’arte che la rassegna fa centro, mettendo in luce la genuinità e l’approccio diretto di alcuni commentatori. A sostegno della tesi che i musei debbano essere dotati di maggiori risorse per l’acquisto di opere d’arte contemporanea, su Epoca, il 31 maggio 1952, Ugo Moretti titola: “L’arte moderna costa meno di un contrattacco di media classifica” e quindi è un investimento che va sostenuto, come dichiarava Palma Bucarelli, l’imperatrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.

Illustrazione Italiana, numero 85, 7 luglio 1958, copertina, foto Ugo Mulas

Illustrazione Italiana, numero 85, 7 luglio 1958, copertina, foto Ugo Mulas

ARTE E MERCATO

Alcune rubriche sono molto simili a quelle che si leggono oggi on e offline. Ci sono le classifiche degli artisti più quotati, le cronache delle aste, i consigli per gli investimenti e le modalità di pagamento (andava di moda comprare a rate). Rispetto ai decenni che precedono la guerra, l’arte non è soltanto per un pubblico di iniziati, ma per una borghesia sempre più ricca e con esigenze di status. Sono tutti pazzi per l’arte moderna. Roberto Leydi su Epoca scrive: “Pare Milan- Inter”, riferendosi alla bagarre in sala della prima asta di Finarte all’Angelicum di Milano nel 1961, dove invece “il gruppetto dei grandi raccoglitori, gli Jucker, gli Jesi, i Mattioli, i Vismara, hanno accolto con molta sufficienza” ciò che accade in sala.
In buona sostanza, gli italiani si chiedono (su Settimana Incom illustrata, 25 luglio 1959): “Conviene acquistare quadri astratti?”. Su Oggi, il 14 settembre 1961, Renzo Biason titola “Ho comperato a rate una mostra da museo” e si chiede: “Può al giorno d’oggi un amatore d’arte di modeste possibilità finanziarie, un impiegato, un funzionario di banca, un operaio specializzato formarsi una collezione di quadri comprendente anche i maestri contemporanei? La risposta è negativa. Ci vogliono oggi circa due milioni per procurarsi un Morandi, un milione e passa per un Campigli e un Sironi, almeno mezzo milione per un paesaggio di Mafai o Semeghini. Per non parlare della scultura che è ancora più costosa.”. Oggi come allora; solo che il mito della grafica che costa poco ma “vale uguale” non regge più.

Antonella Crippa

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Antonella Crippa

Antonella Crippa

Antonella Crippa è una art advisor e vive e lavora a Milano. Da settembre 2017 è la curatrice responsabile della Collezione UBI BANCA. Si forma come storica dell’arte laureandosi in Conservazione dei beni culturali e diplomandosi alla Scuola di specializzazione…

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