Sembrerebbe che la diversità di genere, etnica e sociale, trascurata nel mondo dell’arte americano, sia altrettanto tralasciata dalle istituzioni per l’arte europee. È ciò che ha messo in luce il team delle Guerrilla Girls, collettivo artistico americano, formato nel 1984 da un gruppo di colleghe artiste. Da sempre in prima linea per denunciare – dati alla mano – la presenza magra, se non del tutto assente nel mondo dell’arte che conta, di donne e persone appartenenti a minoranze etniche o a gruppi sociali emarginati, il gruppo ha sempre messo in luce una tendenza deprimente: quella della marginale presenza, nelle collezioni di musei e istituzioni per l’arte, di artiste e artisti che risultano ingiustamente trascurati.
SBARCO A LONDRA. PRIMA TAPPA: WHITECHAPEL
Autodefinitesi “la coscienza del mondo dell’arte”, le GG sono a Londra: da qualche giorno ha aperto una loro mostra alla Whitechapel Gallery, dal titolo Guerrilla Girls: is it even worse in Europe?. Al museo, nella sala dedicata alle mostre d’archivio, il collettivo presenta i risultati di un sondaggio inviato a 383 istituzioni europee. Il questionario pone una serie di domande incentrate sulla presenza di artiste donne, professionisti non europei e non statunitensi, oltre ad artisti LGBT e queer. Solo meno di un terzo delle istituzioni considerate (appena 101) hanno risposto all’appello: dall’Italia il Museo di Villa Croce a Genova, il Maxxi e il MAMBo. Nessun cenno, tra gli altri, da parte di MADRE, MART, Centro Pecci, MACRO, GNAM di Roma e GAM di Torino; ma anche Fondazione Prada, Palazzo Grassi e altri soggetti privati. L’elenco dei “non partecipanti” è in mostra, tra poster ironici e alcune copie dei questionari compilati, tra risposte imbarazzate, sarcastiche o coerenti con l’operato dei musei, è inoltre possibile consultare alcuni cataloghi del collettivo prodotti negli ultimi trent’anni.
A TU PER TU CON LE ARTISTE. ALLA TATE MODERN
Benché in incognito, adottando nomi di artiste del passato come Frida Kahlo o Käthe Kollwitz, il gruppo è sempre stato disponibile a un confronto diretto col pubblico. Alcuni membri del team sono dunque in questi giorni, fino al 9 ottobre, alla Tate Modern, in una sala della Switch House per il progettoTate Exchange, che vede diversi artisti ospiti del museo perché conversino con i visitatori. L’intervento del collettivo, chiamato The Complaint Department, offre inoltre la possibilità di lasciare messaggi su diverse bacheche, per “cospirare con il gruppo e dire la vostra”. Noi abbiamo parlato con Käthe Kollwitz, che così ha commentato l’esperimento del gruppo: “credo che i musei oggi, almeno quasi tutti, stiano cercando di essere più diversi: ma è un processo molto, molto lento. Ci siamo sentite dire dai musei che le donne artista sono state così importanti per loro: ma se poi guardi alle loro collezioni, dal 1861 ad oggi, solo il 12% delle opere è stato realizzato da una donna”.
– Elio Ticca
1 ottobre 2016 – 5 marzo 2017
Guerrilla Girls: Is it even worse in Europe?
Whitechapel Gallery
Londra, 77-82 Whitechapel High St
www.whitechapelgallery.org