Sex Works: il focus curatoriale di Frieze riscatta l’arte femminile (femminista). Le immagini

Tutte le immagini da Sex Works, il focus curatoriale di Frieze Art Fair messo in atto dall’indipendente Alison Gingeras. Una mostra non avvincente, ma giusta. Con qualche picco che conquista.

Ne avevamo già parlato qui, ora siamo andati a visitare Sex Works, il focus curatoriale ideato da Frieze Art Fair che coinvolge 11 gallerie: Air de Paris da Parigi, Baldwin Gallery da Aspen, Regen Projects, Blum & Poe, The Box da Los Angeles, Salon 94 e David Lewis da New York, Karma International da Zurigo, Andrea Caratsch da St. Moritz, lokal_30 da Varsavia, Richard Saltoun da Londra e Hubert Winter da Vienna. Curata dall’indipendente Alison Gingeras, in un format fortemente voluto dalla direttrice Victoria Siddall, racconta il tema del corpo (politico) femminile attraverso una timeline che è soprattutto cronologica. La mostra non è avvincente, ma offre il giusto riconoscimento ad importanti artiste militanti e anche la corretta ricostruzione di una storia, tutt’ora attuale.

Sex Works - Frieze London 2017

Sex Works – Frieze London 2017

LA STORIA

Si parte dalla censura a Tropico del Cancro di Henry Miller e dall’esclusione di Dorothy Iannone dalla Friends Exhibition curata da Harald Szeemann alla Kunsthalle Bern per il contenuto troppo esplicito delle sue opere. Per inciso, il lavoro di Iannone, presentato da Air de Paris è uno dei più belli in fiera. Si passa dalla pubblicazione del saggio, nel 1971,Why have there beeen no great women artists? da parte dello storico dell’arte Linda Nochlin, tema poi ripreso e destrutturato anche dalle Guerrilla Girls più avanti.
Nel 1972 nasce A.I.R Gallery (Artists in Residence), la prima galleria (all’inizio a Soho), formata solo da artiste donne negli Stati Uniti, con l’obiettivo di dare loro opportunità in un ambiente prettamente maschile. Tra le prime aderenti Ana Mendieta, Nancy Speroe Judith Bernstein, qui in mostra (Judith è una artista conosciuta a Frieze) con i suoi “falli a trivella” presso il booth di The Box, Los Angeles e da Karma International, Zurigo.

GLI STAND

Ogni stand è una micromostra personale ed aiuta non solo a percepire lo spirito di un’epoca, ma anche offre l’occasione per approfondire il lavoro delle artiste invitate. In alcune immagini, ad esempio nel lavoro di Natalia LL presso lokal_30 emerge timidamente anche il tema del gender e dell’omosessualità. Grande protagonista è Marilyn Minter, famosa e amata dal mondo dell’arte e dal jetset, presente in ben tre stand (Baldwin Gallery, Regen Projects, Salon 94), mentre Birgit Jürgenssen, da Huber Winter inquieta il suo pubblico con le maschere presenti nelle sue polaroid e l’austriacaRenate Bertlmann da Richard Saulton gioca con gli stereotipi femminili. Bellissimo il grande muro di Mary Beth Edelson da David Lewis: novella Bosch femminista invade, con figure stravaganti e contorte fissate alla parete con dei chiodini, la mente dello spettatore con il suo curioso immaginario. La pratica del collage, però con ascendenze surrealiste, è protagonista anche nel lavoro di Penny Slinger, da Blum&Poe. Le immagini.

Santa Nastro

www.frieze.org

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Santa Nastro

Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

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