Renato Barilli ricorda Christo, l’artista dell’impacchettamento

Il grande critico Renato Barilli racconta il suo rapporto con Christo: dal primo incontro in una galleria bolognese, passando allo scontro con Jeanne-Claude, fino al pellegrinaggio sul Lago d'Iseo.

Il mio primo incontro con un’opera di Christo (Gabrovo, 1935 – New York 2020) è avvenuto, agli inizi dei Sessanta, in una piccola galleria bolognese, la Duemila, di cui prima o poi si dovranno ricordare i meriti. Era gestita da Giancarlo Franchi, considerato da genitori e fratelli, facoltosi farmacisti, come una specie di “idiot de famille”, uso questo termine senza ritegno, visto che Sartre lo ha applicato al grande Flaubert.

IL PRIMO INCONTRO CON CHRISTO

Franchi, da noi detto familiarmente Gianchi, era un “candido”, un naïf, ma nello stesso tempo, come succede spesso, anche ricco di ingegno e di intuizione, e dunque un bel giorno mi mostrò un oggetto impacchettato, dicendo che era l’ultima novità proveniente da Parigi, e dovuta proprio a un tale Christo.
Al momento forse non fui di pronto accoglimento, magari già allora quella modesta prova poteva apparire una ripetizione scontata di una trovata del geniale Man Ray, che pure lui, tra tanti esperimenti, aveva fatto ricorso a un impacchettamento, come anche alla cancellazione di una scritta. Ma in seguito quel gesto in sé modesto, Christo lo avrebbe amplificato, ingrandito fino all’inverosimile, così come il nostro Isgrò avrebbe fatto pure lui col gesto del cancellare.
Io da loro ho ricavato un postulato principe per chi voglia capire tutta la portata delle neoavanguardie, ovvero del secondo Novecento, in cui non si è inventato nulla di nuovo, ma si è proceduto a una operazione magnifica di estensione, di ingrandimento sistematico, quasi col pantografo.

CHRISTO AL PAC DI MILANO

Frattanto nasceva anche la mia stretta amicizia col duo fondamentale Pierre Restany Guido Le Noci, dei quali ho sottoscritto con entusiasmo ogni impresa, e ovviamente quella del Nouveau Réalisme era al primo posto, e in essa brillava come stella di assoluta grandezza l’apporto di Christo. Tanto che mi impegnai a fondo perché Milano ricordasse adeguatamente quanto doveva proprio a Restany, e al suo movimento, che nella città ambrosiana aveva trovato la seconda, o forse addirittura la prima sede, con quella commemorazione a un decennio dalla nascita, nel 1970, che molti ricordano ancora con emozione. Poi Pierre se ne è andato, e io sono riuscito a dedicargli una bella mostra commemorativa al PAC di Milano, dove assolutamente doveva comparire, tra gli altri protagonisti, l’artista bulgaro-parigino newyorchese.
Pieno di entusiasmo, mandai un fax di invito alla sua attenzione, secondo le istruzioni che mi erano state date, dopo pochi minuti mi rispose la moglie, irata, dicendo che Pierre in realtà era stato un nemico di suo marito, non avendolo messo nella pattuglia iniziale dei novorealisti, e lasciandolo a morire di fame in uno squallido albergo parigino. Io obiettai che forse in quell’ora iniziale il grande Pierre aveva esitato un poco a includere nella sua squadra quella giovane recluta, ma poi si era prontamente ripreso, non mancando mai a tutte le inaugurazioni delle massime imprese via via più coinvolgenti uscite da quel suo perfetto allievo e compagno di via, come testimoniano tante lettere.
Ma si sa, la moglie di Christo, mi avevano avvisato, aveva un pessimo carattere, forse dovuto a un padre militare che l’aveva lasciata grintosa, avendo l’intero universo “in gran dispitto”. Dovetti aggirare quel divieto, dato che per me una rievocazione del Nouveau Réalisme non poteva essere priva della enorme presenza di questo artista. Per fortuna la Galleria Tega lo aveva preso a mano, e ricorremmo al solito sotterfugio, di far partecipare alla mostra i lavori di collezionisti privati, ai quali è difficile negare il diritto di fare dei lavori di loro proprietà un libero uso. E dunque, nella mostra al PAC, Christo ebbe un’intera parete, di quelle sue topografie inverate da qualche brano collagistico.

Christo, The Mastaba of Abu Dhabi (Project for United Arab Emirates), Scale model 1979, 82.5 x 244 x 244 cm, enamel paint, wood, paint, sand and cardboard. Photo: Wolfgang Volz © 1979 Christo

Christo, The Mastaba of Abu Dhabi (Project for United Arab Emirates), Scale model 1979, 82.5 x 244 x 244 cm, enamel paint, wood, paint, sand and cardboard. Photo: Wolfgang Volz © 1979 Christo

PIERRE RESTANY E CHRISTO

In seguito fui invitato alle celebrazioni che pure Parigi si sentì in obbligo di mettere in cantiere verso quel suo grande critico, si trattò del “demi siècle de  Restany”, esattamente un anno dopo la mostra al PAC. E non per nulla io resi omaggio a Pierre proprio nella persona di Christo, considerandolo una delle vette della sua attività critica, ma quel convegno fu mal concepito, in quanto diede troppa attenzione alla prima fase di Restany, fermandosi agli elogi dell’“Abstraction lyrique”.
Il mio intervento su Christo fu visto come indebito, come improprio, e dunque escluso dagli atti. Naturalmente, come tutti, non ho mancato di andare in devoto pellegrinaggio quando egli ci ha regalato una delle sue massime imprese, la doppia diga o passerella sul lago Iseo.
In conclusione, con lui se n’è andato uno dei simboli, degli esponenti più intensi del “demi siècle”, per riprendere la formula usata per Restany, un artefice capace di produrre monumenti concorrenziali rispetto alle massime creazioni dell’umanità, le Piramidi, la Muraglia Cinese, con la differenza che egli ha capito un’altra verità del nostro tempo, che la materia può anche scomparire, tanto a eternare le opere ci resta la realtà virtuale delle immagini elettroniche.

Renato Barilli

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Renato Barilli

Renato Barilli

Renato Barilli, nato nel 1935, professore emerito presso l’Università di Bologna, ha svolto una lunga carriera insegnando Fenomenologia degli stili al corso DAMS. I suoi interessi, muovendo dall’estetica, sono andati sia alla critica letteraria che alla critica d’arte. È autore…

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