Intervista a Erik Borja, maestro dei giardini d’ispirazione giapponese

L’artista e paesaggista Erik Borja ha schiuso le porte del suo giardino della Drôme, in Francia, a nord di Valence. Un’occasione per lasciarsi conquistare dai giardini di ispirazione giapponese d’oltralpe

Nel 2023 saranno cinquant’anni da quando Erik Borja cominciò a costruire il suo giardino d’ispirazione giapponese a Beaumeont Monteux, poco a nord di Valence, nel dipartimento francese della Drôme.
In quel lontano 1973 si trattò di una scelta di vita. Nato nel 1941 ad Algeri, dove si forma alla Scuola di Belle Arti, Borja si era trasferito nel 1963 a Parigi, dove aveva completato la formazione e iniziato la carriera di artista (disegni e scultura). La casa per le vacanze appartenuta ai genitori e l’ambiente naturale della Drôme, fra la valle dell’Isère e il Vercors, dove già si avverte qualche influenza mediterranea, sono stati gli elementi che hanno determinato questo cambio di rotta nella sua attività di artista e paesaggista.
Incontriamo Borja davanti alla casa dove tutto è iniziato quasi mezzo secolo fa. “Fin dalla mia adolescenza e poi negli studi d’arte, la cultura giapponese mi ha sempre particolarmente interessato, soprattutto quella dei giardini. Nel 1973 ho cominciato a piantare alberi attorno a questa casa che era stata acquistata dai miei genitori, ma all’epoca era quasi in rovina”, afferma. Sono anni in cui il lavoro artistico prosegue anche a Parigi, nel suo atelier del Marais. Il 1977 è l’anno del primo viaggio in Giappone, dove visita i giardini di Nara e Kyoto e si sofferma a studiare i monasteri del Buddismo zen. “Di ritorno da Kyoto ho cercato di applicare qui quello che avevo imparato laggiù, reimpostando completamente il giardino e cercando di programmare lo sviluppo progressivo dello spazio verde, essendo ben consapevole che la sola protagonista era la natura”.
Sono anche gli anni in cui matura la decisione di abbandonare definitivamente l’atelier parigino e di trasferirsi nella Drôme. “Dal primo momento ho avvertito la forte energia che mi trasmetteva questo luogo“, racconta Borja mentre ci introduce nel Jardin d’accueil, il primo dei cinque spazi di cui è composto il suo giardino che è stato concepito come un percorso iniziatico all’arte dei giardini giapponesi e dei suoi differenti stili. “Fondamentale è la presenza di un ruscello che scorre nella giusta direzione. E poi ci sono montagne e colline ai quattro punti cardinali”.

Jardin Zen Erik Borja nella Drôme© Photo Dario Bragaglia

Jardin Zen Erik Borja nella Drôme© Photo Dario Bragaglia

IL GIARDINO GIAPPONESE DI ERIK BORJA

L’itinerario prosegue nel Jardin de méditation e successivamente nel Jardin du thé, luogo in cui in Giappone si svolge la cerimonia del tè. Borja raccomanda di dedicare non meno di un paio d’ore alla visita completa ‒ “anche se non ci sono tempi precisi, ognuno ha la sua sensibilità” ‒, prendendosi tutto il tempo per fare delle soste e procedere con lentezza. Segue il Jardin de promenade con le cascate e gli stagni delle ninfee e fior di loto. Gli aceri giapponesi che in autunno si infiammano con magnifiche tonalità di rosso rendono estremamente godibile questa parte della passeggiata. Infine il Jardin du Dragon, caratterizzato da numerose rocce con l’arboretum e il bambuseto.
Sono nato in Africa del Nord, un ambiente che affaccia sul Mediterraneo e questo influenza la mia concezione di giardino giapponese. In ogni caso noi europei ne diamo un’interpretazione diversa rispetto a quella originale, considerando anche quelle che sono le diversità del clima. Forse potrei dire che questi giardini rappresentano il mio migliore autoritratto”.
Come la primavera con la fioritura dei ciliegi e del pruneto, anche l’autunno regala una magia particolare ai visitatori, grazie allo staff di giardinieri che affiancano Erik Borja nella cura dei giardini di Beaumeont Monteux. Nel 2005 il Ministero della Cultura francese ha concesso l’importante riconoscimento di “Jardin remarcable” e ormai da tempo il giardino della Drôme non è la sola opera del paesaggista francese, che ha creato giardini di ispirazione giapponese in Corsica (nella zona di Porto Vecchio e Bonifacio), a Parigi, Losanna, Bruxelles, Chaumont-sur-Loire, oltre al Jardin du Dragon del Bambuseto d’Anduze.

Giardini del Museo Albert Kahn (Boulogne Billancourt) © Photo Dario Bragaglia

Giardini del Museo Albert Kahn (Boulogne Billancourt) © Photo Dario Bragaglia

GLI ALTRI GIARDINI GIAPPONESI DA VISITARE IN FRANCIA

La recente riapertura del Museo Albert Kahn a Boulogne-Billancourt (comune contiguo a Parigi) ha reso nuovamente fruibili al pubblico anche i giardini, parte integrante del progetto concepito dal banchiere-umanista di origine alsaziana. Sistemati fra il 1895 e il 1910 su una superficie di 4 ettari, sono un vero e proprio viaggio vegetale attorno al pianeta. Il progetto di restauro del museo curato dall’architetto giapponese Kengo Kuma è stato ispirato proprio dalle relazioni particolari che Albert Kahn ha intrattenuto con il Giappone. Già nell’impianto originale dello spazio verde erano stati accostati giardini appartenenti a culture molto diverse, vagheggiando quella comunione universale cara al pensiero di Kahn: la foresta dei Vosgi, il giardino inglese, quello alla francese, il roseto, il frutteto e un giardino giapponese nel quale ha trovato posto la ricostruzione di un angolo di villaggio tradizionale del Paese del Sol Levante.
Situato sul confine dei dipartimenti delle Deux-Sèvres e Maine-et-Loire (siamo a sud-est di Nantes), il parco orientale di Maulévrier è considerato il più grande giardino d’ispirazione giapponese d’Europa. Un grande spazio verde di circa 29 ettari visitato ogni anno da 150mila persone. Il parco trova le sue origini nell’opera di Alexandre Marcel, celebre architetto “orientalista”, autore fra l’altro della Pagode di rue de Babylone a Parigi. È lui che lavorando, fra il 1899 e il 1913, al restauro del Castello Colbert, proprietà della famiglia della moglie, creò insieme al capo giardiniere Alphonse Duveau un primo giardino giapponese. Dopo la morte dell’architetto nel 1928 la sua famiglia continuò ad abitare nel castello fino al 1945. Successivamente iniziano decenni di abbandono fino al 1980, quando il terreno del giardino viene acquistato dal comune e negli anni a seguire ‒ partendo da documenti, testimonianze, fotografie ‒ iniziano i lavori di restauro. Oggi circa 400 specie vegetali arricchiscono il giardino e offrono ai visitatori le fioriture primaverili, estive e le colorazioni autunnali. Il mutamento stagionale del giardino simboleggia le diverse tappe della vita.

Dario Bragaglia

http://www.erikborja.fr/
https://albert-kahn.hauts-de-seine.fr
https://www.parc-oriental.com/

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Dario Bragaglia

Dario Bragaglia

Dario Bragaglia si è laureato con Gianni Rondolino in Storia e critica del cinema con una tesi sul rapporto fra Dashiell Hammett e Raymond Chandler e gli studios hollywoodiani. Dal 2000 al 2020 è stato Responsabile delle acquisizioni documentarie e…

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