Vi racconto chi era Carlo Maria Mariani. La replica di Antonio Martino a Renato Barilli

Il ritratto di Carlo Maria Mariani, recentemente scomparso, tratteggiato da Renato Barilli non è piaciuto a una persona che conosceva bene il pittore e che risponde al critico bolognese

Io non sono un pittore, io non sono l’artista, io sono l’opera”.
C. M. Mariani

Egregio Professor Barilli,

Lei è un grandissimo intellettuale, critico d’arte, letterario e accademico, riconosciuto a livello internazionale, che ha rappresentato, senza ombra di dubbio, la parte sana, ed estranea al Sistema, della Storia della Critica italiana, dalla seconda metà del secolo scorso fino a tuttora.
Mi permetto, ormai da attempato appassionato d’arte, e da amico di Carlo Maria, e comunque sempre e solo in maniera costruttiva, di approfondire, e anche se possibile, con molta modestia, di non condividere, la ricognizione storica da Lei fatta, sul lavoro di Mariani.
La conseguente collocazione concettuale, a dire il vero, un po’ frettolosa, in un ambito, che a mio umile parere, lo penalizza completamente, ossia quello esclusivamente passatista, degli Anacronisti o Pittori Colti, che invece, a differenza di Mariani, in effetti sono soltanto artisti che dipingono accademicamente, con un esercizio pittorico esclusivamente formale, affettato, noiosamente sterile e fine a se stesso, è profondamente ingiusta.
D’altronde non è stato facile imporsi in Italia mediaticamente senza molto cinismo e pragmatiche e potenti pubbliche relazioni mirate e risolute, dalla fine degli Anni Sessanta in poi, per la presenza di due potenze di fuoco strutturatissime, egoriferite e contrapposte, cioè l’Arte Povera e la Transavanguardia, che hanno tolto comunque strategicamente dalle luci della ribalta tutto l’ottimo dell’arte italiana, che in qualche modo in quegli anni avrebbe potuto, interferendo, distoglierne l’attenzione, anche a livello internazionale.
Ho amato e amo molto ancora tre artisti che lei ha inserito nei Nuovi nuovi, il nutrito movimento artistico che presentò in occasione della mostra da Lei curata, presso la Gam di Bologna, nella primavera del 1980, e cioè, Luigi Ontani, Salvo e Felice Levini.
Tra gli altri componenti di questo gruppo, durato tra l’altro pochissimo, confesso di conoscere poco il serioso lavoro del sempre gentile Giuseppe Salvatori.
Ritornando al nostro Super-Eroe Mariani, mi duole davvero contraddirLa, ribadendo quindi che la fredda pittura chirurgica cerebrale di Mariani non c’entra nulla con l’anacronismo, come invece sbrigativamente Lei sostiene, per poi salvarlo in extremis, alla fine del suo scritto commemorativo, che secondo me non gli rende molta giustizia e onore, perché ambiguo e poco spontaneo.
Continuo rispettosamente a contraddirLa quando afferma infatti che la pittura di Mariani nasce nei musei, come se fosse un semplice copista, dotato solo di una grande mano, migliore di quella degli altri presunti compagni di avventura. Eh no, caro Professore, non è così, perché la pittura di Mariani è intelligente e cerebrale, termini che preferisco a concettuale, e soprattutto ha origine nelle biblioteche, e sulla scia di de Chirico.

Carlo Maria Mariani, La costellazione del Leone, 1980. Collezione Gian Enzo Sperone. Photo © Claudio Raimondo

Carlo Maria Mariani, La costellazione del Leone, 1980. Collezione Gian Enzo Sperone. Photo © Claudio Raimondo

LA PITTURA DI CARLO MARIA MARIANI

Basterebbe d’altronde leggere quanto ha dichiarato su se stesso Carlo Maria, senza bisogno di fuorvianti aiuti critici esterni, magari anche condizionati da rapporti interpersonali non empatici, che possono risultare invece addirittura dannosi per l’artista, che al contrario è molto chiaro a spiegare e fare comprendere, da solo, i concetti del proprio lavoro.
Avrebbe infatti fatto bene ad accostarlo a Salvo e Ontani, per un autentico e spontaneo ritorno intelligente alla pittura, non commercialmente decisa al tavolino. Ci aveva visto bene, ma non ha insistito, o non ci ha creduto troppo, o forse, non ha potuto.
Tornando al punto cruciale, che è quello che mi duole di più, volendo allargare con un po’ di fantasia, ma sempre razionale, la rosa degli artisti eventualmente etichettabili come passatisti, secondo la teoria dominante, a cui Lei si affianca, dovrei inserire, oltre i già citati Luigi Ontani e Salvo, anche Luca Maria Patella, Giulio Paolini, Claudio Parmiggiani, Gino De Dominicis, Vettor Pisani, fino a Francesco Vezzoli, e altri artisti anche più giovani.
Ovvero chiunque faccia qualsiasi esplicito riferimento al passato, e non sia iconoclasta, o chiunque sappia dipingere in maniera sublime, evocando bellezza intellettuale, con la mano connessa a neuroni collegati da sinapsi attivissime, come il nostro Mariani.
Non dimenticherò mai quando a Spoleto un importante storico critico italiano, mi disse: “Mariani sta alla pittura, come Paolini sta all’Arte Povera“. “Il quid di differenza” e lo “scatto in avanti” tra Mariani e compagni (io direi amici), che lei non ha considerato o voluto vedere, Le è sfuggito, perché ha perseverato a considerarlo uguale agli altri, in quanto, secondo Lei, Mariani si sarebbe adeguato per intero ai modelli dei musei, da cui “rubava” le immagini, rifacendole con la perfezione di copista ed esagerando nel rivolgersi ai fantasmi del passato.
Ma il passato è sempre contemporaneo e in Arte non ci sono fantasmi, ma Maestri del passato, sempre presenti e fondamentali.

LO STILE DI MARIANI

Ancora nel suo articolo, Lei in maniera forse troppo forte, scrive di un museo degli orrori infrequentabile, quello degli anacronisti. Il concetto che sia culturalmente più salutare non frequentare tale museo lo condivido in pieno con Lei. Io penso comunque che Carlo Maria Mariani sia stato in grado di testimoniare l’assoluta imprescindibilità, anche in tempi moderni, delle scoperte formali dell’età classica.
Nei suoi quadri si vede infatti come l’artista abbia constatato come non ci fosse che un modo solo di rappresentare l’umano, e che questo fosse quello greco, l’unica modalità in grado di svolgere il salto quantico fra il nulla della superfice bianca del supporto e una immagine che su questo si veniva formando. I Greci, secondo me, ci arrivarono per vie che per noi non sono più perseguibili, le visioni dei riti eleusini e orfici, ma nell’arte di Mariani si mantiene aperta quella strada che mostra sempre la possibilità di riannodare il filo con noi stessi anche quando, come ora, potremmo perderci definitivamente.
Direi che Mariani in fin dei conti con la sua opera ha fatto “saltare il banco” definitivamente, nel modo più chiaro ed esplicito di tutti, dell’idea evolutiva del linguaggio che ai suoi tempi dominava ancora quasi incontrastato. Il fatto che abbia lavorato su formule desunte dal Neoclassicismo di fine Settecento, che a loro volta mostravano un richiamo diretto all’idea che la classicità potesse essere ripresa in toto senza variazione alcuna, voleva mostrare come fosse sempre possibile pensare una alternativa alla direzione che le avanguardie avevano delineato. Al punto tale che addirittura le opere stesse, desunte dalle avanguardie in una serie di suoi dipinti, si trovavano a essere affiancate alle figure classiche.
In ciò, secondo me, Mariani operava su un doppio livello: nel rappresentare gli oggetti di Duchamp o le teste di Picasso affiancate alle sue classicissime fisionomie, mostrava sì il livello paritetico fra queste realizzazioni e al contempo una sospensione del flusso temporale dove tutte le opere si trovano nel presente della rappresentazione pittorica, ma è proprio nel far ciò che alla fine egli mostrava che quella possibilità di uscita dal flusso temporale e l’eternizzazione che la rappresentazione assicura, è compito anche o prevalentemente della pittura (e della sua pittura figurativa tutta volta a rappresentare e non a essere strumento di espressione), nonostante il racconto spesso abusato del suo superamento con altri media.
Poi l’appropriazione, da parte di Mariani, in un altrove che è il passato, di oggetti o atmosfere apparentemente appartenenti a mondi diversi rende tutto contemporaneo nel suo lavoro, perché non c’è un utilizzo di tutto questo, con una semplice rielaborazione, bensì una negoziazione rappresentativa dell’illusione, guidata da un’altissima qualità pittorica, che esalta una bellezza intelligente, moderna e non post-moderna!!

Mostre in mostra. Carlo Maria Mariani. Installation view at Palazzo delle Esposizioni, Roma 2019. Photo © Paolo Darra

Mostre in mostra. Carlo Maria Mariani. Installation view at Palazzo delle Esposizioni, Roma 2019. Photo © Paolo Darra

L’ESEMPIO DI CARLO MARIA MARIANI

Adesso lui è volato via, ma portiamo rispetto alla sua sublime pittura, studiandolo ed estrapolandolo dal contesto in cui viene relegato “ad arte”. Alcuni degli anacronisti, più giovani tra l’altro di lui, saranno stati sicuramente suoi amici, altri conoscenti. Avranno condiviso pure qualche mostra. Insomma, gentile Professore, io non capirò niente d’arte, ma Lei in questa occasione mi ha deluso.
Le allego qualche stralcio di intervista del Maestro Mariani, rilasciata per Flash Art, che mi permetto di consigliarLe. Lei lo sa che Carlo Maria è morto alla stessa età di de Chirico e lo stesso giorno? Quando ho avuto la chance amicale di poterlo fare, mi sono confrontato sempre con Lui, in dialoghi costruttivi, interessanti e spontanei, apprendendo direttamente da lui le teorie e i concetti del suo lavoro. Per me Lui rimane unico e irripetibile, anche con le opere iniziali performative e fotografiche e la sua pittura iperrealista, che preludono, con coerenza, al successivo concettuale pittorico e a una importante biografia.
Ciao Carlo Maria. Hai lasciato l’Italia, deluso dal Sistema dell’Arte, ma ci sei sempre rimasto con le tue opere, che non hanno bisogno di nessun artificio e manipolazione per garantirsi l’immortalità. Sei stato sempre lontano da ciò e sei emigrato oltreoceano!! Un intellettuale perbene, mite e onesto!!

Antonio Martino

LA CONTRO-REPLICA DI RENATO BARILLI

Ho letto con interesse ma non con adesione lo scritto a favore di Carlo Maria Mariani di quel suo sostenitore oltranzista che commette l’errore di credere che porre un artista entro un gruppo sia un modo di diminuirlo, io da buon fenomenologo degli stili non lo credo, confermo che Mariani è il numero uno di un intero movimento, il che non è poco, inoltre ho pure aggiunto che il termine di Anacronismo è pù pertinente ed efficace di altri, come i miei stessi Nuovi nuovi e la Transavanguardia di ABO. Vorrei anche sapere dove era questo estremo sostenitore di Mariani quando io tra i primi lo innalzavo nella stima.

– Renato Barilli

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