In Piemonte la residenza d’artista che si ispira al vicinato

Nella cittadina di Nizza Monferrato la residenza artistica UVA riflette sulla morfologia e le relazioni presenti nella provincia italiana. Il collettivo Scania Trasporti con una residenza artistica ispirata al vicinato, racconta questi rapporti con un festival conclusivo

Tra le colline di Nizza Monferrato, in provincia di Asti, durante il mese di luglio è andata in scena Tenants, la prima edizione di UVA artist in residence, una residenza per artisti ideata da Bea Roggero Fossati (Asti, 1982) e curata con il collettivo Scania Trasporti – composto da Alessia Baranello (Campobasso, 1998) e Arianna Tremolanti (Roma, 1994). Il progetto ha trovato il suo fulcro nella questione della morfologia geo-sociale costruita sulla privatizzazione del territorio e nella psicologia del vicinato nella provincia piemontese, coinvolgendo undici tenants, selezionati a seguito di una open call, invitati a progettare interventi site specific, processuali e diffusi sul territorio per il periodo di un mese. Hanno partecipato alla residenza gli artisti Federico Arani (Roma, 1995), Giovanni Blandino (Torino, 1998), Sofia Bordin (Roma, 1998), Roberto Casti (Iglesias, 1992), Ginevra Collini (Roma, 1996), collettivo Hardchitepture (2019), Gabriele Longega (Venezia, 1986), Giulia Longoni (Milano, 1999), Stefano Melissa (Milano, 1999), Margherita Mezzetti (Siena, 1990) e Niccolò Moronato (Padova, 1985), che si sono serviti di inganni, collaborazioni, feste, teatrini e camion per fare incursione nella regolarità del paesaggio del Monferrato. Hanno collaborato allo sviluppo del programma didattico con talk, incontri e laboratori Lorenzo Bernini, Stefano De Matteis, Alessandro Manfrin, Isabella Pinto, Andrea Staid, Elvira Vannini e Luca Vitone.

Hardchitepture, work in progress, UVA artist in residence, 2022, photo Stefano Camera

Hardchitepture, work in progress, UVA artist in residence, 2022, photo Stefano Camera

INTERVISTA AL COLLETTIVO SCANIA TRASPORTI

Partiamo dall’inizio, come è nato Scania Trasporti?
Arianna Tremolanti: Volevamo pensare a un collettivo curatoriale, che per adesso è un duo composto da me e Alessia, aperto ed espandibile. Ci serviva un’immagine o un riferimento culturale che rispecchiasse il nostro indirizzo, così ci è venuta in mente l’immagine dei tir, e quindi abbiamo scelto di definire Scania come un dispositivo transuente: percorre le autostrade, trasporta un carico che spesso non è di sua proprietà. Per sua natura quindi non è un’entità stanziale e non si territorializza; non occupa gli spazi, ma li attraversa soltanto. Così crea i suoi contatti, le sue reti, le sue storie lungo la strada. Poi da un punto di vista dell’immaginario concreto abbiamo pensato proprio ai tir Scania, che è un po’ il modello-emblema dei grandi tir, pachidermici ma anche bizzarri, e alla figura del camionista, sempre associata a un chiaro stereotipo maschile e machista.

Sì, rimanda allo stereotipo dell’uomo rozzo.
Arianna Tremolanti: Esatto. Però, se ci fai caso, le motrici di questi camion sono spesso molto decorate, riempite di neon rosa, perline, pupazzetti… con un’estetica un po’ queer. Sono arredati come una casetta mobile tutta luminosa. È qui che volevamo inserire Scania, tra i paradossi e le convenzioni di immaginari che nemmeno hanno bisogno di essere ripensati perché già comprendono nature ibride e complesse.
Alessia Baranello: L’idea del camion, la sua struttura, nasce anche con la volontà di non voler calare nulla dall’alto, ma di trasmettere l’idea di un attraversamento delle stesse strade che fanno tutti gli altri, chiedendo indicazioni a chi si incontra lungo il percorso. Come accennava Arianna, creare reti e interazioni è stato anche un po’ il punto della residenza, per questo noi parliamo di collettivo aperto: vorremmo che le persone con cui ci confrontiamo si sentissero partecipanti alla costruzione delle idee del collettivo e poi anche delle sue formalizzazioni. L’idea del camion, o di una camion, come preferiamo definirla, è quindi un modo di funzionamento, un metodo conoscitivo di luoghi e situazioni.

UVA artist in residence, 2022, Photo Stefano Camera

UVA artist in residence, 2022, Photo Stefano Camera

LA RESIDENZA A NIZZA MONFERRATO

Alessia, hai nominato la residenza. Come è nata l’idea e come vi siete approcciate a questa esperienza?
L’idea non è nostra. La fondatrice della residenza, Bea Roggero Fossati, è un’artista che aveva già collaborato con noi per la mostra Lunatika all’ex Mattatoio e che da tempo voleva fondare un progetto di residenza nella sua cascina agricola a Nizza Monferrato. Quindi per prima cosa ci ha invitate a fare delle osservazioni sul campo insieme a lei e da lì è nata l’idea dei tenants, gli inquilini.
Arianna Tremolanti: Il tema della residenza arriva, forse, da una iniziale delusione che abbiamo avuto quando siamo arrivate lì: noi ci immaginavamo il Monferrato e il Piemonte in maniera un po’ diversa, ingenuamente “naturale”, ovvero un contesto di spazi selvatici o incontrollati.

Può non sembrare, ma il Piemonte è un luogo molto razionalizzato e controllato sotto questo punto di vista.
Alessia Baranello: Hai ragione. Questa morfologia del paesaggio – che definirei a griglia continua ‒ determina la creazione di comportamenti sociali e divisioni tra gli abitanti della zona, soprattutto tra chi ha ereditato i vigneti e chi invece è arrivato, per esempio, dal sud, e di conseguenza è senza terreni. È interessante come questi ultimi lavorino di più nei servizi e nel terziario rispetto alla produzione agricola e che non abbiano accesso immediato alle vigne. Un altro punto interessante ‒ rispetto a quelli che nella call abbiamo definito affittuari (in contrapposizione agli inquilini, coloro che da generazioni abitano il Monferrato) – è tutta la manodopera proveniente dalla Macedonia. Nel periodo della vendemmia raggiungono Nizza e altre zone del Monferrato con dei pulmini, appositamente per lavorare durante la vendemmia. Anche loro non hanno accesso alle vigne se non attraverso questa forma di caporalato. Partendo da tutto ciò, con il tema del vicinato, volevamo capire innanzitutto come un paesaggio così “rigido” potesse influenzare le varie relazioni e dall’altra parte scoprire quali potessero essere le incursioni che andassero a creare degli spazi di differenza.
Arianna Tremolanti: Con la prima ricerca sul campo ci siamo rese conto di una sorta di dualismo irrecuperabile, una scissione tra quello che noi ci aspettavamo da una provincia agricola e l’aver incontrato una natura controllata e un territorio che soprattutto vuole presentarsi razionalizzato. La provincia ha bisogno di apparire in questo modo per ragioni economiche. È fondamentale quindi la questione del decoro che costruisce il paesaggio. Però poi di fatto ‒anche grazie alle esplorazioni fatte con gli ospiti della residenza – ci siamo rese conto che, per quanto questo luogo si presenti in maniera così razionalizzata, c’è una forte spinta da parte di quelli che noi abbiamo chiamato “coinquilini imprevisti”, che in realtà muovono le relazioni.

Ovvero?
Arianna Tremolanti: Sono tutte queste entità umane e non umane che continuano a esistere nonostante il tentativo di marginalizzarle, per questo “impreviste”. Tutta la questione della monocultura, del disboscamento, dell’abbattimento delle erbe infestanti e la reclusione ai margini dei braccianti non è possibile fino in fondo, la provincia non riesce a essere come vorrebbe mostrarsi all’esterno. Gli imprevisti costituiscono una realtà profonda da cui non è possibile liberarsi, ma anzi, più il senso comune prova a marginalizzarli, più questi emergono.
Alessia Baranello: In realtà, con l’obiettivo di proporre cooperazione tra artisti e territorio, siamo entrati nelle case, nelle cascine dei nicesi e le risposte non sono state negative.

Così siete diventate non solo dei coinquilini imprevisti, ma anche disturbatori dell’equilibrio di cui Nizza Monferrato vive. 
Alessia Baranello: Noi pensavamo di disturbare di più. Abbiamo creato questo tessuto di relazioni che si vedrà tantissimo nelle opere prodotte: quasi tutto il materiale utilizzato dagli artisti sono oggetti e materiali ricevuti in prestito o regalati dai vicini, per i motivi più vari. Si sono resi quasi tutti disponibili a regalare per il semplice interesse del dono.
Arianna Tremolanti: Più che disturbare, ci sembra di aver riesumato una volontà nascosta. Lo stesso luogo scelto per la mostra finale è un prestito da parte di un’associazione che non vedeva l’ora che lì succedesse qualcosa. È stato abbandonato per anni e soggetto fino a pochissimo tempo fa alle mire dell’edilizia locale, che voleva abbatterlo per realizzare delle palazzine residenziali.

La vostra idea di Nizza Monferrato e del suo paesaggio è cambiata mano a mano che la residenza andava avanti?
Alessia Baranello: Si è evoluta. Il paesaggio ci ha suggerito la definizione di condominio orizzontale. Proprio per questo assetto collinare, è raro trovare delle palazzine alte, dei “condomini verticali”, ma cascine di due tre piani disseminate tra un colle e l’altro scandiscono il paesaggio. Pensiamo ora agli incontri-scontri con i vicini, tipici delle palazzine multipiano. O anche ai rumori e agli odori che si propagano sui pianerottoli. Inizialmente pensavamo che queste contaminazioni venissero negate dalla privatizzazione del paesaggio.
Arianna Tremolanti: Il termine condominio ci serviva come strumento di analisi. Siamo partite da un testo di Stefano de Matteis, Le false libertà (Meltemi, 2017) dove le dinamiche di condominio sono intese come il grado zero della scaturigine di conflitti e della possibilità di costruzione di comunità.

Come si sono evolute queste dinamiche?
Arianna Tremolanti: Nonostante la volontà di separarsi, alla fine tutti questi piccoli conflitti sono generativi. Anche noi volevamo lo fossero nella realizzazione della residenza e del festival finale. Conflittualità e costruzione sono quasi la stessa cosa, si parte o si arriva a un conflitto e questo ha generato uno spazio per un incontro politico di “animali linguistici”, e non solo economici.

UVA closing family rave, UVA artist in residence, 2022, photo Stefano Camera

UVA closing family rave, UVA artist in residence, 2022, photo Stefano Camera

MAL D’UVE, IL FESTIVAL CONCLUSIVO

Avete usato la parola festival per definire l’evento conclusivo di questa vostra residenza. Ci regalate anticipazione?
Alessia Baranello: Come giustamente hai notato tu, si tratta di un festival e non di una mostra. Il titolo sarà Malduve e durerà quattro giorni, dal 29 settembre al 2 ottobre 2022. Anche in questo caso abbiamo basato tutto su pratiche di co-autoraggio: non ci saranno solamente le opere degli artisti, ma una serie di stand di produttori locali, persone che abbiamo selezionato in base al loro metodo di lavoro sostenibile.

Dove si svolgerà?
Alessia Baranello: Nel cortile interno dell’ex oratorio Don Bosco, aperto a tutti. Sarà presente un palco per gli artisti e altre band locali invitate a suonare e performare. A destra del cortile c’è poi il circolo bocciofilo: collaboreremo anche con loro. Non volevamo bloccare le loro normali attività, ma far sì che il pubblico potesse partecipare a entrambe simultaneamente.
Arianna Tremolanti: A livello curatoriale stiamo ipotizzando un miscuglio per nulla gerarchico, dove tutto quello che siamo portate a chiamare arte contemporanea è accanto a giochi da tavolo, biliardini, pignatte. Anche da parte degli artisti non c’è alcuna volontà di separarsi o elevarsi.

Ripeterete l’esperienza in futuro?
Arianna Tremolanti: Nell’idea di Bea, viste le ottime risposte ricevute da questa prima edizione, e con l’auspicio di trovare dei finanziamenti per le future, c’è sicuramente la volontà di rendere UVA un momento e un luogo di riferimento per la ricerca artistica e l’incontro con un territorio verso cui si possono ancora affinare strumenti conoscitivi e connessioni.

Silvia Rossetti

https://www.instagram.com/scania.trasp/

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