Musei e digitale. Intervista a Luisella Mazza

Prosegue il dibattito sulle connessioni tra musei e universo digitale. Parola a Luisella Mazza, head of operations al Google Cultural Institute.

Dalla digitalizzazione delle opere ai video immersivi a 360 gradi. Ecco cosa fa Google per il patrimonio culturale dell’umanità, dalla viva voce di Luisella Mazza, italiana che lavora per l’azienda di Mountain View dal 2005.

Com’è nata l’idea in Google di occuparsi così direttamente di arte e cultura?
È iniziata con una domanda: come utilizzare la tecnologia di Google per preservare e rendere accessibile l’arte? Nata con il nome di Google Art Project, questa avventura comincia nel 2011 con diciassette musei partner in tutto il mondo, in Italia la Galleria degli Uffizi. Si trattava di uno di quei progetti noti come 20%, nei quali i Googler, soprattutto nell’ambito engineering, possono dedicare parte delle proprie ore lavorative alla creazione di progetti e iniziative che esulano dalle loro attività lavorative quotidiane.

Quali sono le ragioni di questa diffusa attenzione?
La missione di Google è rendere le informazioni dal mondo intero più accessibili per tutti gli utenti, incluse le informazioni sull’arte e la cultura. Google Art Project, oggi evolutosi in Google Arts&Culture, si inserisce ancora oggi in questa missione.

Dopo una prima fase di pura “digitalizzazione”, gli strumenti offerti e il supporto di GAC sono divenuti via via più sofisticati e capaci di supportare un’elaborazione, quasi allestitivi. È questo uno degli obiettivi?
Le conversazioni con gli esponenti del settore sono cambiate e si sono evolute nel corso degli anni, e sicuramente ci hanno fornito molti spunti per migliorare l’offerta per i musei partner. Ad esempio, uno degli obiettivi richiesti era di rendere la digitalizzazione in alta risoluzione – ossia in gigapixel – più semplice e veloce. Un’immagine in gigapixel è particolarmente importante per i nostri partner: è composta da oltre un miliardo di pixel e quindi permette di far risaltare dettagli invisibili a occhio nudo. Per questo nel 2016 abbiamo creato Art Camera, una speciale macchina fotografica robotizzata che permette di riprendere opere d’arte in altissima risoluzione e in tempi rapidi. Ad esempio, un’opera d’arte di dimensioni piccole-medie (un metro per un metro) può essere elaborata in solo mezz’ora.

I musei italiani sono aperti al dialogo e alle nuove tecnologie: lo dimostra anche il fatto che abbiamo oltre cento istituzioni culturali partner in Italia, il maggior numero tra i Paesi europei su Google Arts&Culture”.

Quali strumenti e progetti proporrete per i prossimi anni?
Continuiamo ad ascoltare i feedback dei nostri partner e a sviluppare nuove tecnologie, in particolare attraverso il Google Cultural Institute Lab, il “crocevia” dove comunità tecnologiche e creative si uniscono per condividere idee e scoprire nuovi modi di vivere l’arte e la cultura. Sebbene non possiamo elaborare nei dettagli, stiamo lavorando per ampliare alcune tra le tecnologie sviluppate di recente nel Lab, come la realtà virtuale sperimentabile tramite Google Cardboard, le nuove caratteristiche dell’app Google Arts & Culture e gli esperimenti nati dalla collaborazione con programmatori creativi, come X Degrees of Separation e Free Fall.

Ci parli un po’ di numeri e statistiche? Musei, opere, mostre: quanti sono? E i visitatori?
I musei e le istituzioni culturali partner sono oltre 1.500 da oltre 70 Paesi e hanno reso disponibili online sulla piattaforma oltre 6 milioni di immagini e oltre 9.000 mostre digitali curate da esperti. I visitatori superano i 43 milioni all’anno, con oltre 175 milioni di visualizzazioni di contenuti. Infine, i contenuti su YouTube hanno ricevuto 5.2 milioni di visualizzazioni all’anno e ci sono oltre 348.000 persone che ci seguono sui social media.

Che clima e attitudine vi trovate ad affrontare in relazione ai musei italiani?
I musei italiani sono aperti al dialogo e alle nuove tecnologie: lo dimostra anche il fatto che abbiamo oltre cento istituzioni culturali partner in Italia, il maggior numero tra i Paesi europei su Google Arts&Culture. In generale, il dialogo con i musei sul digitale è un capitolo ancora aperto. Uno degli esempi più recenti del clima di apertura dei musei italiani è il progetto lanciato recentemente con la Galleria Nazionale di Roma. Grazie a questa collaborazione, il museo ha portato online oltre 170 opere digitalizzate in altissima risoluzione, compiendo la nostra maggiore operazione di digitalizzazione di opere in un singolo museo in Italia tramite Art Camera; inoltre ci ha chiesto di pensare a un’iniziativa creativa speciale, così abbiamo creato insieme la residency dell’artista Paco Cao. Il risultato è stato la performance Control, espressa dall’artista tramite Tilt Brush, la tecnologia di Google per dipingere in tre dimensioni.

Quali expertise sta sviluppando GAC a seguito di queste esperienze con le istituzioni culturali?
Il contatto con le istituzioni è determinante per ampliare e migliorare continuamente la nostra offerta. Un esempio è stato l’ampliamento delle collaborazioni tecniche con istituzioni culturali che scelgono di condividere un numero sempre maggiore di opere d’arte, per rendere disponibili online le loro collezioni nel modo migliore. Abbiamo collaborato, ad esempio, con il Rijksmuseum di Amsterdam, che ha portato online oltre 300mila opere d’arte della collezione su Google Arts&Culture, ma anche con il Natural History Museum di Londra, che ha condiviso l’intera collezione di oltre 300mila opere immagini scientifiche. Un altro esempio potrebbe essere l’utilizzo della digitalizzazione a 360 gradi che, con la collaborazione dei partner, ci ha portato a “entrare” virtualmente in performance straordinarie come quella del balletto dell’Opéra di Parigi, o in atmosfere emozionanti come quelle del Palio di Siena, tramite i video immersivi a 360 gradi.

È un settore sul quale Google intende investire anche nei prossimi anni?
Il settore è in continua evoluzione e senza dubbio siamo impegnati a fianco dei nostri partner sul lungo termine.

Ci segnali un libro che consiglieresti a tutti i professionisti museali italiani?
Non ho la presunzione di consigliare un libro a chi si occupa di tutelare e preservare il nostro patrimonio culturale. Tuttavia un testo che personalmente trovo fonte di continui stimoli è La storia del mondo in 100 oggetti di Neil MacGregor, direttore fino al 2015 del British Museum. L’interpretazione, la rilettura e la storia di questi cento oggetti – da una punta di freccia alla carta di credito, tutti selezionati dalle collezioni del British Museum – sono un’ispirazione a creare connessioni e riflessioni sul passato e sul presente originali e inaspettate.

Maria Elena Colombo

https://artsandculture.google.com/

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #42

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