Cibo versus capitalismo. La guida di Fabrizio Bellomo

Tra Bari e Milano, passando per Roma, fino a Tirana. La rughetta contro l’omologazione, il branzino fascista, l’avocado gentrificato. Il libro di Fabrizio Bellomo racconta tutto questo, tra architettura, cinema e arte.

Una raccolta di pensieri, stimoli, riflessioni sul senso socio-politico del mangiare, spunti e tips di viaggio tra l’Italia e Paesi della sponda adriatica, come Albania e Serbia: è questa la Guida socio-gastronomica d’Italia, di recente uscita, scritta dall’artista e cineasta Fabrizio Bellomo (Bari, 1982) per i tipi di postmedia books.

IL LIBRO DI FABRIZIO BELLOMO

I poli opposti di questo racconto in eterno movimento sono le città di elezione dell’autore, Milano e Bari, passando tuttavia per Roma. E naturalmente c’è Tirana, che nel lavoro dell’artista ha avuto un ruolo importantissimo. Qui il narratore conduce in ristoranti, trattorie, o alla scoperta di cibi atipici, metafora di resistenza o simbolo, au contraire, di omologazione. L’avocado, tanto amato dalle diete povere di proteine, diventa ad esempio, nell’accezione dell’autore, un esempio di conformismo in un parallelo ardito con l’esperienza delle Stanze di Raffaello e la Cappella Sistina di Michelangelo, mentre il branzino è fascista. Scrive Bellomo: “Ma cosa c’entra tutto questo con il fascismo? Sicuramente ha a che fare con la propensione umana nello scegliere e nel classificare secondo determinati criteri di presunte o meno qualità. I prodotti risultati da queste selezioni (…) sono divenuti i prodotti a cui tutti ‘ambiscono’.

Fabrizio Bellomo -  Guida socio gastronomica d’Italia (Postmedia Books, Milano 2021)

Fabrizio Bellomo – Guida socio gastronomica d’Italia (Postmedia Books, Milano 2021)

IL CIBO POSITIVO

Le etichette, dunque, quelle che inseriscono cose che facevano parte della cultura popolare, “dello spazio pubblico”, (tema sul quale peraltro l’autore dibatte da tempo, anche per ciò che concerne l’architettura e l’arte) in una cornice desiderabile, comunicabile, istituzionalizzata, togliendone la proprietà alla tradizione orale, al passaggio di padre o madre in figlio/a, alle storie di famiglia, gentrificandole e consegnandole a una comunità altra, dei conoscitori, dei tipi del “vivere bene”. Sembra essere questa la tesi che sta alla base del racconto in cui ci guida l’autore, che porta però anche degli esempi, per lui, positivi: il Pippo Bar a Roma, bar di quartiere consigliato a Bellomo da un personaggio che, per dirla con le sue parole “sembra essere uscito dal film ‘Estate romana’ di Matteo Garrone”, con il suo menù totalmente orale e popolare, (che rischia però di essere imborghesito dalla narrazione dell’autore, come ammette lui stesso in molti dei suoi racconti) o la rughetta selvatica, cibo antico e pieno di imperfezioni, e ancora la Trattoria “Da Giovanni” a Roma, mentre non c’è sguardo positivo per lo stereotipo delle orecchiette vendute in strada dalle signore nella zona vecchia di Bari. Per la narrazione internazionale che è scaturita, non per l’attività in sé. È a favore della pasta mista, quella nata per riunire e non gettare gli avanzi da varie confezioni, ma non della pasta mista che si vende già composta. E il viaggio prosegue, assumendo l’accezione di un pamphlet anticapitalista, dove cinema, architettura, arte urbana si incontrano e il cibo diventa un filo conduttore per una tesi unica, a favore delle piccole cose, le cose belle, quelle nate per far di necessità virtù.

Santa Nastro

Fabrizio Bellomo ‒ Guida socio-gastronomica d’Italia
postmedia books, Milano 2021
Pagg. 108, € 14
ISBN 9798702826622
http://www.postmediabooks.it

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Santa Nastro

Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

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