Fantasma concreto (I)

Questo articolo è parte del testo critico che introdurrà la mostra collettiva “Concrete Ghost”, all’interno del progetto “Cinque Mostre. Time and Again” che inaugura il 30 gennaio all’American Academy in Rome.

What never is, but only is to be
This is not Life: –
Samuel Taylor Coleridge

La “riconquista” della realtà non si configura affatto come un ritorno, nostalgico (e del resto impossibile: il mondo del passato, degli Anni Sessanta come degli Anni Ottanta, non esiste più). È piuttosto la fissazione, il riconoscimento di questo presente così indefinito, sfuggente, spettrale, schizoide, distopico. È la cattura di questo strano “fantasma concreto”, di questa “materia immateriale” di cui è fatto il tempo in cui ci è dato di vivere, caratterizzato da una condizione di splendida e terribile inabitabilità: “In questo lungo gioco di sguardi (di campi e controcampi, di canti e controcanti) che attraversa lo spazio nazionale si concentra il fantasma concreto ed evanescente di un paese claustrofilico, la grande microscopica capsula temporale da cui non riusciamo a venire fuori” (Giorgio Vasta, Altare della patria, “minima & moralia”, 18 novembre 2011).

Marco Strappato, Untitled (VF 35), 2013 - photo Davide  Tremolada, courtesy The Gallery Apart, Roma

Marco Strappato, Untitled (VF 35), 2013 – photo Davide Tremolada, courtesy The Gallery Apart, Roma

Un realismo inedito per una realtà inedita: la condizione spettrale è infatti, molto probabilmente, quanto di più contemporaneo ci sia oggi.
Lo spettro continua a perseguitare il mondo dei vivi, ma non ne fa più parte. Si aggira per le strade, per le scuole, per i luoghi di lavoro, per i palazzi del Potere, e considera pensieroso l’esistenza di coloro che occupano questi spazi. Anche lui li occupa – e in maniera forse più penetrante, di sicuro più consapevole rispetto al presidio fisico – ma nessuno si accorge di lui. È invisibile (tranne che ai pochi dotati di particolari facoltà medianiche). È ignorato dalla gente, solo come può esserlo un fantasma, dal momento è scollegato dagli uomini e dalla realtà.
La natura di questo distacco consiste nel non poter incidere veramente su di essa, pur conoscendola a fondo e sempre meglio: nel poterne fare un’esperienza unicamente mediata. La condizione umana, intesa come pienezza dell’azione che consegue al pensiero, gli è preclusa. Non può toccare gli oggetti e le persone, non può ottenere un contratto a tempo indeterminato, non può abbattere i governi.

Antonio Pietrangeli, Fantasmi a Roma (1961)

Antonio Pietrangeli, Fantasmi a Roma (1961)

L’unico potere che gli rimane è quello di ossessionare gli altri. I vivi (o supposti tali). Di tormentarli con la sua presenza-assenza, con la sua storia. Lo spettro è come l’idea: ti possiede fin quando non ti identifichi con essa.
Il fantasma concreto, che non è vivo, almeno ricorda. Lo spettro corporeo è la storia. C’è un film gustoso e semi-dimenticato del 1961, Fantasmi a Roma, diretto da Antonio Pietrangeli e scritto da Ennio Flaiano, che restituisce bene il senso di questa condizione: i fantasmi, in questo caso, addirittura ‘ricreano’ abilmente la Storia perché riescono a rendere il palazzo che abitano un “bene architettonico”, salvandolo così dagli speculatori edilizi. L’anno dopo, Mario Soldati pubblica la raccolta di racconti Storie di spettri, in cui rinverdisce e aggiorna la tradizione anglosassone delle ghost stories: gli spettri in questione sono in tutto e per tutto i depositari della memoria, le tracce di epoche tramontate per sempre, che si identificano strettamente con i luoghi carichi dell’identità nazionale (Torino, Roma, Genova, Venezia, il Lago Maggiore).

Catie Newell e Wes McGee, Specimen (2012)

Catie Newell e Wes McGee, Specimen (2012)

Il fantasma concreto è dunque un movimento: un modo di percepire e produrre arte.
Un fantasma incarnato e di cemento (concrete), il nostro presente distopico e metafisico; paradossalmente più solido di una realtà che tende a sfaldarsi, sfrangiarsi, essiccarsi.
È una condizione al di là della confusione, del caos, della moda: è la condizione di un fantasma dotato di corpo, di sensi, di sensualità, di un cervello che comprende. Il fantasma corporeo è l’esatto opposto di un corpo che svanisce, che tende a evaporare: dall’evanescenza, dall’incorporeità, dall’immaterialità esso tende infatti alla concretezza, alla fisicità. Il fantasma concreto è dunque un movimento: una tensione, un meccanismo orientato. Un’atmosfera fatta di oscurità controllata e dominata perfettamente. Pervasa dall’inquietudine di vedere sfaldarsi e smagliarsi i confini tra le dimensioni temporali, secondo un processo inverso a quello della presentificazione descritta da Fredric Jameson.
Le zone storiche e psichiche del passato e del futuro non scompaiono, non si annullano nel presente (non vengono più colonizzate da esso), ma precipitano e vivono e si installano in esso: dilatandolo, occupandolo.

Christian Caliandro

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Christian Caliandro

Christian Caliandro

Christian Caliandro (1979), storico dell’arte contemporanea, studioso di storia culturale ed esperto di politiche culturali, insegna storia dell’arte presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. È membro del comitato scientifico di Symbola Fondazione per le Qualità italiane. Ha pubblicato “La…

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