Fabbrica Brueghel, a Bologna

Palazzo Albergati, Bologna – fino al 28 febbraio 2016. Non un solo artista, ma una stirpe che rappresentò, tra la metà del Cinquecento e quella del Seicento, le ricche e potenti Fiandre. Al centro di quel mondo, per una classe borghese dinamica e spregiudicata, i Brueghel costruirono la loro vicenda leggendaria, che ora si svela a Bologna.

UNA STORICA DINASTIA
Conosciamo tutti Pieter il Vecchio, ma spesso si dimentica che se la sua fama è giunta fino a noi è merito anche del figlio, quasi omonimo, autore di vere e proprie copie in numerosi esemplari delle opere paterne. Tuttavia i Brueghel sono tanti: un altro figlio di Pieter il Vecchio è Jan, sempre il Vecchio; poi crescono nella bottega e diventano pittori Jan il Giovane, Abraham e Ambrosius, morto nel 1675. Senza contare i collaboratori, molti rimasti nell’ombra e irrimediabilmente sconosciuti, altri che hanno dato il loro contributo e la loro firma alle opere – pure Rubens, amico di famiglia, ebbe un ruolo attivo tra i Brueghel -, fieri probabilmente di far parte di un’équipe specializzata e di indubbio successo, formata anche grazie a intelligenti alleanze matrimoniali.

Pieter Brueghel il Giovane, Le sette opere di misericordia, 1616, Collezione privata, Belgio

Pieter Brueghel il Giovane, Le sette opere di misericordia, 1616, Collezione privata, Belgio

LA MOSTRA: TEMI E SOGGETTI
Per l’allestimento dell’esposizione bolognese si è scelta una suddivisione in sezioni che toccano i principali soggetti dei dipinti dei Brueghel, proponendo pochi ma preziosi confronti: I sette peccati capitali di Bosch, ad esempio, introduce il tema de “Il giudizio morale, tra salvezza e condanna”, perché il primo Pieter si avvicinò a questo pittore assimilandone le forme grottesche e conducendo una profonda riflessione su vizi e virtù. Non a caso la critica lo descrive come un colto individualista, seguace dello stoicismo e informato sulle posizioni di Erasmo da Rotterdam e di Tommaso Moro. Con i due figli Pieter e Jan è la natura ad assumere un ruolo preponderante – sono gli anni della rivoluzione copernicana – ma non manca l’attenzione per la realtà quotidiana, soprattutto quella delle classi più umili che vengono ritratte talvolta con sguardo comprensivo e affettuoso, altre volte con un punto di vista che sfiora la caricatura. Nell’Anversa di quei secoli non si poteva certo ignorare il commercio, o ancora i grandi viaggi, ma in mostra è evidente l’attenzione dei Brueghel verso i temi allegorici, con opere di decenni diversi e anche di qualità molto differente. Se le Fiandre erano e sono anche “fiori”, le nature morte floreali, simbolo di vanitas, occupano una sala di Palazzo Albergati, mentre la conclusione è affidata alla “Danza degli ultimi”: protagonisti sono ancora contadini e mendicanti nei loro pochi momenti di svago, tra feste tradizionali e riti nuziali.

Jan Brueghel il Vecchio, Paesaggio fluviale con bagnanti, 1595-1600, Collezione privata, Svizzera

Jan Brueghel il Vecchio, Paesaggio fluviale con bagnanti, 1595-1600, Collezione privata, Svizzera

BRUEGHEL E IL COLLEZIONISMO PRIVATO
La mostra attinge quasi esclusivamente a collezioni private: tra le poche dichiarate e le tante anonime, è innegabile l’interesse che continua a suscitare la dinastia Brueghel presso i grandi collezionisti dell’Europa centrale (Svizzera, Belgio, Lussemburgo…) e Oltreoceano, con raccolte newyorkesi che hanno prestato i dipinti esposti ora a Bologna e in precedenza a Villa Olmo di Como, a Roma e in altre città estere.

Marta Santacatterina

Bologna // fino al 28 febbraio 2016
Brueghel. Capolavori dell’arte fiamminga
a cura di Sergio Gaddi e Andrea Wandschneid
Palazzo Albergati
Via Saragozza, 28
051 0301015
[email protected]
www.palazzoalbergati.com

MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/47244/brueghel-capolavori-dellarte-fiamminga/

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Marta Santacatterina

Marta Santacatterina

Giornalista pubblicista e dottore di ricerca in Storia dell'arte, collabora con varie testate dei settori arte e food, ricoprendo anche mansioni di caporedattrice. Scrive per “Artribune” fin dalla prima uscita della rivista, nel 2011. Lavora tanto, troppo, eppure trova sempre…

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