I grandi musei italiani? Tutti autonomi, e ognuno “adottato” da un’impresa sponsor. Il ministro Franceschini tratteggia il futuro del sistema museale: allargare le autonomie

“Prima di Natale i venti direttori hanno preso possesso delle loro sedi. Promettono spinta e entusiasmo. Anche perché si tratta di insediare il Consiglio di amministrazione, di mettere in campo progetti scientifici, e quelli strategici per avviare le gare per i servizi aggiuntivi. Sono convinto che i risultati arriveranno in fretta”. Il ministro dei Beni […]

Prima di Natale i venti direttori hanno preso possesso delle loro sedi. Promettono spinta e entusiasmo. Anche perché si tratta di insediare il Consiglio di amministrazione, di mettere in campo progetti scientifici, e quelli strategici per avviare le gare per i servizi aggiuntivi. Sono convinto che i risultati arriveranno in fretta”. Il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini tira le somme di un anno di azione di governo nell’intervista rilasciata oggi a Il Messaggero: e inizia da quella che è stata la sua riforma più visibile, il mega concorso per i direttori dei primi 20 musei italiani. E si lascia sfuggire un’anticipazione inedita, in questi termini: presto altri musei potranno avere autonomia ed un proprio direttore-manager.
Il numero di musei che abbiamo scelto era legato al fatto che il mio ministero, come gli altri, abbia un tetto massimo di dirigenti di prima e seconda fascia. Ma andando avanti, numeri permettendo, è possibile che qualche altro museo possa fare il salto, acquisire l’autonomia, in modo da scegliere il direttore con concorso internazionale”. Quindi si lavora su questa strada? “È possibile estendere questa esperienza, ma dipende sempre dai numeri della spending review. Per avere un direttore di museo autonomo in più, bisogna che ci sia un posto libero da dirigente. Quando abbiamo scelto i venti musei, li abbiamo selezionati in una rosa di istituzioni più ampia. Pertanto, ce ne sono tanti che meritano di rientrare nell’autonomia. Nella Stabilità c’è una norma che mi consente di fare ulteriori passi nell’assetto del ministero, ora stiamo studiando come applicarla”.
E il futuro dei musei autonomi si intreccia con quello dell’Art Bonus, con l’agevolazione fiscale del 65% per le erogazioni liberali per la cultura. “Da quando l’abbiamo stabilizzato”, rivela Franceschini, “le imprese si stanno facendo vive. Nel 2015 sono già entrati 40 milioni. Ora andremo ancora meglio. L’obiettivo più urgente è che ognuno dei venti musei autonomi abbia come main partner una grande impresa italiana. L’idea è che un marchio italiano aiuti a far vivere un museo con una donazione”.

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Redazione

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