Crisi coronavirus: il MoMA di New York chiude il dipartimento educativo. Centinaia i licenziamenti

Il sistema dell’arte americano attraversa una profonda crisi: uno dei più ricchi musei al mondo ha inviato una mail a tutti i lavoratori del dipartimento didattico comunicando la fine di ogni retribuzione dopo il 30 marzo. E la situazione non va meglio nelle altre realtà culturali del Paese.

La pagina storica che si sta scrivendo in USA è indiscutibilmente nera. Il Paese più colpito al mondo secondo i dati ufficiali, in cui i contagi hanno ormai superato quota 600 mila, sta affondando anche in una grave crisi economica. Il sistema dell’arte segue a ruota il tragico trend: alla chiusura a tempo indefinito di tutte le attività, molti musei stanno rispondendo con drastici tagli al personale. Lo stesso vale per il mondo delle case d’asta e delle gallerie. Vi avevamo parlato del caso di Pace Gallery che, nonostante i tagli degli stipendi dei dirigenti e altre misure adottate per cercare di attutire il colpo, è finita per eliminare il 25% dei dipendenti della sede di New York. Ad impressionare, è la situazione paradossale: non stiamo parlando di realtà marginali, bensì di attività e istituzioni che fino a ieri procedevano in un’espansione ambiziosa che pareva inarrestabile: detenendo l’oligopolio delle vendite di opere nel caso delle gallerie, oppure ricevendo lauti indotti e fondi da privati e magnati in quello dei musei. Il re è nudo? Emblematico è il caso del MoMA, tra i musei più ricchi al mondo, che ad ottobre aveva inaugurato la nuova faraonica sede costata quasi mezzo miliardo di dollari. 

LA CRISI E I LICENZIAMENTI AL MOMA DI NEW YORK 

A causa della chiusura a tempo indeterminato del Museo, abbiamo dovuto renderci conto della dolorosa realtà che non ci saranno nuovi incarichi contrattuali da offrire al gruppo di eccellenti educatori freelance che lavorano nei musei di tutta la città, incluso il MoMA. Siamo profondamente grati per i loro precedenti contributi al Museo. Auguriamo a loro e ai loro cari sicurezza e salute in questo momento difficile”, è stato il commento di un portavoce rilasciato a Hyperallergic, che ha indagato sul taglio di costi e personali dell’istituzione newyorkese. A chiudere, infatti, è l’intero dipartimento didattico del MoMA di New York, che conta un centinaio di addetti, molti di questi lavoratori freelance. Una decisione sofferta, a tratti incomprensibile, per un museo che aveva da poco rilanciato il proprio ruolo educativo mettendo online gratuitamente veri e propri corsi di storia dell’arte. Inoltre, in un momento in cui tutte le attività sono digitali, quella didattica è una delle principali componenti che può essere impiegata con laboratori online, tour per i più piccoli, tutorial. 

NIENTE PIÙ DIDATTICA AL MOMA DI NEW YORK

Ma pare che tutto questo non sia stato preso in considerazione da uno dei musei più rinomati d’America che anzi, alla fine dell’email in cui avvisava tutti gli operatori che non sarebbero stati retribuiti oltre il 30 marzo, ha concluso: “passeranno mesi, se non anni, prima che possiamo tornare al budget e ai livelli operativi necessari per richiedere servizi didattici”. È difficile puntare il dito contro un’istituzione costretta a far fronte a scelte difficili, all’interno di un Paese che – non è difficile immaginarlo – non si affretterà a correre in soccorso al mondo culturale e alle sue perdite. Altrettanto arduo, però, è comprendere come un museo del calibro del MoMA, che opera sulla qualità espositiva tanto quanto sui servizi offerti al pubblico, potrà risollevarsi da questa grossa caduta di immagine. Che fa passare il messaggio di un opzionale ruolo educativo dell’istituzione. 

LA SITUAZIONE DEGLI ALTRI MEGA MUSEI AMERICANI

Non se la passano meglio le altre realtà culturali sul suolo a stelle e strisce. Secondo Laura L. Lott, presidente e CEO dell’American Alliance of Museums, i musei negli Stati Uniti stanno attualmente perdendo almeno $ 33 milioni al giorno. Mentre il Whitney Museumdi New York ha rassicurato i propri dipendenti del dipartimento didattica, comunicando, “il programma messo a punto per la crisi COVID-19 consentirà al nostro team di liberi professionisti di continuare a lavorare, anche se il museo è chiuso“, il direttore Adam Weinberg ha dichiarato che sono 76 dipendenti licenziati, selezionati tra il personale dei servizi di accoglienza ai visitatori e coloro che sono stati assunti negli ultimi due anni. Al contempo, il MASS MoCA– Massachusetts Museum of Contemporary Art, ha annunciato la scorsa settimana licenziamenti per 120 dei suoi 165 impiegati per ogni dipartimento. Secondo WBUR, il canale di informazione di Boston, si tratta di un museo che ha una dotazione economica relativamente scarsa (poco più di 12 milioni di dollari dal 2018), e che fa affidamento sugli indotti provenienti dai biglietti di ingresso e sulla comunità di membri che lo sostiene. Alcune istituzioni si sono organizzate con fondi di sostegno agli artisti (qui l’articolo completo): il J. Paul Getty Trustha attivato un fondo di 10 milioni di dollari destinati alle arti visive di Los Angeles, mentre la Andrew W. Mellon Foundationha contribuito a creare un altro fondo di soccorso da 10 milioni di dollari mettendo assieme ventitré fondazioni. Aiuti pensati perlopiù per gli artisti. Per quanto riguarda i sussidi di disoccupazione concessi dal governo per lavoratori freelance e precari, invece, ci sarà ancora da attendere.

– Giulia Ronchi

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Giulia Ronchi

Giulia Ronchi

Giulia Ronchi è nata a Pesaro nel 1991. È laureata in Scienze dei Beni Culturali all’Università Cattolica di Milano e in Visual Cultures e Pratiche curatoriali presso l’Accademia di Brera. È stata tra i fondatori del gruppo curatoriale OUT44, organizzando…

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