Armory Show 2022. Il report dalla fiera di New York

Tra conferme e novità si è appena concluso l’Armory Show, la fiera d’arte moderna e contemporanea di New York. L’abbiamo visitata, chiedendo ai galleristi italiani com’è andata questa edizione. Ecco cosa ci hanno raccontato

La fiera d’arte più longeva di New York ha aperto le porte della sua ventottesima edizione. Dal 9 all’11 settembre, per il secondo anno successivo, le oltre 240 gallerie provenienti da 30 paesi del mondo, si appropriano degli spazi del polo fiere e congressi Javits Center. Giovedì, la giornata inaugurale, riservata alla stampa e agli ospiti VIP, si è svolta con una buona partecipazione di pubblico che nella nuova sede espositiva si è mosso con più agio rispetto agli spazi spesso troppo affollati dei pier che per anni avevano ospitato l’evento. Gli stand, ben distribuiti intorno alla sezione Platform dedicata a installazioni di grande scala, risultano ariosi e allo stesso tempo intimi, restituendo alla fiera un carattere di sobrietà che la distingue da tanti altri appuntamenti del genere nel calendario artistico americano. Le grandi gallerie ne hanno approfittato per portare presentazioni ricche di pezzi forti del proprio portfolio accostati a nuove scommesse. La parigina Templon mescola lavori di Kehinde Wiley, Omar BA, Ed & Nancy Kienholz e Jim Dine in un allestimento forse un po’ pop ma efficace. Kasmin propone un’ampia selezione dei suoi artisti, con opere, tra gli altri, di Vanessa German e Lyn Liu e con un risultato ricco di stimoli, seppure un poco caotico. Al contrario, David Zwirner dedica l’intero stand a due soli artisti, Chris Ofili e Huma Bhabha, dagli stili molto distanti ma i cui lavori trovano nello spazio espositivo un magico equilibrio dinamico. Pochissima la fotografia, con rare gradite eccezioni, come quella di Higher Pictures che, all’interno della sezione Presents, dedicata alle giovani gallerie, porta una selezione delle fotografie di Nona Faustine, parte del progetto White Shoes.

Il booth di Vistamare. Foto: Maurita Cardone

Il booth di Vistamare. Foto: Maurita Cardone

ARMORY SHOW 2022. IL RITORNO DEGLI ITALIANI

Archiviate le restrizioni di viaggio dovute alla pandemia che l’anno scorso avevano costretto molte gallerie europee a rinunciare all’appuntamento newyorchese, quest’anno sono tornati molti grandi nomi italiani. Alfonso Artiaco, da Napoli, arriva con una selezione di ritratti di Mao di Andy Warhol. Massimo De Carlo, tra gli altri, mette in dialogo lavori di Mike Henderson e Spencer Lewis. Vistamare arriva con l’immancabile Ettore Spalletti, di cui è in corso una mostra nella sua sede di Pescara fino a fine febbraio, e che qui è presentato accanto a Joseph Kosuth, Mimmo Jodice e Rosa Barba. Cardi presenta opere di Bosco Sodi e Paolo Canevari, accostate a quelle del newyorchese d’adozione, Davide Balliano. Attingono al bacino di artisti italiani a New York anche Francesca e Massimo Minini che, con uno stand condiviso, portano un lavoro in ceramica di Francesco Simeti, accostato a un Tappeto natura di Piero Gilardi, in omaggio alla mostra in corso da Magazzino Italian Art, e a dei Segni Grigi su sicofoil di Carla Accardi. La stessa artista la troviamo anche da Mazzoleni che presenta un progetto dedicato a quattro artiste di quattro diverse generazioni: Melissa McGill, Marinella Senatore e Rebecca Moccia, oltre alla già citata Accardi.

ARMORY SHOW 2022. INTERVISTE AI GALLERISTI ITALIANI

“Sono quattro artiste molto differenti tra loro, ma con qualcosa in comune”, ci spiega Jose Graci, direttore Mazzoleni Londra, “il rapporto con l’uomo e con l’essere”. Alla fine della prima giornata di fiera, nello stand della galleria torinese, che all’Armory viene da dieci anni, c’era soddisfazione: “C’è stato molto movimento, abbiamo incontrato nuovi collezionisti, avuto contatti importanti e avviato trattative su diversi pezzi”, dice ancora Graci.  Tra gli italiani, tutti si dicono contenti del cambio di sede e di poter finalmente tornare all’appuntamento artistico più atteso di New York, occasione per molti di far conoscere l’arte italiana da questa parte dell’oceano. La galleria Cortesi ne ha approfittato per portare molti degli artisti che la caratterizzano, quelli del dopoguerra italiano: “cerchiamo di portare quelli che sappiamo funzionano di più negli USA, come Fontana, Castellani, Boetti e Bonalumi che qui riscuote sempre molto successo, credo che per molti rappresenti un primo passo, dalla storia importante ma dai prezzi piuttosto contenuti, per avvicinarsi a quel periodo”, dice ad Artribune il direttore, Camilla Romeo. Oltre alla storia, la galleria è arrivata a New York equipaggiata per il futuro, con una porzione dello stand riservata agli NFT a cui, da inizio anno, Cortesi ha deciso di dedicare una nuova sezione, C-VERSO. “Sono opere di arte generativa”, ci spiega Lorenzo Cortesi, “sono state create con codici scritti da delle persone reali. E stanno riscuotendo un enorme interesse, siamo stati letteralmente assaliti dal pubblico, soprattutto collezionisti tra i 30 e i 40 anni”.

Lo stand di Francesca e Massimo Minini. Foto: Maurita Cardone

Lo stand di Francesca e Massimo Minini. Foto: Maurita Cardone

ARMORY SHOW 20220. L’AMERICA LATINA

Tanta l’Italia in mostra, anche fuori dai booth delle gallerie italiane, ma non è stata l’Europa a dominare questa edizione dell’Armory. Il ruolo da protagonista, infatti, è andato all’America Latina. Per la prima volta nella storia della fiera, infatti, tre curatori con campi di ricerca simili e un focus su una specifica area geografica sono stati chiamati a curare le sezioni Focus e Platform e a organizzare il Curatorial Leadership Summit. La sezione Focus è curata da Carla Acevedo-Yates del Museum of Contemporary Art Chicago, la sezione Platform è curata da Tobias Ostrander della Tate di Londra, mentre il summit è presieduto da Mari Carmen Ramírez del Museum of Fine Arts di Houston. La ricerca dei tre curatori si riflette in una consistente presenza di gallerie e artisti del Sud America e della diaspora latina, con l’esuberanza giamaicana dell’immenso pavone di Ebony Patterson o l’umoristica critica sociale colombiane dei monumenti trasformati in fioriere di Ivan Argote.

Il booth di David Zwirner. Foto: Maurita Cardone

Il booth di David Zwirner. Foto: Maurita Cardone

ARMORY SHOW 2022. IL PROGRAMMA “SPOTLIGHT”

Novità di quest’anno è Spotlight, programma all’interno del quale la fiera offre uno spazio gratuito a una istituzione culturale newyorchese. Per questa prima edizione, l’Armory ha voluto celebrare The Kitchen, storico spazio culturale non profit di Chelsea, che, a una settimana dalla chiusura per ristrutturazione della sua sede, presenta uno stand fatto di materiale d’archivio attraverso cui racconta i suoi 50 anni di attività, connettendo i puntini attraverso la musica, che il visitatore può scegliere e ascoltare da un monitor al centro del booth. Altra novità dell’edizione 2022 è un’espansione del programma Off-site con cui l’anno scorso la fiera ha lanciato una serie di installazioni di arte pubblica in giro per la città. Quest’anno, oltre ad aver installato opere dal Flatiron al Greenwich Village, Armory Off-site at US Open porta cinque sculture presentate da cinque diverse gallerie nel polo sportivo che ospita la competizione di tennis le cui finali si tengono, in contemporanea con l’Armory, durante il weekend.

– Maurita Cardone

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Maurita Cardone

Maurita Cardone

Giornalista freelance, abruzzese di nascita e di carattere, eterna esploratrice, scrivo per passione e compulsione da quando ho memoria di me. Ho lavorato per Il Tempo, Il Sole 24 Ore, La Nuova Ecologia, QualEnergia, L'Indro. Dal 2011 New York è…

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