10 lezioni per un mondo post-pandemia. Il saggio di Fareed Zakaria

Tragedia del nostro tempo, la pandemia è anche una occasione per ripensare il futuro globale. Come sostiene Fareed Zakaria nel suo saggio.

Le sfide che ci aspettano dopo la pandemia, se osservate senza pregiudizi o negazionismi idioti, fanno paura. Ma la paura è un sentimento sano, un’allerta biologica insita in ogni individuo, utile per la conservazione della vita. Ora il virus ha reso evidente che la curva ascendente all’infinito dello “sviluppo”, quello prefigurato in Occidente dalla rivoluzione industriale in poi, crea rischi sempre maggiori. Il contraccolpo della natura è ormai ovunque: incendi, uragani, e adesso la pandemia globale, che potrebbe essere la prima di una serie.
Quest’ultima esperienza ha accelerato però anche altre tendenze. In Dieci lezioni per un mondo post-pandemia, Fareed Zakaria (Bombay, 1964) prova a immaginare come potrebbe essere rimodellato il nostro modo di vivere da qui in avanti. Zakaria, figlio di uno scrittore indiano ma naturalizzato statunitense, è uno specialista in politica ed economia internazionale. Negli Usa è ritenuto da molti la testa pensante più influente in politica estera della sua generazione: si è laureato in Storia a Yale e, dopo aver studiato politica internazionale a Harvard con Samuel P. Huntington, è diventato a sua volta libero docente.

L’ANALISI DI FAREED ZAKARIA

La sua analisi non è tenera: negli ultimi vent’anni il mondo è stato scosso fino al midollo tre volte. Dall’11 settembre 2001, dal crollo finanziario del 2008 e ora dal virus. Ognuna di queste minacce asimmetriche è diversa da qualsiasi cosa accaduta prima.
Tuttavia Zakaria presenta ipotesi piene di speranza per il recupero di quella simmetria di cui ha bisogno il pianeta per la sua sopravvivenza nel futuro prossimo. Sottolinea innanzitutto l’importanza di investire nella sanità e nell’istruzione, insieme alla necessità di utilizzare scienza e tecnologia. Sostiene inoltre che quanto accaduto ha reso obsolete categorie come sinistra e destra, democrazia e dittatura, evidenziando quella che avrebbe dovuto essere da sempre l’arma vincente alla sfida posta in campo dal più becero populismo: un buon governo.
Qualcosa del resto si è mosso. Nella UE, ad esempio, i governi più ricchi – grazie all’asse Francia-Germania e alla volontà di alcuni funzionari come Ursula von der Leyen – hanno messo a disposizione valanghe di denaro per soccorrere quelli più poveri: inutile speculare, non era mai accaduto in precedenza. Per Zakaria occorre riconoscere quel che le crisi globali hanno reso evidente: la necessità di cooperazione internazionale, l’unica vera soluzione alla crisi sanitaria in corso e a quelle prossime venture, di qualsiasi genere esse siano. Sarebbe ad esempio un suicidio idiota sperare che un’Organizzazione Mondiale della Sanità – mal finanziata e debole come quella attuale – appassisca: occorre piuttosto finanziarla meglio e darle più autonomia, in modo che possa resistere a malsane pressioni della Cina, degli Stati Uniti o di chiunque altro, nel caso in cui un’emergenza sanitaria lo richieda.

Fareed Zakaria - Ten Lessons for a Post Pandemic World (W. W. Norton & Company, New York 2020)

Fareed Zakaria – Ten Lessons for a Post Pandemic World (W. W. Norton & Company, New York 2020)

LA GOVERNANCE GLOBALE

Zakaria è convinto che nessun singolo Paese possa più ambire a organizzare il mondo intero. E si spinge più in là quando afferma che in realtà nessuno vuole davvero farlo. È pur vero che la collaborazione internazionale richiede però alcuni elementi di processo decisionale collettivo. E difatti indica precedenti inequivocabili, che esistono e sono sotto gli occhi di tutti: dalle telefonate internazionali ai viaggi aerei, dal commercio alla proprietà intellettuale, fino all’emissione di clorofluorocarburi. Zakaria sostiene che un “governo mondiale” non sia affatto alle porte: si tratta di un’ipotesi fantascientifica utilizzata per spaventare i più fragili, facendoli fantasticare intorno a un esercito segreto che discende su di loro da brutti elicotteri neri.
Ciò di cui il mondo ha veramente bisogno è più efficienza per una governance globale: fatta di accordi tra nazioni sovrane per risolvere problemi comuni. L’imperativo della cooperazione non è in nessun luogo più evidente che nel rapporto tra le due maggiori potenze mondiali, gli Stati Uniti e la Cina. La Cina non è più semplicemente la seconda economia più potente e la seconda più ingente spesa militare. Dei 500 computer più veloci del mondo, 226 sono in Cina, il doppio rispetto agli Stati Uniti.

Zakaria è convinto che nessun singolo Paese possa più ambire a organizzare il mondo intero. E si spinge più in là quando afferma che in realtà nessuno vuole davvero farlo”.

Zakaria indica due possibili futuri. Il primo basato sulla competizione in molti ambiti – economico e tecnologico, ad esempio – ma anche sulla cooperazione, per assicurare pace e stabilità e per raggiungere obiettivi comuni. Impossibile ad esempio affrontare i problemi collegati al cambiamento climatico senza un’azione sostenuta e coordinata sia da Washington che da Pechino. Il secondo con le due società più dinamiche del mondo, bloccate in spirali negative in continua ascesa: dalla militarizzazione dello spazio all’armamento del cyberspazio, che alimentano una corsa verso la costruzione di strumenti nell’intelligenza artificiale e nella bioingegneria, che potrebbe produrre conseguenze non intenzionali di cui è impossibile quantificare la portata distruttiva.
Ora, se è vero che la cooperazione è sempre stata una delle caratteristiche fondamentali degli esseri umani, quella che molti biologi credono sia alla base della nostra sopravvivenza nel corso dei millenni, la scelta non dovrebbe essere così difficile.

Aldo Premoli

Fareed Zakaria ‒ Ten Lessons for a Post-Pandemic World
W. W. Norton & Company, New York 2020
Pagg. 336, $ 16,95
ISBN 9780393868265
www.norton.com

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #58

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Aldo Premoli

Aldo Premoli

Milanese di nascita, dopo un lungo periodo trascorso in Sicilia ora risiede a Cernobbio. Lunghi periodi li trascorre a New York, dove lavorano i suoi figli. Tra il 1989 e il 2000 dirige “L’Uomo Vogue”. Nel 2001 fonda Apstudio e…

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