Carlo III, l’arte, il collezionismo, l’architettura. Il pensiero del nuovo re

Il nuovo sovrano inglese vanta una lunga consuetudine con l’arte, in qualità di pittore e mecenate, grande sostenitore dell’educazione artistica, ma anche esponente di un conservatorismo che in passato ha penalizzato soprattutto l’architettura moderna

Strenuo difensore dell’ordine naturale del Creato e per questo impegnato da tempi non sospetti in favore della causa ambientalista. È questa l’attitudine più spiccata del nuovo sovrano inglese, re Carlo III, che alla fine degli Anni Sessanta suggellava a Cambridge la propria formazione umanistica, dandosi allo studio di archeologia, antropologia e storia. La sua vicinanza col mondo delle arti, del resto, è un’altra costante dei decenni spesi a patrocinare istituzioni culturali e fondazioni impegnate nella formazione, e non può prescindere dall’indole di Carlo III, che non ha mai fatto mistero di gusti – e disgusti, spesso espressi con linguaggio colorito e opinioni tranchant – direttamente correlati al suo rispetto quasi sacrale per la natura e la dimensione rurale.

National Gallery Londra

National Gallery, Londra

CARLO III E L’ARCHITETTURA

Le sue battaglie più accese, in tal senso, si ricordano a confronto con l’architettura contemporanea: un rapporto controverso e foriero a più riprese di polemiche con illustri rappresentanti della categoria. Come, nel 1984, l’opposizione al progetto degli architetti Ahrends, Burton e Koralek per l’ampliamento dello storico edificio della National Gallery di Londra, bollato dall’allora Principe di Galles come un “foruncolo che spunta sul viso di un caro amico”. All’epoca, la reprimenda ottiene il risultato sperato (il progetto fu bocciato), mentre Carlo espone in un discorso presso il Royal Institute of British Architects tutta la sua disapprovazione verso “gli architetti contemporanei interessati solo a suscitare una reazione della critica” e a compiacere il proprio ego, invece di preoccuparsi delle necessità di chi abiterà quegli spazi. Nel 1989, Carlo condensa questi pensieri nel libro A Vision of Britain, scagliandosi contro il “creeping cancer” del modernismo, che ignora la storia dei diversi territori e prevarica il paesaggio.

Poundbury

Poundbury

LA CITTÀ IDEALE DI POUNDBURY

Dal ‘93, con il supporto dell’architetto Leon Krier, il Principe di Galles darà prova concreta di questa visione avviando il progetto urbanistico che ha portato alla nascita di Poundbury, centro abitato nel sud dell’Inghilterra che non raggiunge i 5mila abitanti, e incarna il modello di città ideale di re Carlo III, tra edifici di gusto neoclassico, case in stile georgiano e facciate in mattoncini rossi che evocano lo stile vittoriano. Nel 2009, un nuovo discorso all’Institute of Architecture lo porta a confutare chi lo accusa di conservatorismo, pur non rinnegando la critica all’architettura contemporanea che determina la “distruzione brutale di paesi e città”, preferendole un’architettura “organica”, conscia della propria funzione pubblica, in quanto strumento che “può aiutarci a definirci come civiltà”. Lo speech provocherà la reazione indignata di un gruppo di architetti inglesi (Peter Ahrends, Will Alsop, Ted Cullinan, Paul Finch, Tony Fretton, Piers Gough, MJ Long, Ian Ritchie, Chris Wilkinson), mentre più indulgente si è sempre mostrato David Chipperfield, peraltro lodato proprio nel discorso in questione per l’intervento al Neues Museum di Berlino, come esempio di buona architettura moderna. Ma il 2009 è anche l’anno della protesta contro il progetto affidato a Richard Rogers dal Qatar per il rinnovamento del sito di Chelsea Barracks a Londra: Carlo ne scongiura la realizzazione, il primo ministro qatarino blocca il cantiere. Diversi anni più tardi, nel 2017, Rogers scriverà, senza mezzi termini, che “il Principe Carlo non capisce l’architettura, non la interpreta come un linguaggio in evoluzione, ma la relega al passato”.

Paesaggio umbro, acquerello dipinto da Carlo III, 1991

Paesaggio umbro, acquerello dipinto da Carlo III, 1991. Copyright A.G. Carrick

CARLO III PITTORE DI ACQUERELLI

Meno burrascoso è il rapporto con le arti visive e performative, che il nuovo sovrano inglese coltiva in più direzioni. Innanzitutto, in qualità di pittore, celebrato acquarellista (con Camilla, nel 2017, ha sostenuto la nascita del progetto Watercolour World, piattaforma digitale per consultare gratuitamente migliaia di acquerelli online), che nel 2016 la stampa britannica indicò come l’artista vivente più “venduto” del Regno Unito. La passione di Carlo III per la pittura matura in gioventù, sulle orme di altri esponenti della Casa Reale passati alla storia per l’abilità con colori e pennelli, dalla Regina Vittoria al Duca di Edimburgo Filippo II, papà del neoeletto re (agli “artisti” della Casa Reale, nel 2013, proprio Carlo ha dedicato il primo documentario sul tema, Royal Paintbox). Dipingendo en plein air – come dimostrano scatti ufficiali raccolti nell’arco degli anni nelle campagne inglesi come tra le montagne svizzere di Klosters, o nei giardini del Palazzo Imperiale di Kyoto –, Carlo celebra l’armonia dell’uomo con la natura, affascinato dalla luce che illumina il paesaggio (tra i soggetti prediletti c’è il Castello di Balmoral, amata residenza di Elisabetta II). “L’arte è uno degli esercizi più rilassanti e terapeutici che io conosca”, ha avuto modo di ribadire in occasione della sua ultima personale, allestita a Londra all’inizio del 2022.

Corso di miniatura alla Prince's Foundation

Corso di miniatura alla Prince’s Foundation

IL RUOLO DELL’EDUCAZIONE ARTISTICA

Sì, perché sin dal 1977, anno della prima mostra a Windsor, Carlo espone i suoi acquerelli, destinando i ricavati delle vendite (a 6 milioni di sterline ammonterebbe il tesoretto maturato in oltre quarant’anni di attività) in beneficenza. Nel 1994 alcuni soggetti sono finiti persino sui francobolli emessi dalla Royal Mail, mentre sontuosa fu la mostra (Prince and Patron, 2018) allestita a Buckingham Palace in occasione del 70esimo compleanno di Carlo, che curò personalmente l’esposizione, accostando ai suoi lavori opere scelte dalla Royal Collection e dipinti di giovani emergenti. Formatosi grazie agli insegnamenti di Edward Seago, John Ward, Bryan Organ e Derek Hill, del resto, Carlo ha sempre assegnato all’educazione artistica un ruolo essenziale, considerato “il potenziale delle arti nel creare opportunità e trasformare le nostre vite”, come è scritto nero su bianco sul sito ufficiale che fu del Principe di Galles e della Duchessa di Cornovaglia (ancora attivo). Per questo, in passato Carlo ha fondato la Prince’s Foundation School of Traditional Arts, e nel 2000, con l’artista Catherine Goodman, la Royal Drawing School; con l’obiettivo di favorire l’attività artistica, non di rado, dagli Anni Ottanta, ha inoltre preso l’abitudine di portare con sé, in occasione di viaggi ufficiali, giovani artisti inglesi. Al 2021 data invece la fondazione di Terra Carta Charity, con la creazione del Terra Carta Design Lab (il lancio dell’iniziativa fu affidato ad alcune foto scattate in campagna, in compagnia del designer inglese Jonny Ive) per supportare la creatività finalizzata a trovare soluzioni sostenibili contro il cambiamento climatico.

Prince and Patron, Buckingham Palace, 2018. Ph. Todd White Art Photography, Ben F. Copyright Royal Collection Trust © Her Majesty Queen Elizabeth II

Prince and Patron, Buckingham Palace, 2018. Ph. Todd White Art Photography, Ben F. Copyright Royal Collection Trust © Her Majesty Queen Elizabeth II

CARLO III E IL MECENATISMO

In qualità di mecenate e patrono, inoltre, Carlo ha finora supervisionato circa 400 tra fondazioni, istituzioni culturali, musei, teatri, accademie. La pratica dei patrocini reali data al Settecento, quando Giorgio II divenne mecenate della Società degli Antiquari, ed è ampiamente radicata tra gli esponenti della famiglia reale. Oggi infatti sono centinaia le istituzioni che cercano di ottenere un patrocinio per accrescere la propria visibilità, e Carlo ha sempre esercitato questa funzione in virtù dei propri interessi, dall’architettura all’arte, passando per le arti minori (per oltre vent’anni ha patrocinato lo Stained Glass Museum) e l’agricoltura. Nel 2017 è diventato il primo mecenate reale della National Gallery, dopo esserne stato trustee dal 1986 al 1993; è attualmente mecenate dell’Actors’ Benevolent Fund, del British Film Institute (BFI), dello Scottish Ballet e del New English Art Club, solo per citarne alcuni. Mentre nel 2018 ha ereditato dal padre il ruolo di Royal Visitor del Royal College of Art. Inoltre, in linea con il supporto dimostrato all’artigianato, con la Ong Turqoise Mountain, fondata insieme all’ex politico britannico Rory Stewart e all’ex presidente afghano Hamid Karzai, Carlo sostiene gli artigiani afghani e di altri Paesi in difficoltà. La successione al trono determinerà un rimescolamento di carte (a chi spetteranno i patrocini esercitati finora da Carlo?), com’è prevedibile in un passaggio di consegne che porterà il nuovo sovrano a occuparsi principalmente di questioni relative al regno, mettendo da parte i propri interessi.

Masterpieces from Buckingham Palace, exhibition view at Queen's Gallery, Edinburgh, 2022 Copyright Royal Collection Trust © Her Majesty Queen Elizabeth II

Masterpieces from Buckingham Palace, exhibition view at Queen’s Gallery, Edinburgh, 2022 Copyright Royal Collection Trust © Her Majesty Queen Elizabeth II

CARLO III E IL COLLEZIONISMO DI FAMIGLIA E PRIVATO

In qualità di nuovo sovrano, Carlo III amministrerà una collezione di oltre settemila dipinti, centinaia di disegni, arazzi, gioielli, mobili d’epoca, porcellane, volumi antichi, miniature. Un ingente patrimonio riunito nelle residenze reali in secoli di storia della Corona, che, ironia della sorte, vede in Carlo I e II Stuart, entrambi vissuti nel XVII secolo, due tra i più valenti e appassionati collezionisti della monarchia inglese (al pari di Giorgio III, cui si deve, nel Settecento, l’arrivo di un importante nucleo di opere di Canaletto, tra cui l’Ingresso del Gran Canale verso est che ha fatto da sfondo alla proclamazione di Carlo III).
La Corona non possiede la collezione, ma la gestisce tramite il Royal Collection Trust, di cui proprio Carlo è stato primo presidente, restando in carica per 28 anni, fino al marzo 2021, quando ha lasciato il posto al banchiere James Leigh-Pemberton. Alla Regina Elisabetta II si deve il merito di aver reso accessibili palazzi e opere della casa reale inglese: al 1962 data la creazione della Queen’s Gallery a Buckingham Palace, mentre oggi sono una quindicina le residenze aperte al pubblico. Carlo, peraltro anche collezionista di pitture e sculture in via privata e assiduo frequentatore di eventi d’arte (come il vernissage della galleria al castello di Auckland, la scorsa primavera, in compagnia della Regina di Spagna Letizia, per presentare l’allestimento dedicato agli Old Master della pittura spagnola), sembra voler proseguire su questa strada. Già la prossima estate, infatti, il castello di Balmoral dovrebbe aprire per la prima volta nella sua storia le porte al pubblico, in veste di museo, debuttando con un’esposizione dedicata alla compianta regina. Stessa sorte dovrebbe toccare in dote ad alcuni palazzi reali non più necessari alla vita di corte. Nel frattempo gli artisti inglesi si preparano a celebrare l’avvento del nuovo re. Così almeno faranno Gilbert and George, che preannunciano un tributo a Carlo III nella galleria in procinto di inaugurare a Spitafields, vicino al loro storico studio: “Gli artisti intorno a noi sembrano essere tutti anti-monarchici. È estenuante!”, hanno dichiarato in occasione di un recente intervento alla Sarabande Foundation. Carlo III potrà contare su altri supporter nel mondo dell’arte?

‒ Livia Montagnoli

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