La critica istituzionale di Ghislaine Leung in mostra a Basilea 

La pratica artistica di Ghislaine Leung, più che di risultati, è fatta di processi. La Kunsthalle dedica una mostra all’artista vincitrice del prestigioso Turner Prize nel 2023

Per la sua prima apparizione istituzionale in Svizzera, Ghislaine Leung (Stoccolma, 1980; vive a Londra) presenta una serie di lavori che mettono in discussione cosa significa per un artista investire nella produzione di una mostra. Leung è conosciuta per le sue “partiture”, termine che in musica indica l’organizzazione grafica che il compositore fornisce al direttore d’orchestra per controllare simultaneamente tutte le parti di una composizione. Nel caso di Leung, si tratta di istruzioni fornite al personale dello spazio espositivo per la realizzazione di installazioni da realizzare insieme all’artista. Ne risultano opere che testimoniano il suo interesse per le strutture alla base di qualsiasi merce (anche quella artistica) e delle relazioni umane implicate.  

La mostra di Ghislaine Leung a Basilea 

Alla proposta della Kunsthalle di Basilea di costruire una mostra in una grande sala e nei due piccoli spazi collegati, Ghislane ha risposto con nove nuove opere. Nella prima sala il visitatore incontra uno spazio che appare quasi vuoto. In realtà sono presenti tre grandi forme geometriche murali che visualizzano le contraddizioni che hanno accompagnato lo sviluppo di questa mostra: nella sua interezza, la parete scelta per Care appresenta tutti i giorni di un anno, ma le figure tracciate indicano spazialmente la mancata corrispondenza tra le 2016 ore di lavoro necessarie (un quadrato giallo) per costruire la mostra e le 1140 ore di supporto fornite dal sevizio nazionale di assistenza per l’infanzia del Regno Unito (un quadrato cobalto iscritto nel primo). Il tempo è una risorsa non visibile ma esercita comunque la sua influenza sul quotidiano delle nostre vite.  

Tempo e malattia nelle opere di Ghislaine Leung alla Kunsthalle 

Leave è invece un quadrato mandarino iscritto in un rettangolo pomodoro. Il primo è dedicato ai 37 giorni di malattia non retribuiti che Leung ha trascorso durante i preparativi dell’esposizione, il secondo in cui è iscritto i 118 giorni di fermo tra questa mostra e la prossima prevista. Surgery, dislocato in una stanza successiva è una porzione di spazio inaccessibile che approfondisce la questione: allude all’intervento chirurgico occorso sei settimane prima l’inaugurazione della mostra. L’artista ha fatto in modo che il volume di quest’opera sia dell’1% rispetto all’intera esposizione, la stessa porzione del suo corpo rimossa tramite isterectomia.  

La critica istituzionale nel lavoro di Ghisaline Leung 

Leung intreccia nel suo lavoro concettuale e dati autobiografici, integra astutamente spunti formali e contestuali. Durante gli Anni Sessanta, nell’arte concettuale come in Fluxus, erano presenti tanto il processo quanto l’oggetto tangibile generato e il procedimento mirava ad indicare le strutture di potere insite nei territori dell’arte. Le partiture di Leung spostano invece l’attenzione sulla vulnerabilità della vita di chi queste opere produce. Così nella seconda sala della mostra compaiono gonfiabili neri a forma di numero Otto e Centosettantacinque. Sono il risultato di un complesso calcolo circa l’incongruità tra compenso assegnato e tempo necessario alla realizzazione dell’esposizione. Lì accanto Jobs disegna un elenco cielo-terra dei lavori svolti da Leung durante tutta la sua vita: include posizioni comuni nel mondo dell’arte, come “Curatore” o “Studio Manager”, nonché ruoli allogeni pure svolti contemporaneamente come “Call Centre”: l’elenco inizia con “Babysitter” e termina con “Madre”. Precarietà e fragilità sono accennati in Holdings che prevede l’esposizione di un giocattolo appartenente la figlia dell’artista, trasformata in un’opera d’arte e successivamente danneggiato durante un’esposizione precedente. 

La mostra ciclica di Ghislaine Leung 

Non c’è una via di uscita singola prevista nel circuito per i visitatori di questa esposizione. Occorre dunque ritornare nella grande sala inziale dove è presente un’unica opera tridimensionale. Si tratta di Quattro anni in dieci anni in Vent’anni, una torta a tre strati che celebra contemporaneamente tre anniversari: quattro anni di maternità, dieci anni come artista e venti di sodalizio con il suo compagno. Un modo per riconoscere la realtà spesso inespressa del lavoro artistico: il valore emotivo indispensabile dei sistemi di supporto dati, ricevuti o condivisi. “Forse chiunque può essere un artista, ma solo alcuni possono continuare ad esserlo. Può sembrare senza scelta, come se esistesse solo un modo per essere un artista e continuare ad esserlo. Io non voglio che sia così. Dire no a un insieme di termini conosciuti significa anche dire sì a un altro insieme diverso ma ancora sconosciuto. Ad una vita diversa a al suo significato. Questo è il mio impegno”. 
 
Aldo Premoli 

Basilea // Fino all’11 agosto 
Ghislaine Leung. Commitments 
KUNSTHALLE BASEL 
Steinenberg 7 

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Aldo Premoli

Aldo Premoli

Milanese di nascita, dopo un lungo periodo trascorso in Sicilia ora risiede a Cernobbio. Lunghi periodi li trascorre a New York, dove lavorano i suoi figli. Tra il 1989 e il 2000 dirige “L’Uomo Vogue”. Nel 2001 fonda Apstudio e…

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