I dipartimenti educativi dei musei sono l’ultima avanguardia?

È un atto di amore incondizionato per la propria professione il libro “Soggetti smarriti: il museo alla prova del visitatore” di Giovanna Brambilla. Le considerazioni dell’autrice, responsabile dei Servizi educativi della GAMeC di Bergamo, spaziano molto oltre il suo ruolo per comprendere le potenzialità del museo e investono ogni livello gerarchico, dalla direzione alla custodia.

Attraverso una scrittura ricca di suggestioni e citazioni provenienti da altri mondi – dal cinema, dalla letteratura e dalla vita di tutti i giorni – il libro Soggetti smarriti: il museo alla prova del visitatore di Giovanna Brambilla traccia un percorso a zig zag tra Paul Valéry e Checco Zalone, portando nel mondo tendenzialmente chiuso dei musei tutta la ricchezza e la diversità del nostro patrimonio culturale, antropologico, naturale, paesaggistico. Perché i musei sono sì un grande scrigno ma al tempo stesso uno “specchio con la memoria” in cui si riflette il mondo esterno, il ricco universo di tutti noi.

IL MUSEO SECONDO UMBERTO ECO E PAUL VALÉRY

In questo testo pieno di divagazioni, ma anche molto lineare nell’affrontare le problematiche, vi sono diversi temi in sottotraccia. Il testo raccoglie l’esperienza sul campo di una persona che ha inteso il proprio lavoro come servizio alla collettività nel senso più alto del termine. Le riflessioni di Brambilla prendono le mosse da ciò che i funzionari museali vorrebbero – con tutte le buone intenzioni del mondo – che il museo fosse, a partire dalle definizioni dell’ICOM e le circolari del MiBACT improntate all’accessibilità e all’inclusione. Compito difficile quello di istruire e al tempo stesso conservare l’essenziale, il piacere estetico, il diletto, soprattutto quando non uno qualsiasi, ma Umberto Eco, sottolinea il proprio disagio nella fruizione di tali luoghi.
Il museo in effetti non può bastare a se stesso, deve anche saper misurare l’impatto delle sue attività oppure inattività in attesa del pubblico. A partire dallo sguardo di Valéry su quella “solitudine tirata a cera” che sa “di tempio e di salotto, di cimitero e di scuola”, Brambilla intraprende un viaggio non soltanto di conoscenza ma soprattutto di scoperte e di esperienze che comportano nei fatti una rivisitazione molto più attenta e aperta di quello sguardo iniziale, e che restituisce al lettore un’immagine del museo come “casa di tutti” dove ognuno possa sentirsi a proprio agio.

Adrian Paci, The encounter, 2011, still da video, 22’, 2011. Courtesy l’artista

Adrian Paci, The encounter, 2011, still da video, 22’, 2011. Courtesy l’artista

IL MUSEO PER I CITTADINI – MA CHI SONO I CITTADINI?

Il compito che si prefigge Giovanna Brambilla è quello di coinvolgere nella battaglia per un’autentica cultura artistica rivolta a tutti i cittadini, in modo che ognuno possa trovare nel nostro patrimonio comune lezioni di vita e momenti di autentico piacere estetico, sia la direzione del museo, sia la curatela, e cioè i vertici dell’istituzione. Un’educazione non certo rivolta a mantenere una fittizia identità di gruppo o rafforzare visioni convenzionali attraverso proposte del tutto prevedibili, finendo per rafforzare quel solco sempre più profondo tra chi va e chi non mette piede nel museo.
Lo sforzo che il museo è chiamato a compiere oggi è quello di colmare quel vuoto, quella separazione, nel modo più empatico possibile attraverso un’esperienza condivisa che parta da una consapevolezza della posizione dell’altro, del non pubblico, e che non colpevolizzi chi non sa.
Per conoscere il pubblico potenziale bisogna innanzitutto conoscere le persone con cui si vorrebbe dialogare, che cosa li lega, che si tratti di un quartiere, di adolescenti, di pensionati, oppure di genitori accompagnati dai figli, che vuol dire innescare a volte dinamiche familiari complesse che devono rispettare i sentimenti di tutti.
Ad esempio, le donne del Maghreb residenti in Italia sono in teoria cittadine di pieno diritto, ma quante ne vediamo a gironzolare nelle sale dei musei? Quali sono i loro timori? Perché non varcano la soglia dei nostri Templi del sapere? E per le centinaia di migliaia di ciechi assoluti e ipovedenti, i musei possono rappresentare luoghi di diletto e di apprendimento? Molte istituzioni hanno costruito percorsi tattili come strumento sensoriale verso la comprensione delle opere d’arte e degli spazi del museo. Viviamo in un mondo che ha pressoché capitolato nei confronti del dominio della visione, precludendo tutte le altre vie alla comprensione del mondo esterno a noi. I libri meravigliosi di Oliver Sacks aprono uno scorcio sul mondo dei diversamente abili e delle risorse che gli esseri umani sono in grado di mettere in campo se soltanto stimolati in quel senso. La comprensione della scultura attraverso le mani di un cieco potrà riservarci delle sorprese sull’intensità della sensibilità sensoriale che arricchiscono noi tutti. Tra le molte altre cose, Soggetti Smarriti è una fonte di approfondimenti importante, un manuale di orientamento ricchissimo di indicazioni bibliografiche per chi vuol indagare i vari aspetti della vita museale.

Giovanna Brambilla – Soggetti smarriti (Editrice Bibliografica, Milano 2021)L’INCLUSIONE NON DEV’ESSERE INTEGRAZIONE FORZATA

Soggetti Smarriti è una narrazione analoga a quella che l’autrice propone come esperienza di vita all’interno del museo, un modo per perdersi nei mille racconti delle opere affrontando in maniera creativa lo scarto tra i diversi linguaggi e lasciando a ognuno la libertà di riscrivere in chiave personale i significati che cambiano – che ci piaccia o no – con ogni epoca e generazione senza che ce ne rendiamo conto.
Il museo ha il dovere morale di conservare la memoria del presente, il vissuto degli stessi cittadini, portando al proprio interno anche, per esempio, le elaborazioni del dolore della collettività in questo momento storico, avvicinandosi alla popolazione e unendosi alla sofferenza di ognuno attraverso una narrazione comune come è stato fatto a Bergamo. Tali politiche, faticose da ideare, possono tuttavia portare molte inaspettate soddisfazioni a chi le mette in atto, costruendo nuove forme di empatia con il proprio pubblico di riferimento.
L’arte e di conseguenza i musei d’arte, infatti, sono tra i pochi luoghi al mondo dove non vige una definizione esclusivamente utilitaristica, numerica del sapere, e dove i cittadini anche non abbienti possono rifugiarsi. Tra le funzioni importanti dell’istituzione museale in un mondo sempre più frammentato vi è quella di intercettare la costellazione di desideri, apprensioni e speranze dei singoli offrendo loro un’esperienza che si faccia carico di tali ansie e che possa trovare nei percorsi anche delle parziali risposte.
Sulla cosiddetta “inclusione culturale e sociale” che è oggi in cima alle preoccupazioni dei policymaker bisogna intendersi. Non è questione di politiche più o meno coercitive di integrazione a colpi di clava in capo a chiunque non faccia parte del mainstream, a favore di una deprimente omologazione. Se si tratta di questo non potrà che fallire e i milioni di euro previsti a favore di tali politiche saranno soldi buttati al vento. La vera questione della cosiddetta “inclusione” è quella di equità e di giustizia sociale verso i diversi da noi e verso i meno abbienti (e non, come dice la pubblicità di Arcaplanet, per gli animali “meno fortunati”!)

Wayne Steven Grazio, Opposites attract, 1982 © Wayne Steven Grazio

Near a cafe close to Mount Etna in Sicily, Italy. Film negative digitized from my archives – 1982.

Ma per raggiungere questo traguardo sarebbe necessario rimuovere il proverbiale elefante nella stanza: superare la convinzione generalizzata che i servizi educativi sono quella funzione museale appena un po’ più “su” dei servizi didattici d’un tempo.
Il mio parere personale da tanti anni è che i servizi educativi museali siano, invece, la vera avanguardia (se questo termine ha ancora un significato); sono gli unici all’interno del mondo delle istituzioni che abbiano il polso in tempo reale del mondo “là fuori”, come il libro di Brambilla dimostra ampiamente.

– Anna Detheridge

Giovanna Brambilla – Soggetti smarriti
Editrice Bibliografica, Milano 2021
Pagg. 264, € 23
ISBN 9788893573603
www.editricebibliografica.it

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