Punk e moda. Il libro di Matteo Torcinovich raccontato da Aldo Premoli

Il libro di Matteo Torcinovich guarda al punk come a un fenomeno che ha profondamente influenzato la moda street. Ma ne siamo proprio sicuri?

Quello di cui stiamo parlando è un libro di moda. “Punk significa prima di tutto ‘polysexualism in fashion’: buono per tutti, maschi femmine, androgini e transex. Un’estetica del brutto che ha tuttavia prodotto outfit decisamente glamour”, così lo presenta il suo autore.
Lecito però domandarsi se l’estetica punk possa essere affrontata “a prescindere”. Perché il punk ha definito la propria sub-cultura come “caos a ogni livello”, ma si è trattato di un caos perfettamente coerente nell’insieme dei suoi significati. Anfetamine, eroina, abiti riciclati, creste multicolori, vomito, formato delle fanzine, musica spinta alla frenesia: stregonescamente nel punk formano un tutt’uno coeso.
Se togliamo di torno la sua energia distruttrice (non vagamente sovversiva, ma senza mezzi termini distruttrice e auto distruttrice), di quel fenomeno resta ben poco. Come tutti i più rilevanti movimenti musicali a partire dagli Anni Quaranta dello scorso secolo, anche il punk si è accompagnato all’uso di sostanze stupefacenti. Nello specifico a un misto di depressivi letali ed eccitanti di contrasto. Il “buco”, per l’“ero” schizzata direttamente in vena ne costituisce un elemento imprescindibile. Bucarsi (le guance, le ciglia, il naso, la lingua) con spille la sua simbologia più aggressiva. Spille da balia utilizzate come macabri gioielli, insieme a crocefissi rovesciati o svastiche naziste ma anche alla A cerchiata che compare come logo sulla copertina di centinaia di dischi: non come simbolo di appartenenza politica bensì come un segno di provocazione nei confronti della società. Una provocazione rivolta contro il perbenismo della società borghese? Anche, ma fino a qui non ci sarebbe stato nulla di così particolare. E invece – e questa è la cosa davvero trasgressiva – il punk è stata una provocazione inaspettata contro la precedente generazione, quella dei contestatori sessantottini, degli hippie che ai più giovani, ora arrabbiatissimi sino alla disperazione, paiono già irrimediabilmente vecchi. È questo il suo lato più originale e scandaloso: il punk annuncia il fallimento di tutte le precedenti utopie progressiste e consacra la durezza dei tempi nuovi, dovuta alle difficoltà economiche derivate dalla prima grande crisi petrolifera (1973), prefigurando il thatcher-reaganismo e il conseguente “ognuno per sé” degli yuppies.

Matteo Torcinovich – Punkouture. Cucire una rivolta, 1976 1986 (Nomos, Busto Arsizio 2019)

Matteo Torcinovich – Punkouture. Cucire una rivolta, 1976 1986 (Nomos, Busto Arsizio 2019)

IL LIBRO

Nel libro di Matteo Torcinovich di tutto questo non c’è traccia. E si tratta di una scelta voluta: “Intorno all’aspetto distruttivo che ha accompagnato il fenomeno punk, sono stati versati fiumi di inchiostro. Tutto vero ma non è questo quello su cui mi sono concentrato. Punkouture si presenta dunque come una guida di moda divisa in cinque sezioni: Vestire, Capelli, Make up, Calzature e Shopping. Sezioni che l’autore ha poi suddiviso in paragrafi che indagano quel che accadeva in quel momento tra Londra e New York, ma anche ‒ e questo è particolarmente interessante ‒nei Paesi comunisti dell’Est europeo e persino a Mosca.
Matteo Torcinoivich non è nuovo a escursioni del genere. Appassionato collezionista di vinile e fanzine, con Nomos edizioni nel 2016 ha pubblicato Pics off! L’estetica della nuova onda punk e di seguito Buy or Die! The Residents + Ralph Records + Other related artwork 1972-2016 (Good Fellas edizioni, 2017). Con Punkouture Torcinovich ha preso il bidone di spazzatura che tanto piaceva al vocalist dei Sex Pistols Johnny Rotten (“I miei vestiti saltano fuori dal bidone della spazzatura, dipende tutto da cosa li fai diventare”) e lo ha rivoltato classificando il suo contenuto come farebbe uno scienziato. O forse un agente della polizia scientifica.

Matteo Torcinovich – Punkouture. Cucire una rivolta, 1976 1986 (Nomos, Busto Arsizio 2019)

Matteo Torcinovich – Punkouture. Cucire una rivolta, 1976 1986 (Nomos, Busto Arsizio 2019)

IL PUNK E LA MODA OGGI

Resta ancora da chiedersi il senso di una pubblicazione del genere oggi. Siamo di fronte a un nuovo ritorno degli Anni Settanta nel fashion? Torcinovich è convinto che alcuni stilemi elaborati in quel momento siano ormai divenuti dei classici della moda street: “Magari utilizzati senza grande consapevolezza di che cosa abbiano significato, di quale cultura musicale li abbia generati, ma oggettivamente mai superati”. Per guardare a quell’estetica utilizza ad esempio due filtri attualissimi: il concetto di riciclo, vera e propria bandiera punk, divenuto di grande attualità oggi, e lo slittamento dei generi sessuali in un settore musicale come quello del rock, sino ad allora quasi esclusivamente maschile e machista.
Concludo però con un ricordo personale. A metà degli Anni Novanta Gianni Versace definì punk una sua collezione presentata durante la fashion week milanese. Alla fine della sfilata appariva infatti un abito decisamente couture dotato di una vertiginosa scollatura e uno spacco sul lato destro che saliva da terra sino quasi alla vita della modella. Lo spacco era trattenuto da una sola spilla gioiello. Il giorno seguente, incrociando Vivienne Westwood, (orma divenuta parte integrante del main stream internazionale) nel suo show room milanese ebbi l’ardire di chiederle (quanto stupidamente!) che ne pensasse di questo ritorno del punk. Sopracciglio alzato e sguardo di fuoco, mi rispose con un sibilo: “Punk?!” e passò oltre.

Aldo Premoli

Matteo Torcinovich – Punkouture. Cucire una rivolta, 1976-1986
Nomos edizioni, Busto Arsizio 2019
Pagg. 256, € 29,90
ISBN 97888894811438
www.nomosedizioni.it

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Aldo Premoli

Aldo Premoli

Milanese di nascita, dopo un lungo periodo trascorso in Sicilia ora risiede a Cernobbio. Lunghi periodi li trascorre a New York, dove lavorano i suoi figli. Tra il 1989 e il 2000 dirige “L’Uomo Vogue”. Nel 2001 fonda Apstudio e…

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