Villa Fiorella, l’amore per l’arte in un hotel di lusso

A Villa Fiorella, l'art hotel di Massa Lubrense, in un percorso rigenerante tra arte e relax, tutti i sensi rimangono appagati. Grazie anche a una ricca collezione animata da artisti emergenti e affermati.

Accoccolata tra le curve della Penisola Sorrentina, Villa Fiorella si rivela un luogo dove la mente e il corpo possono abbandonarsi alle carezze e alle amenità di una vista mozzafiato ‒sembra di poter stringere in un pugno l’isola di Capri ‒, di un rilassante massaggio nella piccola spa, di una cucina competente e ricca dei gusti campani ‒ grazie allo chef di Gragnano, Marco Del Sorbo ‒ godere infine e in principio delle opere d’arte generosamente, e insieme gelosamente, custodite negli ambienti dell’Art Hotel di Massa Lubrense diretto da Alberto Colonna.
Dalle piastrelle in ceramica di Vietri delle toilette ai bicchieri colorati in vetro Italesse, l’azienda di Trieste che usa una tecnica cinese di lavorazione, ottenendo una melange di paste, nessun dettaglio lasciato al caso. L’albero di bronzo di Alik Cavaliere, Acqua uno, e un bassorilievo in gesso dipinto di Sironi, dove profili di figure sono inserite in un tempio rarefatto e schematizzato, ci accompagnano e accolgono nella reception mentre un’installazione di Sasà Giusto, Lime Raspe Grattugia, si snoda dalla hall per il corridoio che porta alle prime stanze. Secondo l’autore, rappresenta il primo lavoro a diventare una sintesi di sapori, colori, quantità: “Le mie opere erano ricolme, abbondanti come cornucopie; questo invece è il primo lavoro in cui riesco a limare, lisciare alcune asperità. Sono figlio della Transavanguardia ma Torino, patria dell’Arte Povera, mi ha ispirato questa astrazione minimale, un’eliminazione delle scorie”.

Villa Fiorella, Massa Lubrense. Angelo Marra

Villa Fiorella, Massa Lubrense. Angelo Marra

OPERE E ARTISTI

Le ceramiche di Ugo Marano, inserite nel bancone del bar sopra gli alcolici e i distillati, mantengono le tonalità di argilla e l’essenza della terra dalla quale provengono. I “certosini” fanno capolino con le loro espressioni da macchiette tra la superficie vetrata, custodi dei vizi e dell’ebbrezza. Se ritroviamo un altare dello stesso artista in giardino, il bestiario fantastico di Luigi Mainolfi, disegni delicati su carta bruna, sono disposti come un fregio sulle pareti che circondano il bancone. Ogni stanza costituisce inoltre una scoperta: se lo stile dell’arredamento mantiene lo stesso gusto, letti e salottini spaziosi, ognuna nasconde un piccolo tesoro, opere di artisti diversi e lontani per ricerca e carattere espressivo.
Il giapponese Takeo Hanazawa disegna una minka, una tipica casa giapponese, che prende il volo su un’alta palafitta. I cavi dell’opera di Miltos Manetas del 2007, Cables, ora rimpiazzati dalle tecnologie wireless, costituiscono una metafora di globalizzazione e connessione che attraversa le distanze spaziali. I fili raggomitolati vagano su una superficie rosa, come fosse il citoplasma cellulare. Un dipinto astratto della designer milanese Nathalie Du Pasquier, fondatrice del gruppo Memphis, ricorda il fondoschiena di un quadrupede e fa sfoggio di sé all’interno di una camera arredata con finezza; e ancora due disegni e una composizione in carta di Liliana Moro, artista presente insieme a Chiara Fumai ed Enrico David nel Padiglione italiano dell’ultima Biennale di Venezia, una stampa che ritrae Cy Twombly, una serigrafia di Gilberto Zorio. Le sculture di Fausta Squatriti delineano invece gli ambienti comuni, puntando sulle superfici specchianti e opache, giocando con il minimalismo geometrico, elegantemente alterato da colori forti e pop come il fucsia e il verde acido.
La collezione nasce dalla passione del padre di Alberto, Mario Colonna. Anch’egli direttore di un Art Hotel, il Gran Paradiso di Sorrento, ci ha raccontato di come è diventato collezionista d’arte.
Credimi, il mio rimpianto più grande è stato quello di non riuscire a comprare un Francis Bacon: ero in Inghilterra e avevo 16 anni, conoscevo la sua galleria di riferimento a Londra ma in quel momento non avevano dipinti disponibili. Mi hanno chiesto di lasciare il mio recapito, dopo un mese e mezzo è arrivato un plico in albergo ‒ era stato appena inaugurato ‒, era un trittico composto da piccoli ritratti, gli stessi che oggi raggiungono i 3 milioni di dollari. Cinquant’anni fa a Londra potevi essere il signor nessuno ma ti prendevano sul serio se volevi collezionare arte. Vendevano i ritratti a 30.000 dollari l’uno: per farti capire, il cliente che veniva a soggiornare in albergo spendeva 1.800 lire circa per dormire e soggiornare, era una cifra importante per l’epoca. Nel tempo ho coltivato questa passione e sono diventato amico di artisti e galleristi. Laura, la compagna con cui ho passato otto anni, mi ha fatto conoscere artisti come Luigi Ontani. I miei artisti preferiti sono Fausto Pirandello ‒ ho dei suoi quadri dagli Anni Trenta ai Cinquanta ‒ e Mattia Moreni. La collezione ha assunto negli anni una sua identità e corposità. Dieci anni fa ci fu una riunione dell’Associazione degli albergatori, i miei colleghi sostenevano che, per far fronte alla crisi, si dovesse abbassare il costo delle stanze, per me invece bisognava dare un’unicità alle stesse e alzare i costi per garantire un prodotto migliore a una clientela ridotta. Così è nato il progetto ‘100 al cubo’, sono gli ospiti dell’Art Hotel a decidere quale sia la stanza d’artista più riuscita, che diventa permanente.

Villa Fiorella, Massa Lubrense. Gilberto Zorio

Villa Fiorella, Massa Lubrense. Gilberto Zorio

Ho visto nella tua collezione molti artisti emergenti o affermati campani, collezioni anche artisti internazionali?
Ho frequentato la Galleria Continua, sono amico di Mario e Lorenzo, ho seguito molto il loro lavoro e i loro artisti. Frequento tutte le fiere italiane e alcune straniere, come quella di Bruxelles. Seguo il mio gusto personale, scelgo “di pancia”. Ho comprato Maria Lai sei anni fa pagando l’opera, che è stata valutata recentemente 80.000 euro, 4.000 euro: non era ancora stata alla Biennale di Venezia, a Kassel, né le era ancora stata dedicata una grande personale come quella che è oggi al MAXXI, ma credevo fosse destinata a essere presto rivalutata.
Altri artisti per i quali ho un debole sono Fabio Mauri, Arturo Martini e Giorgio Morandi.

Quale artista ti ha “spinto” a diventare un collezionista?
L’artista che mi ha guidato verso il collezionismo è stato Friedensreich Hundertwasser. Sono andato a trovare la mamma di Alberto quando eravamo fidanzati a Bruxelles, il padre mi aveva invitato a una mostra in un piccolissimo museo privato dove erano esposte una trentina di opere della collezione contemporanea della Thyssengruppe. Ho impiegato trent’anni per comprare una sua opera. Sono innamorato dell’idea della spirale, il lavoro che ho in collezione si chiama Funchal, capitale di Madera (Isole Portoghesi), si vedono spirali in mezzo al mare e case che seguono la stessa struttura. Lui dipingeva ancora con la tecnica dei pittori seicenteschi olandesi, a uovo, anche se sono passati 50-60 anni i colori sono vivi e brillanti.

Giorgia Basili

https://arthotelvillafiorella.com

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Giorgia Basili

Giorgia Basili

Giorgia Basili (Roma, 1992) è laureata in Scienze dei Beni Culturali con una tesi sulla Satira della Pittura di Salvator Rosa, che si snoda su un triplice interesse: letterario, artistico e iconologico. Si è spe-cializzata in Storia dell'Arte alla Sapienza…

Scopri di più