Creatività e resilienza. Le istituzioni culturali fronteggiano i tagli dell’amministrazione Trump
I tagli alla cultura della amministrazione Trump hanno fatto tremare il settore, a partire dai musei fino alla conservazione. Come uscire da questa impasse?

Nei primi cento giorni dell’amministrazione Donald Trump, ci siamo abituati a una pioggia di annunci che hanno toccato ambiti diversi e livelli di governo molteplici, alcuni attesi, altri meno prevedibili. Tra i settori coinvolti non è mancata la cultura, che ha subito tagli significativi ai finanziamenti pubblici. Le conseguenze sono state profonde, incidendo sulla gestione, promozione e conservazione del patrimonio culturale e delle arti in senso ampio.
Questi tagli hanno destato preoccupazione tra gli operatori del settore che operano oltreoceano, timorosi di un deterioramento delle infrastrutture culturali e di un accesso ridotto alla cultura per il pubblico. Sebbene le istituzioni culturali americane si siano da sempre mosse in una logica di mercato, la discussione pubblica ha riportato in primo piano il ruolo cruciale del finanziamento pubblico, sottolineando i rischi derivanti dalla sua riduzione.
USA: un impatto tangibile su settori chiave
Musei e biblioteche sono stati tra i primi a risentire dei tagli. La riduzione di 270 milioni di dollari ai fondi dell’Institute of Museum and Library Services (IMLS) ha avuto effetti pesanti soprattutto sulle comunità più vulnerabili, privandole di servizi fondamentali come programmi di alfabetizzazione, accesso a risorse digitali e supporto educativo. In molti casi, le biblioteche hanno ridotto le loro attività o chiuso del tutto, segnando una brusca frenata nell’accesso democratico alla cultura e alla conoscenza.
Anche le arti visive hanno subito un duro colpo: la diminuzione dei finanziamenti ha messo a rischio la conservazione di oltre 26.000 opere d’arte pubbliche negli Stati Uniti. La chiusura di uffici regionali e il licenziamento di personale addetto alla conservazione hanno avuto effetti concreti, con casi emblematici come l’opera “Flamingo” di Alexander Calder a Chicago.
Il settore della conservazione del patrimonio culturale ha visto ridursi in modo significativo il proprio sostegno. Il World Monuments Fund, ad esempio, ha perso oltre 800.000 dollari in sovvenzioni governative, compromettendo progetti di restauro e tutela in paesi come Algeria, Benin, Egitto, Guinea Equatoriale, Sierra Leone, Ucraina e Iraq.
La sospensione dei finanziamenti ha rallentato o bloccato numerosi interventi, lasciando molti siti storici vulnerabili al degrado e alla distruzione. In parallelo, la capacità di organizzare mostre ed eventi si è drasticamente ridotta, limitando le occasioni di incontro tra pubblico e arte.
USA: la cultura a un bivio
Oltre all’impatto economico diretto, si fa strada una conseguenza più sottile ma potenzialmente più pericolosa: la perdita di legittimità del ruolo pubblico della cultura. La riduzione dei finanziamenti federali può essere interpretata come un segnale politico sulla presunta irrilevanza delle istituzioni culturali, con effetti a catena sulla raccolta fondi privata e sulla partecipazione del pubblico.
Questo rischio tocca soprattutto le realtà più piccole, innovative e sperimentali — proprio quelle che più contribuiscono al rinnovamento culturale — mentre le grandi istituzioni, più strutturate e consolidate, riescono a difendersi meglio grazie alla loro reputazione e capacità di attrarre capitali.
In questo contesto critico, la risposta più efficace arriva dalle stesse istituzioni, e passa per la qualità del loro management: la capacità di leggere il contesto e disegnare strategie sostenibili nel lungo periodo è oggi cruciale. Mai come ora le competenze gestionali contano.
Queste competenze si traducono, innanzitutto, nella capacità di costruire reti e alleanze. Collaborare con altre istituzioni culturali, università o organizzazioni non profit consente di mettere in comune risorse, competenze e visibilità, rafforzando così l’impatto delle singole iniziative. Un esempio è la partnership tra il Getty Museum di Los Angeles e l’Università della California, che ha dato vita a una serie di mostre e programmi educativi di grande successo, amplificando il coinvolgimento del pubblico e l’efficacia della missione culturale.

Il caso del San Francisco Museum of Modern Art
Un secondo ambito strategico è quello dell’ottimizzazione delle risorse: rivedere i processi interni per contenere i costi senza compromettere la qualità dell’offerta culturale. Un esempio è quello del San Francisco Museum of Modern Art, che ha avviato un programma di volontariato grazie al quale è riuscito a ridurre i costi operativi, migliorando allo stesso tempo la qualità e l’efficienza dei servizi offerti al pubblico.
Contenere i costi non è però sempre possibile e diventa fondamentale diversificare le fonti di finanziamento: oggi più che mai, non è sostenibile affidarsi esclusivamente ai fondi pubblici. Sponsorizzazioni, partnership con il settore privato, campagne di crowdfunding e donazioni da parte di individui o fondazioni rappresentano leve strategiche per garantire la sostenibilità delle istituzioni culturali. Tuttavia, queste forme di sostegno richiedono una visione di lungo periodo e un impegno continuo nella costruzione di comunità coinvolte, consapevoli e partecipi.
Una sfida da affrontare insieme
Nonostante i tagli, esistono strumenti concreti per reagire. Strategie innovative, nuove forme di collaborazione e una solida capacità di adattamento possono permettere alle istituzioni culturali di attraversare anche le fasi più critiche, trasformando le difficoltà in occasioni di ripensamento e crescita. La cultura, del resto, è un patrimonio collettivo che va non solo protetto, ma alimentato costantemente, reso vivo attraverso l’accesso, la partecipazione e la condivisione.
Come ci insegnano la storia e le teorie dell’innovazione, momenti di incertezza possono essere occasioni di cambiamento e rinnovamento, Le istituzioni devono continuare a immaginare e sperimentare nuovi modi per coinvolgere il pubblico, rafforzare il dialogo con le comunità e costruire legami duraturi anche al di fuori dei canali tradizionali. In un contesto instabile, la sostenibilità passa dalla capacità di rinnovarsi senza perdere di vista la propria missione.
È proprio nella professionalità, nella visione strategica e nell’impegno quotidiano dei suoi operatori che il settore culturale può trovare la chiave per affrontare queste sfide. Perché la resilienza, in fondo, è già cultura: è la capacità di resistere cambiando, di preservare innovando, di continuare a generare senso anche nei momenti di incertezza.
Piergiacomo Mion Dalle Carbonare
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