La Svezia lascia tutto aperto tranne i musei. Perché? Una risposta dal Moderna Museet di Stoccolma

La Svezia è stata recentemente annunciata dall’Oms come un modello da seguire. Mentre tutte le attività rimangono aperte, i musei sono chiusi fino a data da definirsi. Dal Moderna Museet ci hanno dato una spiegazione.

La gente pensa che la Svezia non abbia fatto nulla, ma questo non potrebbe essere più falso“, ha affermato Mike Ryan, capo del Programma di emergenze sanitarie dell’Organizzazione mondiale della sanità, in una scorsa conferenza stampa. “La Svezia ha messo in atto misure di salute pubblica molto forti. Quello che ha fatto di diverso è essersi basata su un rapporto di fiducia con la cittadinanza“. In un momento molto delicato in cui gli stati europei si stanno cimentando nella sfida della riapertura dopo il duro colpo inflitto dalla pandemia, la Svezia rappresenta un caso a se stante. Proclamata addirittura come “modello da seguire”, secondo l’Oms, lo stato scandinavo durante questi mesi ha lasciato aperti i bar, i ristoranti, i parchi e le scuole. Non si è trasformata nello “stato sceriffo” come nel caso italiano, e ha continuato ad assistere la popolazione diramando numerose linee guida e tenendo sotto controllo la saturazione degli ospedali. Cavandosela tutto sommato con un numero contenuto di morti e contagiati e riuscendo ad evitare di cadere in una crisi economica critica.

Stoccolma pexels photo

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EMERGENZA CORONAVIRUS IN SVEZIA: UN MODELLO VINCENTE?

Se dobbiamo arrivare a un nuovo modello di vita di ritorno alla società senza nuovi lockdown, penso che la Svezia possa essere un esempio da seguire”, ha proseguito Mike Ryan durante la conferenza. “Stanno capendo come convivere con il virus in tempo reale, il loro modello è una strategia forte di controllo e una forte fiducia e collaborazione da parte della comunità. Vedremo se sarà un modello di pieno successo o meno“. La Svezia ha insomma adottato la strategia della fiducia e della responsabilizzazione dei suoi cittadini, contro la tattica, in Italia ampiamente sperimentata, del “multe e denunce”. Un modello vincente, un modello da esportare, secondo il referente dell’Oms. Un assunto che tuttavia fa sorgere non pochi dubbi: la Svezia è stata fin da principio decisa a non applicare divieti stringenti sui propri cittadini, conscia del fatto di poter contare sulla loro autoregolamentazione, su un costume sociale che non favorisce granché i contatti fisici e su ampi spazi verdi. Tutti punti a suo favore, ma non è detto che automaticamente funzionino da altre parti. In effetti, basta consultare la sezione FAQ dell’Agenzia per la Salute Pubblica svedese www.folkhalsomyndigheten.se per capire che le linee guida sono tante e precise. A mancare però, sono dei punti di chiarimento a proposito della situazione dei musei, chiusi a partire dal 20 marzo fino a data da stabilirsi. Le istituzioni culturali, infatti, sono state le uniche a subire la chiusura governativa assieme agli eventi sportivi e ai raduni che contano più di 50 persone. Perché?

Stoccolma pexels photo

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MUSEI CHIUSI IN SVEZIA: RISPONDE LA PORTAVOCE DEL MODERNA MUSEET

Cercando di confrontarci con i diretti interessati, abbiamo ricevuto la testimonianza di Kristin Lundell, dell’ufficio stampa del Moderna Museet di Stoccolma, chiuso da metà marzo fino a data ancora da destinarsi. “Dal momento che il governo ha esortato la gente a non viaggiare o stare in società – e lasciare la viabilità libera a coloro che devono viaggiare a lavoro – non ha ritenuto giusto tenere i musei aperti. Sia perché questo avrebbe indotto le persone a recarvisi, generando mobilità, sia per tutelare il personale museale, il quale potrebbe essere maggiormente esposto al contagio”, spiega Lundell ad Artribune. E conferma l’approccio adottato da questo paese, quello della responsabilizzazione dei cittadini che non si è certo tramutato in un “liberi tutti”. Prosegue, “penso che le persone al di fuori della Svezia abbiano l’impressione che viviamo come prima, il che non è affatto vero. Sì, siamo autorizzati ad andare ovunque, ma ci viene chiesto di non farlo. La società non è in un vero lockdown, ma nessuno vive come prima. Alla gente viene chiesto di rimanere a casa e la maggior parte di noi lo fa. Ecco perché il museo non è aperto al momento. È un atto di responsabilità”.

Sailboat Water Stockholm Ship via pexels

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EMERGENZA CORONAVIRUS IN SVEZIA: TUTTO APERTO MA NON I MUSEI

La questione viene vista, ancora una volta, sotto la lente della responsabilità. Una situazione che pare non causare instabilità, se pensiamo agli scenari distopici che si stanno verificando nel sistema artistico americano, ad esempio, con numerosissimi licenziamenti tra importanti musei e gallerie. Eppure, rimane chiaro che, al netto degli ampi spazi interni ed esterni di cui generalmente godono le grandi collezioni museali, la probabilità di infettarsi non sia più alta che tra i tavolini di un bar. Con tutta la fiducia per il modello svedese, considerato addirittura la migliore gestione dell’emergenza, non è da escludere che dietro ci sia anche un mero calcolo economico: considerando il pubblico locale, quindi ristretto, che avrebbe ipoteticamente visitato i musei se questi fossero rimasti aperti durante questo periodo, i costi avrebbero potuto superare gli indotti. Tenere chiuso, insomma, forse è convenuto non solo alla salute pubblica, ma anche a quella del bilancio museale. Considerazioni simili, tuttavia, stanno preoccupando anche le nostre istituzioni culturali (qui l’inchiesta di Artribune) quelle che se tutto andrà come sembra potranno riaprire i battenti il 18 maggio.

– Giulia Ronchi

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Giulia Ronchi

Giulia Ronchi

Giulia Ronchi è nata a Pesaro nel 1991. È laureata in Scienze dei Beni Culturali all’Università Cattolica di Milano e in Visual Cultures e Pratiche curatoriali presso l’Accademia di Brera. È stata tra i fondatori del gruppo curatoriale OUT44, organizzando…

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