Tutte le volte che abbiamo aspettato Godot

Casa dei Teatri, Roma – fino al 26 gennaio 2014. A sessant’anni dalla prima mondiale di “Aspettando Godot”, una mostra fa il punto della situazione sull’attualità dell’opera di Samuel Beckett e sulle messe in scena nel mondo.

In sei decenni l’interpretazione di Godot e delle altre opere di Samuel Beckett (Foxrock, 1906 – Parigi, 1989) ha visto molti cambiamenti. Dopo la morte del drammaturgo, scrittore e poeta irlandese, le sue commedie non sono state più viste solo come dei capolavori del Teatro dell’assurdo, di cui fecero parte anche  Ionesco, Adamov e Pinter, ma sono state rappresentate per stimolare le sensibilità sociali, politiche e psicologiche del nostro momento storico.
La mostra è suddivisa in tre sezioni: la prima illustra le mises en scène all’interno di Istituti penitenziari. La realtà carceraria dei detenuti è stata molto ricettiva nei confronti della pièce di Beckett, la cui opera ci parla dello stato di prigionia in cui vive l’uomo e del suo dolore per questa sua condizione. La versione teatrale data a Godot nel 1957, dentro il carcere di massima sicurezza di San Quentin, in California, è rimasta storica. Rick Cluchey, condannato all’ergastolo, assistette alla rappresentazione che la San Francisco Actor’s Workshop, diretta da Herbert Blau, portò nel carcere, di fronte a più di 1400 detenuti. Cluchey, allora ventitreenne, non aveva mai assistito ad uno spettacolo teatrale. Era la prima volta in assoluto che una commedia veniva rappresentata in quella prigione. Quella rappresentazione cambiò la sua vita e quella di alcuni di quei detenuti. Crearono un gruppo teatrale: il San Quentin Drama Workshop (SQDW).

Aspettando Godot a New Orleans. Progetto di Paul Chan, 2007. (fotografia di Paul Chan, courtesy of Creative time)

Aspettando Godot a New Orleans. Progetto di Paul Chan, 2007. (fotografia di Paul Chan, courtesy of Creative time)

Nel 1966 Cluchey venne rilasciato per meriti artistici: insieme ad altri ex-detenuti partì in tournée in Nord America e in alcune capitali europee, rappresentando opere di Beckett e anche The Cage, scritta da Cluchey. Da noi, Gianfranco Pedullà (L’Apocalisse secondo Beckett, 2004), Armando Punzo con la Compagnia della Fortezza di Volterra (Un silenzio straordinario, ispirato a L’Ultimo nastro di Krapp, 2008) e Claudio Collovà (Eredi, 1998) hanno allestito diverse opere in  istituti di detenzione.
La seconda sezione della mostra espone gli allestimenti teatrali con l’ausilio di modellini, foto e registrazioni. L’ultima sezione offre uno sguardo sul dopo Beckett. Nel 1993 Susan Sontag mise in scena Aspettando Godot in una Sarajevo sotto assedio. Dopo di lei, molti altri rappresentarono il lavoro di Beckett in zone calde nel mondo. Iniziò una nuova stagione; il teatro di Beckett non più solo come visione filosofica del mondo, ma come possibilità di rinnovamento, grazie all’ interazione con le varie situazioni politiche. Svelando le “prigionie invisibili” nascoste nelle realtà in cui viviamo.

Quad, regia di Yosuke Taki. (fotografia dal video di Videomedia)

Quad, regia di Yosuke Taki. (fotografia dal video di Videomedia)

Sono stati allestiti spettacoli in mezzo a disastri come quello di New Orleans, davanti agli sfollati dell’uragano Katrina, nel mezzo della manifestazione di Occupy Wall Street (2011) o anche  in un punto fuori alla zona di evacuazione della centrale nucleare di Fukushima (2011).

Consuelo Valenzuela

Roma // fino al 26 gennaio 2014
Prigionie (in)visibili. Il teatro di Samuel Beckett e il mondo contemporaneo
CASA DEI TEATRI

Largo 3 Giugno 1849
06 45460693
www.casadeiteatri.culturaroma.it

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Consuelo Valenzuela

Consuelo Valenzuela

Consuelo Valenzuela alterna le sue due passioni principali: l’arte e la letteratura. Per quanto riguarda la prima, ha appena aperto un blog dedicato alle case-museo di artisti nel mondo. Parallelamente è in corso di pubblicazione la sua rubrica “Case ad…

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