Lisboom. Inchiesta su artisti e galleristi italiani che si sono trasferiti in Portogallo

Che sia il momento di Lisbona ce ne siamo accorti in tanti, e tanti italiani stanno scegliendo il Portogallo come patria di elezione. Abbiamo chiesto i perché di tale scelta ad alcuni italiani professionisti dell’arte che vi hanno trasferito casa, galleria o studio. E ognuno di loro, a seconda del ruolo, ha colto di Lisbona un aspetto diverso.

Divenuta improvvisamente meta turistica e centro di produzione culturale, la capitale sull’Atlantico si sta godendo questo momento di grande splendore, dovuto a una rinascita programmata e auspicata che ha preso avvio ormai un ventennio fa, in occasione dell’Expo 1998. Da allora di passi verso la contemporaneità il Portogallo ne ha fatti e, nel bene e nel male (dietro alla faccia dello sviluppo, c’è quella dell’austerità e della gentrificazione incontrollata), sta ora raccogliendo ceste di frutti maturi. Così Lisbona si sta trasformando da capitale periferica a snodo centrale e sta dimostrando che la “malinconia” che le hanno da sempre appiccicato come si fa con la nebbia a Milano è davvero un luogo comune.
Molti italiani stanno scegliendo in questi anni di trasferirsi nella capitale lusitana, grazie anche a una politica fiscale che incoraggia trasferimenti dall’Europa e investimenti, ma non sono solo pensionati e imprenditori: anche il sistema dell’arte sta optando per Lisbona. Siamo andati a capire il perché.

A Tale of Ingestion. Exhibition view at Monitor Gallery, Lisbona 2018. Courtesy Monitor, Roma Lisbona. Photo credit Bruno Lopes

A Tale of Ingestion. Exhibition view at Monitor Gallery, Lisbona 2018. Courtesy Monitor, Roma Lisbona. Photo credit Bruno Lopes

LE GALLERIE CHE PARLANO ITALIANO

Abbiamo visitato lo scorso luglio Madragoa, uno scrigno che si apre in un vicolo dell’omonimo quartiere centrale e popolare, dall’aria ancora autentica, dove è stata allestita, fino al 25 agosto, la mostra Tomber dans le lac dell’artista Luís Lázaro Matos, una fantasia romantica e amara dominata dal blu di Prussia. Con l’occasione, abbiamo chiesto a all’italiano Matteo Consonni, fondatore e titolare della galleria insieme a Gonçalo Jesus, il perché della scelta di una galleria a Lisbona:
L’idea di Madragoa nasce alcuni anni fa, quando lavoravo a Torino, presso la Galleria Franco Noero. Immaginavo già di voler aprire una galleria in una città, e mi sono detto perché non Lisbona? Il contesto di allora, cinque-sei anni fa, era molto diverso da quello di adesso. Con il mio socio Gonçalo Jesus ho valutato delle ipotesi e abbiamo trovato in Lisbona un luogo dai costi bassi, con affitti contenuti e quindi la possibilità di poter piuttosto investire risorse in produzioni più ambiziose, e con artigiani competenti a tariffe ragionevoli; inoltre all’epoca c’erano meno gallerie che lavoravano a livello internazionale, e quindi avevamo maggiore spazio di azione. Lisbona è ora una città con un immenso potere di attrazione. Degli otto artisti con cui lavoriamo, due sono portoghesi, ma quattro vivono a Lisbona: si sta costruendo oggi una buona comunità artistica internazionale. Non è importante il fatto che io sia italiano, è importante che Madragoa esista come galleria. “Madragoa” è il nome del quartiere che la ospita, a me piace perché suona come una parola magica. Quale linea seguiamo? Non è facile definire una linea precisa, tendenzialmente lavoriamo con artisti nati negli Anni Ottanta, la generazione mia e di Gonçalo, ma non per regola, più per vicinanza naturale. Ciò non toglie che si possa lavorare con artisti più giovani o più vecchi”.
C’è anche chi, gallerista affermata a Roma, ha scelto di aprire una succursale del proprio spazio: si tratta di Paola Capata, che ha portato a Lisbona, a pochi passi dalla centralissima stazione di Rato, un braccio della sua Monitor. Al momento della nostra visita, lo spazio ospitava A tale of ingestion, collettiva a cura di Margarida Mendes con le firme di Lupo Borgonovo, Alma Heikkilä, David Horvitz, Carlos Monléon, Mumtazz & Peter Zin. Alla stessa richiesta, Paola Capata risponde:
Ho visitato la città dopo diversi anni di assenza nel 2016 in occasione della mostra del nostro artista Pat O’ Neil nel centro Quetzal (vicino Evora) e ho immediatamente avuto la sensazione di poter lavorar bene nel contesto locale. Dopo l’esperienza newyorkese avevo voglia di confrontarmi nuovamente con l’estero con però una situazione geograficamente più gestibile, per via delle distanze decisamente minori. Lisbona, in piena espansione e attivissima culturalmente, mi è sembrata il luogo giusto. Sicuramente la città ha subito e sta subendo profondi e radicali cambiamenti e, come spesso accade, non sempre essi sono del tutto adeguati e calzanti. La comunità intellettuale è però molto forte, molto radicata, molto fiera e questo a mio parere aiuterà moltissimo a preservare un forte senso identitario, pure aprendosi a un contesto più internazionale. Il percorso di ricerca di Monitor a Lisbona è parallelo a quello romano. A Lisbona siamo molto attivi nel visitare gli studi degli artisti, instaurare un dialogo con le istituzioni e i curatori del posto e il risultato è stato un anno di programmazione del quale sono particolarmente felice. Gli artisti di Monitor sono ben felici di esporre nello spazio lisbonese e l’obiettivo è proprio quello di creare uno scambio significativo tra le due realtà”.

UN CURATORE NELLO SPIRITO DEL TEMPO

Claudio Zecchi, curatore indipendente molto attento alle dinamiche di relazione tra arte e territorio e la ricerca estetica che da essi si genera, chiarisce la sua scelta di Lisbona e parla della sfaccettata scena alternativa al circuito delle gallerie e dei musei: “Conosco Lisbona dal 2011 e ci ho vissuto per qualche tempo nel 2013-14, entrando a contatto con l’ambiente artistico locale. Quando ho scelto di spostarmi dall’Italia all’inizio del 2017 mi sembrava abbastanza naturale scegliere di trasferirmi lì, sebbene la maggior parte dei lavori che faccio abbiano ancora luogo fuori dal Portogallo”.
Zecchi fornisce un itinerario di spazi istituzionali, non profit e indipendenti, spesso esperienze recenti, transitorie o intermittenti al di fuori delle frequentate zone centrali. Parla del quartiere Xabregas, dove da tempo fa base Kunsthalle Lissabon, un “falso embuste”, cioè un “falso scherzo” che supera le dinamiche istituzionali, della zona di Alvalade e dello spazio Appleton Square, e di altri spazi indipendenti come il recentissimo Las Palmas, che ha da poco cambiato sede spostandosi dal quartiere di Bica a quello di Entre Campos. Capiamo perché trovi appagante vivere nella capitale sull’oceano: è uno di quei luoghi in cui si percepisce lo spirito del tempo.

Renzo Marasca. Allegria. Exhibition view at Galeria Foco, Lisbona 2018

Renzo Marasca. Allegria. Exhibition view at Galeria Foco, Lisbona 2018

CONTAMINAZIONE E LUCE PER GLI ARTISTI

L’incontro con l’artista Nevio Mengacci, non residente ma assiduo frequentatore, ci dà un ulteriore punto di vista sulle caratteristiche della città: “Sono stato più volte a Lisbona ospite di un artista italiano che da qualche anno vive lì. La mia è una testimonianza relativa, dato che non ho potuto indagare e addentrarmi a fondo nel tessuto multietnico e culturale della città, tuttavia quello che mi ha più impressionato è la grande vivacità rigeneratrice e il senso dell’Altrove che si respira. C’è una dimensione di avanzamento verso nuove atmosfere aperte all’accoglienza, dove lo scambio dialettico trova continue risorse nella mescolanza e nella libertà di pensiero. Qui la linfa parte dal basso, da un sottofondo di energie sommerse, inedite e in continuo divenire. In questa trasformazione il linguaggio ruota attorno a un nomadismo crescente, come dimostrano le gallerie Madragoa e Cristina Guerra, punti di riferimento verso nuovi orizzonti.”
Una risposta inconsueta e profonda è arrivata da Renzo Marasca, artista, pittore, intellettuale, che ha appena concluso una mostra presso Galeria Foco dal titolo Allegria, meditata sui versi di Giuseppe Ungaretti: “Ciò che mi ha portato a Lisbona è stata la luce. Penso che la luce sia molto di più che un semplice fenomeno fisico della natura o un dato percettivo. Penso abbia a che fare con le culture definendone le forme. Per il mio lavoro ho avvertito l’esigenza della luce del sud, quella che quasi cancella l’immagine, che toglie centro e periferia al quadro, definendone la forma pura. Un altro aspetto che reputo importante nel mio lavoro ha a che fare con la contaminazione culturale europea. Per questo ho vissuto e fatto esperienze in diverse città del vecchio continente: da Berlino a Istanbul a Barcellona fino a giungere al confine occidentale che è Lisbona. Quest’ultima è una città che, come scrissi per una mia recente mostra, guarda più al mare che alla terra. Il Portogallo, inoltre, è un Paese di grande cultura e la scena artistica in città è interessante e fervida ma, al contempo, a misura d’uomo. Per me è un luogo ideale dove vivere e lavorare”.

Valeria Carnevali

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Valeria Carnevali

Valeria Carnevali

Sempre attratta dalle forme della cultura contemporanea come espressione delle dinamiche umane, in una prima vita ho vissuto e lavorato a Milano per inseguire da vicino l’evolversi del presente, collaborando con gallerie, spazi espositivi ed editori specializzati in arte e…

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