Case d’artista #2. Diane Arbus e le pareti di vetro

Secondo appuntamento con la serie dedicata al binomio artisti-casa. Il racconto in prima persona di Giulia Oglialoro stavolta evoca la casa di vetro sognata da Diane Arbus.

Della mostra di Diane Arbus a New York lo scorso autunno ricordo il silenzio, più di ogni altra cosa. Nessun bisbiglio, nessun commento, tutti camminavamo nella sala bianca del MET Breuer nel più completo silenzio, quasi che le fotografie avessero una presenza fisica.
In the beginning, questo il titolo della mostra curata da Jeff L. Rosenheim. Agli inizi, al principio. Diane Arbus quando non era ancora l’artista che ha rivoluzionato l’immaginario contemporaneo. Fotografie di un bianco e nero denso, scattate tra il 1956 e il 1962. Ricordo il ritratto di una signora seduta su un autobus: avvolta in una pelliccia color crema, fissa l’obiettivo con sguardo vitreo. E poi gli scatti dentro le sale cinema, tanti volti sgranati ritagliati nel buio dello schermo – una donna, fra il pubblico, s’intravede appena, ride in modo grottesco, i suoi orecchini brillano. E poi il circo, il teatro, i camerini dei freak show. Adolescenti travestiti, due trapezisti appesi nel vuoto, un atleta che esibisce i muscoli sul palco, inondato dalle bianche luci della sala.

BUCARE IL PROIBITO

Le prime fotografie di Arbus mostrano sagome pallide, creature che fuoriescono dal nero. Negli anni il suo sguardo si fa sempre più nitido e impassibile, i soggetti sono sempre più definiti. Il perturbante così tanto cercato assume l’aspetto di un gruppo di bambini che indossano le maschere di Halloween senza sorridere, schierati sul gradino di una casa. O di un contorsionista in una camera d’albergo, con la testa orrendamente rivolta in direzione opposta rispetto al resto del corpo, una fotografia che sembra scattata da dentro un armadio o da qualche angolo nascosto. Nelle immagini in chiusura della mostra l’obiettivo ha ormai bucato qualcosa di proibito, ha fatto irruzione nelle case e nell’intimità delle persone. Diane Arbus inquadra bambini o dementi, ricche signore stese sul divano a fiori o un albero di Natale schiacciato nell’angolo di un vuoto salotto, e dietro ognuno di questi soggetti ci mostra lo stesso velo grottesco, quel demone che ci è toccato in sorte.

Il professore di arte del liceo aveva chiesto agli studenti di immaginare la casa dei propri sogni, e mentre i compagni sognavano castelli, romantici ruderi in legno o ville sfarzose, Diane Arbus sognava una casa di vetro“.

Dei suoi diari, ricostruiti leggendo Revelations e la biografia curata da Patricia Bosworth, ricordo soprattutto la difficoltà che provava nell’adattarsi alla vita quotidiana. Talvolta era in grado di conversare con estrema naturalezza persino con gli sconosciuti, talvolta lo sguardo degli altri diveniva per lei intollerabile e poteva solo eclissarsi, scomparire per giorni interi. Ricordo che si è ritrovata madre tutto d’un colpo senza sapere come si fa, come si fa ad amare, ad amare e a convivere con le proprie ossessioni, e allora si portava dietro le figlie quando andava a scattare agli spettacoli freak, o di notte per i vicoli di Harlem.
Più di tutto conservo un’immagine, molto vivida: il professore di arte del liceo aveva chiesto agli studenti di immaginare la casa dei propri sogni, e mentre i compagni sognavano castelli, romantici ruderi in legno o ville sfarzose, Diane Arbus sognava una casa di vetro. Pavimento, pareti, soffitto – tutto ricoperto di vetro, e senza mobili, a parte un semplice letto, così avrebbe potuto camminare liberamente per casa anche di notte, e il mondo sarebbe stato sempre alla portata del suo sguardo.
Mi chiedo se la fotografia per lei sia stata proprio questo, ovunque andasse: una piccola casa di vetro.

Giulia Oglialoro

Case d’artista #1. “Ab Ovo” di Luca Ferri

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Giulia Oglialoro

Giulia Oglialoro

Giulia Oglialoro (1992) si è laureata a pieni voti in Storia dell’Arte all’Università di Bologna con una tesi sulla ricerca identitaria di Claude Cahun tra scrittura e fotografia. Ha collaborato con il centro di ricerca teatrale Laboratorio41 di Bologna, ha…

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