Dialoghi di Estetica. Parola ai Ludosofici

Nel 2010 Ilaria Rodella e Francesco Mapelli hanno dato inizio al progetto Ludosofici: attività e laboratori aperti ai pubblici di tutte le età, progettati attraverso strumenti di filosofia e didattica dell’arte. Con Corraini Edizioni i Ludosofici hanno pubblicato nel 2014 il libro “Tu chi sei?”. Con loro abbiamo parlato del rapporto fra teoria e pratica, della possibilità di porsi domande e sviluppare riflessioni critiche attraverso le attività di laboratorio.

Quando è nato il progetto Ludosofici e qual è la principale idea che lo anima?
Abbiamo iniziato come Ludosofici sette anni fa. Dopo l’università ci siamo concentrati sulla possibilità di sviluppare un progetto di filosofia per bambini. L’idea guida è rendere accessibili taluni concetti della filosofia attraverso le attività di laboratorio e l’ausilio di un linguaggio accessibile che non li banalizzi.

Come rientra l’arte nel vostro progetto?
Il nostro modo di pensare la filosofia è profondamente legato all’arte, che consideriamo come uno strumento di emancipazione. L’arte contemporanea ci è sembrata fin da subito una risorsa preziosa per lavorare sui concetti in modo pratico.

Quanta importanza date al dialogo?
Un tema filosofico può essere affrontato in molti modi diversi, non solo attraverso il dialogo e l’oralità. Dialogando si avvia il lavoro, in seguito però è la pratica che permette di svilupparlo; è l’attività che permette di formulare nuovi punti di vista. La partecipazione, lo scambio e l’attività inclusiva sono per noi importantissimi. Per questo le attività prevedono anche l’ausilio di strumenti quali la voce, il movimento del corpo, i gesti.

Tra i temi e i concetti della filosofia ce ne sono alcuni che ritornano o che considerate particolarmente importanti?
Temi e concetti sono numerosi, taluni li abbiamo approfonditi più di altri e spesso possono anche ritornare. Per sceglierli consideriamo anzitutto bisogni e necessità della realtà che ci circonda. La loro importanza è determinata da questo legame con il contesto. Fra i temi si creano comunque dei legami: da uno si passa rapidamente a un altro. Per esempio, i temi dell’identità e del riconoscimento dell’alterità ne abbracciano anche altri: quello della formazione del soggetto, dei modi di guardare e sperimentare il mondo, arrivando fino alla bellezza e agli stereotipi che influenzano il gusto.

Socrate e i Ludosofici (Corraini Edizioni, 2014)

Socrate e i Ludosofici (Corraini Edizioni, 2014)

Quali sono i vostri principali obiettivi?
Sicuramente cerchiamo di rafforzare la propensione critica dei partecipanti alle attività. A questo si aggiunge il nostro tentativo di favorire punti di vista non convenzionali – in questo senso, il nostro lavoro consiste nell’educare all’interpretazione. Insieme a questi, non possiamo tralasciare la possibilità di suscitare e incrementare le domande.

Diteci qualcosa di più su quest’ultima meta.
Ci interessa rendere possibile un percorso critico servendoci degli strumenti della filosofia. Attraverso di essi cerchiamo di dare spazio al dubbio e alla formulazione di interpretazioni alternative. Da qui nascono le domande. Se dopo un laboratorio non ci sono domande, allora qualcosa è andato storto.

Proviamo a guardare da vicino i vostri laboratori. La loro impostazione prevede prima un lavoro sui concetti e poi sulle pratiche o capita anche che procediate all’inverso?
Dipende dai casi. Spesso tutto inizia con un tema o un singolo concetto che poi sviluppiamo. Altre volte lavoriamo direttamente sulle pratiche. Nel primo caso il lavoro è più difficile: l’ideale sarebbe trovare subito il modo per mettere in pratica il tema o il concetto che avvia il lavoro, ma non sempre questo accade. Nel secondo caso si tratta di lasciarsi influenzare per ripartire da qualcosa di già fatto che appartiene al mondo dell’arte.

Come si sviluppa il vostro lavoro in rapporto a questa influenza pratica?
Facciamo un esempio. Per un laboratorio sul pieno e sul vuoto abbiamo chiamato l’artista bresciano Albano Morandi poiché il suo lavoro era cruciale per quello che volevamo fare. Le sue attività sono diventate il motore per il nostro laboratorio. Siamo partiti dalle sue azioni, ne abbiamo fatto altro sviluppandole e adattandole al contesto in cui lavoravamo.

Ludosofici. I laboratori

Ludosofici. I laboratori

Sono interessato alle possibilità derivanti dall’adattamento. Come affrontate il passaggio dal piano teorico a quello pratico?
Come dicevamo prima, i concetti e i temi di base possono anche essere gli stessi, ma quando poi si passa al piano pratico ogni volta tutto cambia. Anche in questo caso, un esempio è di aiuto. Per un laboratorio al Palazzo Ducale di Mantova avevamo lavorato sul punto di vista e la perdita della centralità in rapporto alla filosofia di Leibniz e all’estetica del Barocco. Ispirati dall’opera di Michelangelo Pistoletto, abbiamo realizzato un labirinto di cartone che si adattava agli specifici spazi del palazzo. Perdere la centralità e avere nuovi punti di vista non dipendeva solo dal fatto che quella struttura di cartone fosse un labirinto, ma soprattutto dalle possibilità offerte dall’installazione proprio perché era stata adattata a quegli spazi. Rifatta altrove, il risultato cambia.

Soffermiamoci su due “fattori chiave” per il vostro lavoro: il gioco e la possibilità di porsi delle domande. Iniziamo dal primo.
Il gioco è fondamentale per almeno due ragioni. Primo, perché esso impone delle regole che sono condivise da chi vi partecipa. Non rispettare le regole vuol dire non poter giocare. Il gioco è dunque decisivo perché, soprattutto sul piano delle relazioni, permette di definire un perimetro di azione. Secondo, una volta stabilito il perimetro con le sue regole è possibile introdurre la creatività. All’interno del perimetro si tratta di lavorare sui possibili modi di agire per trovare una direzione affinché l’attività ludica diventi la chiave per andare oltre ciò che è già noto e conosciuto.

Un ingrediente prezioso per questa continua possibilità di ricerca è anche la libertà di azione.
Sì, senza dimenticarci del divertimento! Di volta in volta la ricerca cambia, l’azione apre ad altre possibilità. E questo è possibile proprio perché le scoperte sono legate al divertimento. Il gioco si trasforma e la ricerca può diventare sempre più complessa, ma è appunto il divertimento che permette di affrontarla.

Socrate e i Ludosofici (Corraini Edizioni, 2014)

Socrate e i Ludosofici (Corraini Edizioni, 2014)

Che ruolo ha la creatività nel vostro modo di lavorare?
Il nostro compito è di facilitare i percorsi e il loro svolgimento, ossia di rendere visibili il più possibile connessioni e possibilità a chi partecipa al laboratorio. La creatività è dunque il nostro modo di tirare dei fili tra un punto e un altro. Non abbiamo l’ambizione di creare opere o di essere artisti, quanto piuttosto di proporre possibili letture ai partecipanti dei laboratori.

Passiamo alle domande. Perché sono così importanti?
Sono una costante dei diversi momenti delle nostre attività: ne segnano l’avvio, cambiano durante il loro svolgimento per poi conservarsi come tracce del percorso che è stato svolto.
Le domande permettono di mantenere attiva la ricerca. Sono funzionali al percorso che si apre attraverso di esse. Ed è proprio il percorso che ci interessa, non tanto il risultato. Se attraverso il laboratorio chi partecipa si pone buone domande, possiamo dire di aver raggiunto un traguardo.

I vostri laboratori coinvolgono pubblici diversi, dai bambini agli adulti. Come cambia il loro rapporto con le domande?
Gli adulti danno importanza soprattutto ai risultati e ai possibili obiettivi dei percorsi che proponiamo loro. La loro tendenza è di dare valore alle risposte. Guardandole da vicino, però, ci accorgiamo che le risposte scricchiolano, che rivelano delle fragilità. I bambini entrano invece più facilmente in sintonia con le domande e con il gusto di seguire i passaggi dei percorsi che queste rendono possibili.

Consideriamo il rapporto tra teoria e pratica: a quale dei due fattori date priorità?
Anche se cerchiamo di mantenere un equilibrio, probabilmente la teoria ha la priorità. Attraversiamo la pratica per tornare comunque alla teoria. Nei laboratori l’attività ha perciò lo scopo di farci scoprire nuove possibilità soprattutto sul piano teorico.

Possiamo dire allora che le attività pratiche favoriscono il rinnovamento delle idee?
Sì, è così. Questa possibilità trae origine dal profondo legame tra pensiero e azione. Nel momento stesso in cui si pensa si sta già compiendo un’azione; quando si agisce il pensiero è sospinto in avanti. Le idee si alimentano anche attraverso le attività pratiche. Queste ultime permettono di individuare nuove risorse. Probabilmente al pensiero, che possiamo considerare già come una forma dialogica, mancherebbe qualcosa se non ci fosse in seguito l’azione.

Davide Dal Sasso

www.ludosofici.com

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Davide Dal Sasso

Davide Dal Sasso

Davide Dal Sasso è ricercatore (RTD-A) in estetica presso la Scuola IMT Alti Studi Lucca. Le sue ricerche sono incentrate su quattro soggetti principali: il rapporto tra filosofia estetica e arti contemporanee, l’essenza delle pratiche artistiche, la natura del catalogo…

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