“Non siamo studenti di serie B”: l’appello degli studenti dell’Accademia di Lecce in un video

La questione del precariato dei docenti, unita ai disagi del lockdown, ha innescato una discontinuità didattica senza precedenti all’Accademia di Lecce. Gli studenti hanno voluto denunciare la situazione in un video.

Chi non semina non raccoglie nemmeno. È il caso dell’Accademia di Belle Arti di Lecce, impantanata in una stasi della didattica causata da una serie di inefficienze ministeriali e di ritardi amministrativi. A farne le conseguenze gli studenti, che si ritrovano privati di numerosi corsi di insegnamento mettendo a rischio tutto l’anno accademico. Ma procediamo per gradi.

I CONTRATTI CO.CO.CO DEGLI ISTITUTI AFAM

I problemi cominciano il 1 luglio del 2019, con l’abolizione dei  contratti di collaborazione coordinata e collaborativa(i Co.Co.Co.). A farne le spese, i docenti di tutti gli istituti AFAM – Alta Formazione Artistica e Musicale, in cui rientrano oltre alle Accademie di Belle Arti (statali e non) i Conservatori, le Accademie di Danza e Arte Drammatica e gli Istituti Statali Superiori per le Industrie Artistiche: realtà che già da prima navigavano nel precariato. Il provvedimento inizia a produrre i suoi effetti, con interruzioni didattiche e malfunzionamenti negli istituti di tutto il territorio. Movimenti di protesta e organizzazioni sindacali fanno sentire il proprio dissenso, finché la situazione si sblocca. Il 12 dicembre 2019, un emendamento a firma di Loredana Russo(Movimento 5 Stelle) garantisce una soluzione-tampone, con una sovvenzione agli Istituti AFAM e una proroga dei contratti per un massimo di tre anni.

CASO CO.CO.CO: L’ACCADEMIA DI LECCE

Gli istituti si riorganizzano, promuovendo nuovi bandi di concorso per assumere i docenti e riempire finalmente le cattedre vacanti. Questo però non succede a Lecce: l’Accademia di Belle Arti della città pugliese non coglie le tempistiche giuste per far ripartire l’anno. Lo sblocco delle assunzioni è stato comunicato a dicembre 2019; i primi bandi di concorso sono stati pubblicati solo alla fine di gennaio 2020, dando il via a tutta una serie di ritardi che ha impedito di portare a termine gli incarichi. A tutto questo si è aggiunta poi la disgrazia del Covid che ha imposto la chiusura dell’istituto interrompendo tutte le procedure. Ad oggi, nell’Accademia di Lecce, ci sono ancora 40 cattedre vacanti. “I problemi della direzione didattica erano presenti già dall’anno scorso. Ma quest’anno tutto si è ingigantito perché ci sono stati ritardi ministeriali nel primo semestre, il Covid nel secondo”, racconta Serena Lotto, Presidente della Consulta degli studenti dell’accademia, raggiunta da Artribune. “Quello che è venuto a mancare è stata una guida. Il problema della discontinuità delle lezioni poteva essere aggirato con una riorganizzazione dell’orario, di modo da far partire subito i corsi dei docenti di ruolo e avere più tempo per assumere i Co.Co.Co. E invece già nel primo semestre la maggior parte di noi ha potuto seguire un solo corso del suo piano di studi!” E prosegue, spiegandoci del periodo del lockdown, e di tutte le cause che hanno portato gli studenti a denunciare pubblicamente la situazione tramite un video. “Da quel momento è calato un silenzio istituzionale che si è aggiunto alla chiusura dell’accademia. Per un mese neanche la segreteria ci rispondeva. Siamo stati nel buio totale per due mesi e mezzo. Inoltre, non abbiamo avuto la concessione, come accaduto da altre parti, del blocco della terza rata. Non abbiamo ricevuto nessun servizio e gli studenti ora non hanno intenzione di pagarla. Nella nostra accademia il direttore ha autorizzato la didattica, senza far distinzione tra materie teoriche o pratiche. Non sono state date indicazioni su come svolgere le lezioni online. Sono stati pochi i docenti che si sono fatti trovare preparati, in grado di avviare videoconferenze, mentre i restanti hanno fatto “lezione” via telefono, via mail o whatsapp”.  Se per le scuole e le università la continuità della didattica può essere – seppur non nel migliore dei modi – garantita attraverso lezioni frontali, la stessa cosa non funziona pienamente per le accademie, che vivono di corsi pratici e laboratoriali difficilmente rimpiazzabili da casa. Conclude così Serena Lotto: “chiediamo di avere una direzione che si interessi alla didattica. Siamo stanchi di essere diretti da persone interessate a dare solo l’apparenza anziché la sostanza. Vogliamo la qualità”.

-Giulia Ronchi

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Giulia Ronchi

Giulia Ronchi

Giulia Ronchi è nata a Pesaro nel 1991. È laureata in Scienze dei Beni Culturali all’Università Cattolica di Milano e in Visual Cultures e Pratiche curatoriali presso l’Accademia di Brera. È stata tra i fondatori del gruppo curatoriale OUT44, organizzando…

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