Spazi non profit ad ArtVerona: parola a Giulia Floris, curatrice di Lab1

Qual è il ruolo dello spazio non profit all’interno del sistema dell’arte? In che modo queste realtà possono dialogare con le istituzioni? Qual è l’identità di un simile progetto all’interno della fiera veronese? Ce lo ha spiegato la curatrice di Lab1, in questa intervista.

La fiera veronese, che apre le sue porte al pubblico dal 15 al 17 ottobre 2021, si compone di una ricca programmazione di cui fanno parte talk, progetti speciali e sezioni curate. Oltre a gallerie affermate ed emergenti, importante è la presenza delle realtà non profit, fucine creative votate alla sperimentazione a cui da anni ArtVerona dedica spazio e attenzione. In questa edizione lo fa con Lab1, il progetto curato da Giulia Floris che porta in fiera sette realtà no profit dislocate da nord a sud dell’Italia: BRACE BRACE (Milano), In situ (Roma), Mucho Mas! (Torino), La Portineria (Firenze), Post Disaster (Taranto), SenzaBagno (Pescara) e Spazio Volta (Bergamo). Particolarità di Lab1 è il fatto che ogni spazio è stato chiamato a sviluppare un progetto in dialogo con un programma di residenza istituzionale attivo in Italia, in concomitanza con il concetto di ospitalità e accoglienza, scelto come leitmotiv dell’intero progetto. Ce lo ha raccontato la curatrice Giulia Floris in questa intervista.

Post Disaster - Learning from Disasters, in collaborazione con UNIDEE Residency Programs-Cittadellarte e contributi di Dima Srouji, Roberta Di Cosmo, Veronika Antoniou, Elian Stefa, Salvatore Peluso, Pelin Tan. Photo credits: Francesco Paleari

Post Disaster – Learning from Disasters, in collaborazione con UNIDEE Residency Programs-Cittadellarte e contributi di Dima Srouji, Roberta Di Cosmo, Veronika Antoniou, Elian Stefa, Salvatore Peluso, Pelin Tan. Photo credits: Francesco Paleari

Raccontaci un po’ il tuo punto di vista sulla natura delle realtà non profit.
Sono realtà dalla natura molto eterogenea, che spesso emergono a seguito dell’esperienza universitaria, quando giovani professionisti del sistema dell’arte vogliono iniziare a cimentarsi attivamente, mettendo in pratica le proprie idee e ricerche. Possono nascere quindi come ampliamento dell’esperienza dello studio d’artista, come piattaforme curatoriali o collaborazioni ibride.

In seguito a quali necessità si sviluppano?
Spesso si tratta di realtà originate semplicemente da un’urgenza: gli spazi no profit – siano questi associazioni culturali, collettivi o raggruppamenti spontanei – possono nascere in poco tempo e sanno essere la prima e più rapida risposta alle specificità di diverse esigenze territoriali. Inoltre, rispetto ad organizzazioni con strutture più complesse, riescono ad evolvere in base al variare di tali esigenze e della comunità a cui si riferiscono.

Qual è il loro ruolo all’interno del complesso sistema dell’arte?
Il loro ruolo in questo senso è a mio avviso fondamentale: la loro flessibilità nell’approccio, nelle modalità di fare ricerca e sperimentazione, piegandosi di volta in volta rispetto alle nuove sfide, è qualcosa a cui istituzioni più radicate dovrebbero guardare come caratteristiche chiave per le proprie collaborazioni.

Mucho Mas! installation view stand

Mucho Mas! installation view stand

Qual è la tua esperienza personale con gli spazi no profit, anche prima del progetto di Verona?
Io mi sono formata a Milano negli anni dieci del Duemila, un periodo di grande fioritura delle realtà no profit. Tale fioritura dipendeva in larga parte dagli effetti della crisi economica, che aveva condotto artisti, curatori e critici emergenti a trovare modalità alternative per mostrare il proprio lavoro in attesa di un effettivo impiego. Mi sono quindi sempre trovata immersa nel contesto del no profit, collaborando negli anni con diversi spazi.

Come rientrano nel tuo percorso professionale?
Nel 2017 il mio interesse per queste realtà mi ha portato a fondare con Giulia Ratti Cluster Report, una piattaforma di ricerca dedicata proprio agli spazi no profit. L’anno successivo abbiamo pubblicato Italian Cluster, un volume che contiene i primi risultati della ricerca condotta su tutto il territorio italiano. Oggi, da oltre due anni, collaboro con a CASTRO a Roma, una realtà no profit dedicata alla formazione sperimentale in ambito artistico e resto sempre interessata ad osservare e conoscere le nuove realtà che nascono in Italia e all’estero.

BRACE BRACE, LANDSCAPE La tenda dei cento divani, un progetto di Francesco Pozzato, a cura di BRACE BRACE e con la partecipazione di A Collection. ph. Francesco Paleari

BRACE BRACE, LANDSCAPE La tenda dei cento divani, un progetto di Francesco Pozzato, a cura di BRACE BRACE e con la partecipazione di A Collection. ph. Francesco Paleari

Come hai lavorato, invece, per la realizzazione di LAB1? Su cosa si è basato il tuo criterio di selezione?
ArtVerona è una fiera che da tanti anni dedica attenzione alla scena indipendente italiana, ho cercato quindi di coinvolgere per lo più nuove realtà e di farlo guardando all’intero territorio nazionale. La selezione degli spazi va quindi da nord a sud e, tra contesti consolidati e altri giovanissimi, una certa maturità nella programmazione credo li contraddistingua tutti.

Nel 2020, come tutte le altre manifestazioni, anche ArtVerona è saltata a causa della pandemia. Questo significa che hai avuto un anno in più per ripensare Lab1: hai ampliato/sviluppato o modificato in qualche modo il tuo progetto oppure ti sei attenuta alla prima versione?
In realtà, le modifiche sono state minime poiché il tema e le modalità scelte si sono fatte addirittura più urgenti dopo ciò che si è verificato nell’arco del 2020. Inoltre, in quel frangente molte delle realtà selezionate avevano avuto difficoltà ad entrare attivamente in contatto con i propri partner, viste le tante limitazioni in atto per il contenimento del virus e avevano necessità di più tempo per poter sviluppare le proprie collaborazioni. Questo, insieme alla natura processuale che fin dall’inizio avevo ricercato per LAB1, ha fatto sì che l’aumento del tempo a disposizione non sia stato d’ostacolo per i progetti legati alla sezione, ma tutt’altro.

La Portineria e Fondazione Zimei

La Portineria e Fondazione Zimei

Il tema del progetto è l’ospitalità. Come mai ti sei concentrata su questo aspetto?
Ho iniziato a progettare LAB1 all’inizio del lockdown e, in una tale fase di isolamento, il concetto di collaborazione ed accoglienza mi sembravano fondamentali per qualsiasi sarebbe potuta essere la ripartenza. Nel contesto di LAB1, l’ospitalità è infatti intesa in quanto possibilità di abitare un nuovo spazio. Un luogo pronto ad accogliere una persona, un’idea o una realtà, insieme alla capacità di vederne, leggerne ed ascoltarne le specificità. Ospitalità è qui pensata come pratica di confronto e collaborazione tra chi accoglie e chi è accolto: quale momento di condivisione, relazione ed arricchimento.

Come si tradurrà fattivamente il concetto di ospitalità?
La traduzione fattiva di questa ospitalità è stata delle più disparate tra i diversi progetti coinvolti da LAB1, secondo l’interpretazione delle realtà invitate e dei loro partner. Ho infatti voluto dare loro massima libertà, e i risultati non hanno deluso le mie speranze. Va detto che la scelta di coinvolgere, quali istituzioni partner per ciascuno degli spazi invitati a partecipare, dei programmi di residenze deriva dal fatto che questi ultimi si ponevano ai miei occhi quali perfetti interpreti delle collaborazioni proposte da LAB1.

Come mai?
La pratica della residenza è stata spesso accostata a un momento laboratoriale per la possibilità di riflessione che offre al proprio ospite sul proprio lavoro, di messa in discussione e di apertura a idee e contesti diversi e credo sia questo che la sezione lascia trasparire.

Udders for Mum, 2021, concept by Spazio Volta, design by Carlo Gambirasio, Virtual Reality by Yuli Serfaty. A project in collaboration with Mattatoio di Roma

Udders for Mum, 2021, concept by Spazio Volta, design by Carlo Gambirasio, Virtual Reality by Yuli Serfaty. A project in collaboration with Mattatoio di Roma

Fiera e spazio no profit sono due realtà agli antipodi. Come pensi che convivranno nello stesso luogo? Perché pensi che ArtVerona abbia voluto concedere così tanto spazio agli spazi no profit?
Come accennato prima, ArtVerona non è nuova all’attenzione verso gli spazi no profit ed è stata anzi, una tra le prime fiere in Italia a guardare in questa direzione, ora seguita da molti altri contesti fieristici. Credo che il tentativo nel coinvolgere le realtà indipendenti sia di poter fornire ai visitatori uno sguardo a tutto tondo del sistema dell’arte, di quell’insieme di attori con cui il comparto del mercato dialoga per mantenersi attivo e sempre attuale. Personalmente credo che sia anacronistico il velo di opposizione al sistema dell’arte che si percepisce talvolta da parte delle realtà no-profit. Si tratta ovviamente di organismi non commerciali, ma credo sia importante tratteggiarne una fisionomia perfettamente intessuta nel sistema. L’idea delle collaborazioni con enti istituzionali, che non limitasse quindi la fiera a solo palcoscenico di visibilità, si è mossa fin dall’inizio proprio in questa direzione.

Cosa vedremo in fiera in questi giorni?
Cerco di evitare lo spoiler ma posso dire di essere davvero entusiasta dei diversi progetti presentati per LAB1 poiché sono frutto di un processo e, in molti casi, mostrano solo un segmento di un percorso – e di una collaborazione – più ampio e continuativo. Sono inoltre progetti in cui mi sono sentita profondamente coinvolta e di ciò ringrazio davvero gli spazi invitati e i loro partner che hanno dato fiducia a questa nuova sezione, portando in fiera idee ambiziose e sperimentazioni interessanti.

Giulia Ronchi

Lab1 a ArtVerona
dal 15 al 17 ottobre 2021
Veronafiere
Viale del Lavoro, 8
https://artverona.it/

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Giulia Ronchi

Giulia Ronchi

Giulia Ronchi è nata a Pesaro nel 1991. È laureata in Scienze dei Beni Culturali all’Università Cattolica di Milano e in Visual Cultures e Pratiche curatoriali presso l’Accademia di Brera. È stata tra i fondatori del gruppo curatoriale OUT44, organizzando…

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