Pino Pascali era uno scultore post-moderno? Riflessioni in un nuovo libro

L’autore Marco Tonelli indaga la duplicità nei lavori del famoso artista autore del Cannone Bella ciao. Opere che sono sculture e al tempo stesso gesti performativi

Il saggio di Marco Tonelli, Pino Pascali. La scultura e il suo doppio, indaga e approfondisce nuove prospettive sulla sua scultura, sia alla luce dei più recenti studi sia in confronto che quella che era la concezione scenica teatrale del periodo in cui visse. Emerge così come Pascali abbia percorso con estrema ironia e libertà il New Dada, il Minimalismo, la Neometafisica, la Pop art, la Performance, rivelandosi come il primo vero autore postmoderno in Italia

La mostra Cannonata di Fabio Sargentini

Alla fine di febbraio del 2001, Fabio Sargentini inaugurò all’Attico una mostra intitolata “Cannonata” dove c’era esposto il Cannone Bella ciao di Pino Pascali davanti a un buco nel muro che sembrava prodotto dallo sparo di quella scultura. Fabio disse allora che era frutto di un sogno, ossia dell’ipotesi di Gino de Dominicis di un reale funzionamento dell’arma finta di Pascali. Questa mostra teatrale basterebbe ad introdurre il saggio di Marco Tonelli su Pascali il cui titolo parafrasa Antonin Artaud: Pino Pascali. La scultura e il suo doppio. Tonelli ha già trattato l’espressività ludica di Pascali, più di vent’anni fa, ne Il libero gioco della scultura, testo da cui estrapola, implementandola, la lettura di quei finti pezzi d’artiglieria come il cannone esposto da Fabio Sargentini. La prerogativa di assemblare, cioè di montare una scultura unendo pezzi eterogenei, rimanderebbe, secondo Tonelli, a una pratica già usata da Ettore Colla con l’aggiunta di una componente teatrale che porterebbe l’oggetto plastico nel campo allargato dell’ambientazione. La scena che Pascali preparava occupava tutta la galleria e si arricchiva di elementi che modulavano l’ingombro sino a farne una trappola allusiva. 

Il libro Pino Pascali. La scultura e il suo doppio
Il libro Pino Pascali. La scultura e il suo doppio

Tra Pino Pascali e Giorgio de Chirico

Qui Tonelli trova delle coincidenze che si trasformano in vere e proprie citazioni dei quadri di Giorgio de Chirico ma dal funzionamento più simile alle macchine semantiche di René Magritte. Il pregio del saggio non è solamente quello di restituire la corretta attitudine dell’artista di Polignano, ma anche quello di fugare ogni ipotesi su velleità performative dai presupposti ideologici. Correttamente Tonelli centra gli argomenti essenziali travalicando l’agio critico derivato dalle prospettive viziate dall’antropologia, e dalle ottiche che hanno restituito all’artista opere lontane dalle reali attitudini. Pino Pascali, per Tonelli, è un artista postmoderno che usa la simulazione per innescare un dialogo con il referente in modo che l’artificio dimostri quanto un modello sia manipolabile, nel gioco della rappresentazione, attraverso l’uso di materiali comunemente reperibili e disponibili quali tracce del presente. Questa manipolazione, sottolinea Tonelli, è piuttosto un cambiar pelle alle forme per corroborare una finzione. Per far ciò Pascali avrebbe proceduto come un bricoleur, cioè, assemblando unità di natura diversa in uno schema perfettamente progettato copiando un modello. Perciò, il sistema combinatorio che portò Pascali ad eseguire il “mortaio 120 mm 50” il 24 aprile 1965 parte da un disegno fedele del modello Brandt – Thompson di produzione francese che realizzerà usando una pala da campeggio, una lama di trebbiatrice, crick, carburatore e ammortizzatore di una 500, nonché un tubo idraulico, un semiasse e le gomme di una Lancia Ardea, il tutto rifinito con manopole da tornio e un manubrio di moto, infine, un parafango di camion. Ciò a dire che l’uniformità cromatica, che inabissa le differenze delle parti in un oggetto simile al modello funzionante, è la chiave dell’apparenza e permette alla scultura l’adito alla scena. 

Questa scena si basa anche sulla muta presenza di un monumento retoricamente depotenziato, ridotto a giocattolo innocuo. Il cannone e tutte le sue sculture: “criticano” dice Tonelli “annullano e reinventano i parametri di classificazione estetica d’uso corrente”. Cambiando le coordinate espositive delle sculture, Pascali s’aggancia alla riforma dello spazio allora in atto nel minimalismo ma senza cadere nelle rigidità aniconiche del riduzionismo geometrico. Quando Pascali, infatti, sceglie la geometria netta, come nella installazione del 1967 all’Attico Metri cubi di terra e 9 metri quadrati di pozzanghere, lo fa per liberarsi dalle pastoie della rappresentazione simbolica portando il pubblico a un approccio infantile, di originario riscontro della materia e richiamandolo simultaneamente all’identità linguistica della forma primaria che insiste nello spazio come ingombro. Tonelli riflette proprio su questo aspetto duplice delle opere di Pino Pascali partendo dalle fotografie che lo ritraggono mentre gioca con esse. Queste immagini ci restituiscono un rapporto tra autore e scultura che non svela una funzione, piuttosto, celebra la finzione quale la scelta di una goffa verisimiglianza o di un sottile inganno, due peculiarità degli oggetti di scena, quella scena azionata nuovamente dal suo amico Fabio Sargentini con la Cannonata del 2001.   

Marcello Carriero

Marco Tonelli, Pino Pascali. La scultura e il suo doppio
Electa, 2023
pag. 152, € 26,00
ISBN 9788892824454
https://www.electa.it/ 

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Marcello Carriero

Marcello Carriero

Marcello Carriero (1965) si occupa di critica e storia dell’arte dal 1994. Ha scritto sulla cultura visiva contemporanea sulle riviste Arte e Critica, Arte, Exibart, e ha pubblicato l’unica monografia completa sul futurista Volt (Ed. Settecittà, Viterbo 2007). Attualmente docente…

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