Bill Viola, il pioniere della videoarte. A Bilbao

Il Guggenheim di Bilbao celebra il proprio ventennale con una grande retrospettiva dedicata all’artista americano. Un percorso cronologico e tematico attraverso una carriera all’insegna della sperimentazione.

Non c’è artista contemporaneo che sia più sognatore di Bill Viola (New York, 1951). Il pioniere della videoarte crede infatti che il ruolo dell’artista sia indagare nei meandri dell’animo umano. E c’è chi, dietro le quinte, lavora per rendere realtà i suoi sogni. È l’australiana Kira Perov, dal 1978 stretta collaboratrice e moglie dell’artista newyorchese, nonché direttrice del Bill Viola Studio, in California.
Kira è oggi sempre più la voce di Bill Viola, oltre che la sua più diretta interlocutrice. Al fianco dell’artista ha supervisionato anche il montaggio della retrospettiva allestita al Guggenheim di Bilbao, l’evento espositivo del 20esimo anniversario del museo basco.

KIRA, LA VOCE DELL’ARTISTA

È un privilegio essere stata non solo testimone, ma anche partecipe nella creazione dell’opera più profonda di Bill”, racconta Kira Perov. “Il mio ruolo si è esteso negli anni a tal punto che mi sono trovata a gestire tutti i diversi aspetti del suo lavoro: dalle mostre alla documentazione, dagli incarichi artistici all’edizione di libri e cataloghi. L’obiettivo per me è sempre stato quello di riuscire a tradurre in realtà il mondo delle visioni interiori di Bill”.
Per esplorare l’essenza dell’animo umano”, prosegue Kira, “Bill rallenta l’azione, tanto che i suoi video possono durare da meno di 10 minuti a oltre 35. Alcuni, come ‘Slowly Turning Narrative’ (1992), ricostruito in occasione della mostra, sono addirittura progettati in un loop continuo, senza inizio né fine”. Una circolarità quasi ossessiva, nel tentativo di spiegare il ciclo continuo della vita.
Le idee di Viola, frutto del suo interesse per le tradizioni mistiche, la teologia cristiana e le filosofie orientali, nascono astratte e prendono forma nei suoi quaderni di appunti. A Kira Perov spetta dunque il compito organizzativo di montare i set e realizzare nei dettagli i video che sono sempre più complessi, come autentiche produzioni cinematografiche. “Le immagini di Bill si ispirano alle emozioni, alle riflessioni del proprio artista. Il video è solo un surrogato della vista, che avvicina le cose e le magnifica, permettendo osservazioni di larga durata che fanno emergere l’essenza degli oggetti, della vita”.
La tecnologia, dunque, per Bill Viola è solo un mezzo, uno strumento per esplorare l’essenza umana, a contatto con la natura o immersa nel turbine delle passioni. Utilizza la videocamera come il pittore usa il pennello, per tradurre emozioni in immagini.

Bill Viola, The Greeting, 1995, performer Angela Black, Suzanne Peters, Bonnie Snyder, courtesy Bill Viola Studio © Bill Viola, photo Kira Perov

Bill Viola, The Greeting, 1995, performer Angela Black, Suzanne Peters, Bonnie Snyder, courtesy Bill Viola Studio © Bill Viola, photo Kira Perov

LA MOSTRA

La retrospettiva al Guggenheim di Bilbao offre un percorso cronologico e tematico lungo oltre quarant’anni di attività dell’artista nordamericano: uno straordinario viaggio alla scoperta delle sperimentazioni di Bill Viola dove, in parallelo allo sviluppo delle tecniche audiovisive, aumentano lo spessore spirituale e la ricerca intellettuale.
Sono una trentina le opere presenti, tra le quali alcune di quelle già viste a Palazzo Strozzi, in occasione della rassegna fiorentina. A Bilbao ciò che più affascina lo spettatore è l’evoluzione dell’artista nel tempo, la progressione dei diversi aspetti della sua ricerca tecnica e formale, oltre alla coerenza estetica e filosofica delle sue scelte.
Nella seconda metà degli Anni Settanta, un giovane pioniere produce su nastro monocanale Four Songs (1976), quattro storie in forma di allegoria, dove già affiorano elementi tipici del suo stile come la ripetizione, il movimento lento e le ampie dissoluzioni. Altrettanto innovatore, sul piano tecnico del contrasto tra fotografia e pellicola, è The Reflecting Pool (1977-79) dove è già lo stesso Viola a mettersi alla prova davanti all’obbiettivo. Nei medesimi anni sperimenta anche gli effetti di luce e calore sulla lunga esposizione della videocamera nel deserto (Chott el-Djerid (A Portrait in Light and Heat), 1979), un paesaggio che continuerà ad affascinarlo anche nella più recente serie Mirage, del 2012, con l’introduzione di esseri umani che interagiscono nella desolazione dello spazio vuoto.
Dopo la transizione degli Anni Ottanta e Novanta ‒ nei quali Viola sperimenta nuovi linguaggi visivi, usando telecamere con obbiettivi speciali per cogliere immagini oltre la vista comune ‒ alle soglie del nuovo millennio la tecnica digitale e gli schermi piatti ad alta definizione permettono all’artista di creare opere sempre più complesse e raffinate, che spesso giocano con gli effetti della camera lenta.
Dal punto di vista dei contenuti, l’estetica pittorica rinascimentale ‒ con i formati tipici del dittico, il trittico, la predella o la pala d’altare – è l’elemento ispiratore di molti lavori di piccolo e medio formato di straordinaria intimità, che si richiamano a capolavori di maestri quali Pontormo, Paolo Uccello, Masolino e Lucas Cranach ‒ come Four hands, The Greeting o Catherine’s Room. Grazie al digitale, poi, il video può raggiungere dimensioni inaspettate, consentendo di realizzare grandi proiezioni murali come l’installazione per l’opera Tristan und Isolde di Wagner, rappresentata a Parigi e a Madrid, con la regia di Peter Sellars.

Bill Viola, Catherine’s Room, 2001, performer Weba Garretson, courtesy Bill Viola Studio © Bill Viola, photo Kira Perov

Bill Viola, Catherine’s Room, 2001, performer Weba Garretson, courtesy Bill Viola Studio
© Bill Viola, photo Kira Perov

LE ULTIME RIFLESSIONI

È tuttavia l’ultimo decennio, forse, il momento più magico e coinvolgente del percorso di Bill Viola, che offre una profonda riflessione sul destino dell’uomo e sul senso della vita (e dove Viola compare di nuovo in alcuni frammenti, insieme con la moglie Kira e i figli Andrei e Blake). The Innocents, Three Women, Man Searching for Immortality/Woman Searching for Eternity sono solo alcuni dei lavori più affascinanti, perché parlano di noi, del nostro immutato destino e delle perenni inquietudini umane.
È significativa l’installazione su multischermo di The Chapel of Frustrations Actions and Futile Gestures (2013), dedicata ai piccoli gesti quotidiani senza senso che riempiono le nostre giornate e che spesso sono come il mito di Sisifo, non si compiono mai del tutto.
Ma il vero capolavoro dell’estetica e dell’opera di Bill Viola è la visione in contemporanea, in una sola stanza, del monumentale Going Forth by Day: un progetto di cinque video di grande formato realizzati nel 2002 per il Deutsche Guggenheim di Berlino (Fire Birth, The Path, The Deluge, The Voyage e First Light), che parlano del grande mistero dell’esistenza, dall’individualità alla società, dalla nascita alla morte, fino alla rinascita o resurrezione.
Il sogno di Viola si è compiuto. Non a caso, sognatori sono anche i sette personaggi immersi nell’acqua, in apparente beatitudine, del video The Dreamers (2013). Si tratta di una delle più recenti videoinstallazioni e si riferisce a un episodio biografico dell’artista, il quale da bambino rischiò di annegare in un lago ma che, nel momento di sospensione sott’acqua, percepì uno stato di assoluta pace e benessere.
Contemporaneo ma classico, Bill Viola è un autore facile da comprendere, che lascia piena libertà di lettura e di approccio allo spettatore. Merito non solo della lucidità della sua visione, ma anche della mediazione della tradizione figurativa classica, rinascimentale e barocca, che gli offre il filtro per esprimere i suoi messaggi universali, frutto di una profonda riflessione sulla vita. I video di Bill Viola sono autentici quadri in movimento, che stimolano i sensi e provocano emozioni.

– Federica Lonati

Bilbao // fino al 9 novembre 2017
Bill Viola: A Retrospective
GUGGENHEIM MUSEUM BILBAO
Avenida Abandoibarra
+34 (0)944 359000
www.guggenheim-bilbao.eus

La versione ridotta è stata pubblicata su Grandi Mostre #6

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Federica Lonati

Federica Lonati

Federica Lonati (Milano, 1967), giornalista professionista italiana, dal 2005 vive a Madrid. Diploma al Liceo Classico di Varese e laurea in Lettere e Filosofia all’Università Cattolica di Milano, si è formata professionalmente alla Prealpina, quotidiano di Varese, scrivendo di cronaca,…

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