Musica. Il sound sperimentale degli Ulver a Parma

La band di Oslo si è esibita nella suggestiva cornice del Labirinto della Masone a Fontanellato. Unendo sonorità pop e ondate di synth, mito e Storia.

Sullo stesso palco dove, circa un anno fa, si sono esibiti i sacerdoti del drone-doom metal Sunn O))), la band sperimentale di Oslo ha presentato il nuovo album The Assassination Of Julius Caesar: un’opera che solca il corso della storia, con riferimenti all’Angelus Novus di Paul Klee, ripensato nelle parole di Walter Benjamin.
Dalle sponde scure dei primi tre dischi black metal gli Ulver si sono allontanati presto, dirigendosi verso territori ideali per la produzione di album dalle nature apparentemente antitetiche. Famelici sperimentatori, mai infedeli alla sostanza dei lavori precedenti, hanno pubblicato regolarmente, fino all’ultimo The Assassination of Julius Caesar (2017), primo album pop e nota eccellente dell’intera carriera, che suggella l’unione di mito e storia a suoni retrowave e flussi di synth dai diversi timbri.

Ulver. Labirinto della Masone, Fontanellato 2017. Photo Stefano Zerbini

Ulver. Labirinto della Masone, Fontanellato 2017. Photo Stefano Zerbini

IL CONCERTO

Dalla cornice minossea del Labirinto della Masone a Fontanellato (Parma), luogo unico che ha ospitato oltre ai Sunn O))) anche gli Air, fra gli altri, gli Ulver sciolgono fin da subito ondate di fluidi ipnagogici con la voce di Kristoffer “Garm” Rigg, ispirata cantrice d’icone storiche quali Lady Diana, Nerone, LaVey, la caduta di Roma, la battaglia di Dunkerque. Un telo teso sopra il palco è la coreografia che funge da insegna epigrafica su cui luci e raggi laser dal sapore vagamente “arcade” proiettano barlumi di figure e segni inerenti i pezzi in scaletta.
Suonano tutto l’album, fatta eccezione per la strumentale The Future Sound of Music che da Perdition City (2000) irrompe inaspettata sul ritornello ammiccante di Rolling Stone. Si è entrati in una dimensione carica di solennità con la piramide che impera silenziosa dietro la band e i visual che impazzano attraverso lo spazio, fino a infrangersi dalla parte opposta al palco sul porticato del labirinto. E i synth ariosi, talvolta scuri, i ritmi dance e i riverberi della chitarra confermano un sound incalzante fondamentale alla messa a fuoco di uno sguardo inedito su passato, mito e modernità. Ogni dettaglio trova la sua strada nei meandri bui del gigantesco dedalo della Storia che, nella prospettiva degli Ulver, diventa un congegno elettropop seducente, capace di ammaliare pubblici di qualunque estrazione.

Ulver. Labirinto della Masone, Fontanellato 2017. Photo Stefano Zerbini

Ulver. Labirinto della Masone, Fontanellato 2017. Photo Stefano Zerbini

ESTETICA E RICERCA

Con l’esecuzione di Angelus Novus, l’angelo redentore di Klee, ripensato nelle parole di Benjamin, s’innalza sinistro sull’eterna crisi umana, diffondendo la sensazione di una fine imminente, che giunge maestosa con Coming Home. L’ultima performance, dilatata a suite di venti minuti, chiude il cerchio su se stesso, trascendendo l’ascolto a un livello di clangore e psichedelia senza scampo. Il pezzo cavalca a briglie sciolte sotto la rete vibrante di luci e laser, quasi come la metafora dell’incessante ricerca degli Ulver di un’estetica inesplorata e forse inarrivabile, o probabilmente del rotolare senza sosta dell’uomo giù dal pendio della Storia.

Domenico Russo

www.jester-records.com/ulver/ulver.html

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Domenico Russo

Domenico Russo

Domenico Russo è laureato in Beni Artistici, Teatrali, Cinematografici e dei Nuovi Media presso l’Università di Parma. Ha collaborato con il Teatro Lenz e con la Fondazione Magnani Rocca. È impegnato come curatore in una ricerca che lo spinge alla…

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