Turn Screens into Art è il motto di S[Edition], archivio web che permette di collezionare opere d’arte digitali fruibili attraverso lo schermo di un qualsiasi dispositivo connesso a Internet.
Nulla di nuovo, per carità, anzi è da un pezzo che il mondo della digital art impone di acclimatarsi con il glaciale fascio di luce e pixel emanato da laptop, tablet e smartphone. Ci piace però notare che anche artisti che lavorano al confine tra suono e videoarte sfruttano con intelligenza il mezzo, e i più intraprendenti tra di loro si tengono al passo con i tempi, piuttosto che crogiolarsi in piagnistei su quale sarà il futuro della musica da quando nessuno compra più dischi.
È il caso di Franz Rosati, musicista e sound-designer che ha realizzato su S[Edition] Machine & Structure, una serie di sculture sinestetiche digitali scritte con un apposito software e frutto di registrazioni effettuate in tempo reale. Forma e suono sono generati dagli stessi algoritmi, con lo scopo di creare un organismo virtuale dotato di un comportamento istintivo proprio. Torsioni e spasmi, sussurri gentili o suoni stridenti sono il linguaggio primitivo utilizzato dal corpo virtuale per dichiarare il suo principio d’esistenza.
Machine & Structure [Teaser] from Franz Rosati on Vimeo.
Lungi dall’essere semplicemente l’apparato visivo di performance live, Machine & Structure è un progetto pensato per essere allestito come installazione immersiva e generativa. Non ripetendo mai lo stesso pattern, mette in scena su uno schermo un concerto audiovisivo, oppure immortala azioni e reazioni di questi organismi virtuali. Come altri lavori di Franz Rosati (in Fields of Immanence i piani di immanenza sono rappresentati con un piano di luce blu realizzato con i laser) anche Machine & Structure si ispira ad alcuni concetti chiave della filosofia di Gilles Deleuze e Félix Guattari.
Ci si chiede spesso che direzioni avrebbe preso la filosofia di Deleuze se avesse avuto la possibilità di assistere al boom di Internet: qualcuno sostiene che in alcuni passi la sua metafisica in realtà ne avesse quasi prefigurato alcune strutture. Opere come Machine & Structure – ed etichette discografiche come Mille Plateaux – indicano una strada per provare a riflettere su una domanda che purtroppo rimarrà senza risposta.
Vincenzo Santarcangelo
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #30
Abbonati ad Artribune Magazine
Acquista la tua inserzione sul prossimo Artribune