Berlusconi e Grillo, che showman. Maurizio Cattelan il saggio che non scherza sulle cose che contano: “Renzi, Ingroia? Sono le modalità a dover cambiare”

“Trovo che Berlusconi abbia più elementi in comune con Grillo di quanti non ne abbia io. Entrambi sono ottimi showman… personalmente non credo di essere alla loro altezza in materia d’intrattenimento! In generale, la cultura televisiva mi sembra radicata in ogni ambito, come se tutto il paese fosse governato da un telecomando”. Anticonformista come tutti […]

Trovo che Berlusconi abbia più elementi in comune con Grillo di quanti non ne abbia io. Entrambi sono ottimi showman… personalmente non credo di essere alla loro altezza in materia d’intrattenimento! In generale, la cultura televisiva mi sembra radicata in ogni ambito, come se tutto il paese fosse governato da un telecomando”. Anticonformista come tutti si aspettano, sceglie un media non “specialistico” per rivelare al mondo la sua visione della scena politica italiana, Maurizio Cattelan: sceglie l’Huffington Post, con una lunga intervista che – proprio nel pieno della prima giornata elettorale – mostra un osservatore acuto e profondo, anche appassionato, qualcuno che – a dispetto del proprio ecumenismo – ha a cuore seriamente la realtà italiana.
In democrazia la responsabilità sta nelle mani di chi vota, i candidati non sono altro che l’espressione delle scelte degli elettori – nota fatalista il Maurizio nazionale -. Quello che più mi colpisce è la mancanza di una risposta spontanea a ciò che stiamo subendo, l’apparente incapacità di scendere in piazza e reagire. Dall’era delle ideologie sembriamo piombati nell’era glaciale: siamo diventati spettatori della nostra stessa rovina. Parafrasando un lavoro di Joseph Beuys del 1972, oggi si potrebbe dire ‘La Crisi siamo Noi’: sembra non riguardarci direttamente, eppure siamo proprio noi ad affondare”.
E respinge pure le provocazioni, un Cattelan che non ha voglia di trattare alla leggera i grossi problemi di cui non intravede soluzioni. Tanto che quando gli si chiede delle novità, di personaggi come Renzi, Grillo o Ingroia, che si direbbe possano essere in linea con il suo spirito “contro”, gela l’intervistatrice: “Sono le modalità a dover cambiare, non tanto le persone, ma non vedo grandi trasformazioni da questo punto di vista. Idealmente mi affascinano le potenzialità della democrazia diretta: possiamo esprimere il televoto nei reality e nei talent show, ma non sui temi davvero rilevanti. Abbiamo a disposizione una tecnologia immediata e veloce, eppure ci nascondiamo ancora nelle cabine elettorali ogni cinque anni. Come se per comunicare urgentemente usassimo una raccomandata invece di scrivere un sms”.
Eppure non rinuncia a rispedire al mittente, con grande classe, il debole tentativo di omologarlo. E quando gli arriva la domanda “Lei non ha mai fatto parte della schiera di intellettuali/artisti di sinistra radical chic, come mai?”, grazia la malcapitata limitandosi ad un elegante “Sarà perché non mi sono mai considerato né un intellettuale né un artista!”. Conclusione rossiniana, per un’intervista da sciropparsi per intero: cosa farà nel prossimo futuro? “Qualcuno una volta disse che essere miserabili o essere grandi richiede lo stesso sforzo. Mi impegno verso il secondo obiettivo, ma non escludo di ricadere nel primo!”.

L’intervista integrale sull’Huffington Post

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Massimo Mattioli

Massimo Mattioli

É nato a Todi (Pg). Laureato in Storia dell'Arte Contemporanea all’Università di Perugia, fra il 1993 e il 1994 ha lavorato a Torino come redattore de “Il Giornale dell'Arte”. Nel 2005 ha pubblicato per Silvia Editrice il libro “Rigando dritto.…

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