A Berlino la mostra che mette in relazione arte e disuguaglianza

Quanto incide l’estrazione sociale sulla carriera di un artista? E come si può agire nel mercato dell’arte senza restarne vittime? Queste sono solo alcune domande spinose sollevate dalla mostra alla Berlinische Galerie

L’acuirsi delle differenze socioeconomiche dei Paesi occidentali sta velocizzando la marginalizzazione dei ceti più bassi anche nella produzione culturale, con le dinamiche di esclusione-inclusione a rendere più evidenti le inefficienze del mondo artistico: alcuni talenti non vengono riconosciuti o celebrati anche perché di estrazione modesta o incapaci di utilizzare gli strumenti del capitalismo. Insomma, sprechi su sprechi.
L’arte è fatta dai ricchi per i ricchi”, ci spiega Norbert Witzgall, co-curatore della mostra Klassenfragen, in corso alla Berlinische Galerie. La mostra verte su cinque principali questioni e domande: il classismo, i mezzi di produzione, le opzioni per promuovere un cambiamento, le follie del mercato dell’arte e la mancata copertura di determinate tematiche.
La mostra inizia con una serie di documenti: alcune richieste di supporto economico inviate per lettera da artisti over 60 sono esposte nel corridoio a pochi metri dal dipinto di una di loro. Elke Philomena Kupfer è l’unica richiedente di cui è rivelata l’identità. Ha dipinto, nel 2022, una donna con una busta di plastica, oggetto di fantasie durante gli anni della Germania Est, ora diventato strumento di consumismo, ma anche simbolo di precarietà e povertà. Il ruolo della produzione culturale dell’ex Germania Est è un tema ricorrente.
I sedici artisti che richiedono supporto non sono famosi. Le loro tematiche sono spesso estromesse dal mondo dell’arte, anche per un discorso d’età: un artista anziano non riconosciuto o riconoscibile è facilmente relegato alla presunta irrilevanza culturale.
La visibilità è nelle mani delle persone con potere. Questo è poi riprodotto anche nel mondo dell’arte. Se non viene da una condizione di privilegio, un artista ha inevitabili difficoltà a carpire il linguaggio usato, le referenze. Ma i problemi non si fermano qui”, spiega Witzgall.
Il curatore e artista aggiunge che i meccanismi di esclusione portano anche a complicazioni psicologiche, dalle insicurezze nei propri mezzi a situazioni più complicate a livello clinico, come la depressione.

Class Issues. Art Production In and Out of Precarity, exhibition view at Berlinische Galerie, Berlino 2022. Photo © Benjamin Renter / nGbK

Class Issues. Art Production In and Out of Precarity, exhibition view at Berlinische Galerie, Berlino 2022. Photo © Benjamin Renter / nGbK

GLI ARTISTI IN MOSTRA A BERLINO

La mostra è principalmente un lavoro di curatela, dove artisti che vivono sulla strada coesistono con personaggi riconosciuti dal mercato dell’arte, dove l’archivio dell’istituzione berlinese (Il pittore di Arthur Segal, 1921, è un ottimo esempio) dialoga con i lavori di alcuni conoscenti dei curatori e dei curatori stessi, che si sono messi in gioco in prima persona.
Abbiamo fallito in diversi casi ad affrontare questi problemi nell’organizzazione della mostra. La Berlinische Galerie è un’istituzione molto aperta, ma rimane, come ogni istituzione, un posto d’esclusione. Così anche la mostra. Anche noi curatori non siamo innocenti, non siamo eroi”, chiarisce Witzgall.
Questo punto assume particolare valore perché tradisce le ipocrisie delle persone che partecipano attivamente al mondo dell’arte: pur con le migliori intenzioni, come in questo caso, i favoritismi e gli interessi personali esistono e rimangono. Anche parlare di esclusione implica spesso strumenti di esclusione. Difficile allontanarsi da dinamiche dominanti e dinamiche di dominio.
La sala principale si apre con due pilieri e due barriere normalmente usati nell’equitazione. Si tratta del primo risultato di una ricerca su Google. Anche in questo caso una contraddizione: non è forse il motore di ricerca americano uno strumento che uniforma e livella la cultura? Ancora una volta il curatore sottolinea e ammette le difficoltà metodologiche. Come si possono superare dinamiche di mercato in una società capitalistica?
Oltre le barriere per cavalli sono esposti i lavori di diversi artisti di diversi periodi. Su tutti campeggia una bandiera rosa ideata nel 2021 da Vlad Brăteanu: un artista che non riesce a ottenere finanziamenti non è un artista. Il lavoro trae ispirazione da un precedente contributo di Mladen Stilinovi, Anca Benera e Arnold Estefan (un artista che non parla inglese non è un artista).
Le fonti d’ispirazione principali dei curatori rimangono gli Anni Settanta e in generale tutte le manifestazioni per dimostrare solidarietà alle parti della società più marginalizzate, come per esempio le proteste organizzate a New York dal collettivo di artisti attivisti Gran Fury in occasione delle discriminazioni negli Anni Novanta nei confronti della comunità omosessuale durante le prime fasi dell’HIV.
Tre i video. Il più recente (2022), prodotto in Australia da Liang Luscombe e Itchy IOU, è focalizzato sulla follia e l’assurdità degli artisti e del mercato dell’arte; il secondo, di Verena Brakonier, Jivan Frenster e Greta Grandera (2021), è una sequenza di interviste a persone di cui si vedono solo le mani e di cui si capisce l’estrazione sociale in modo duro ma non patetico; il terzo, della regista Margit Czenki, documenta l’azione I poveri aiutano i ricchi nel centro di Amburgo nel 1998, quando attivisti e artisti si sono trovati a gioire per la possibilità di pulire gratuitamente le scarpe di pelle dei passanti benestanti, o di lavare i vetri delle Mercedes-Benz o le Porsche che passavano per strada.

Class Issues. Art Production In and Out of Precarity, exhibition view at Berlinische Galerie, Berlino 2022. Photo © Benjamin Renter / nGbK

Class Issues. Art Production In and Out of Precarity, exhibition view at Berlinische Galerie, Berlino 2022. Photo © Benjamin Renter / nGbK

ARTE E SOCIETÀ CONTEMPORANEA

Il trend di esclusione di alcuni artisti dal mercato culturale è infatti una costante negli ultimi cento anni, ma in questo momento è un fatto ancora più pericoloso, visti i cambiamenti sociali in atto, specialmente a Berlino.
Quando sono arrivato a Berlino c’era grande disponibilità di spazio. Non c’erano soldi. Non era necessario rincorrere possibilità economiche, questo creava tempo. Non c’erano persone senza tetto. Ora il problema è evidente. Nuove generazioni, specialmente se provenienti da contesti culturali diversi, non avranno le stesse opportunità che abbiamo avuto noi”, commenta Witzgall.
I dati del nuovo rapporto sulla distribuzione del WSI mostrano che la povertà in Germania è aumentata in modo significativo nell’ultimo decennio, nonostante l’economia nel suo complesso se la sia passata bene. Anche la disuguaglianza di reddito ha raggiunto un nuovo massimo già prima dell’inizio della pandemia.
Il mondo dell’arte è diviso. Da una parte, visti i crescenti patrimoni dei super-ricchi e le nuove opportunità lavorative nel mondo digitale, il mercato dell’arte berlinese rimane piuttosto florido. Allo stesso tempo, nonostante borse di studio e sistemi di supporto pubblico, il mestiere dell’artista è sempre più complesso, soprattutto nella capitale tedesca. I prezzi degli studi (e degli appartamenti) continuano ad aumentare, lo sfratto è spesso una realtà, l’inflazione si fa sentire molto più che in Italia. A seconda del settore, i rialzi sono alti. Arrivano a toccare anche punte del 70%.
In questo contesto, che è poi una declinazione specifica di trend generali che accumunano le società europee, in cui la generazione e il genere vanno spesso a limitare le possibilità economiche e lavorative, la mostra alla Berlinische Galerie è un avvertimento. Ancora di più in un mondo dominato da persone dagli ingenti patrimoni senza grandi background artistici e culturali: l’arte diventa spesso un investimento, un modo per apparire intellettualmente progrediti, pur non essendolo. Vuol dire che l’arte, specialmente in questo momento, può diventare moda? Vuol dire che l’era d’oro dell’arte berlinese è già finita?

Sergio Matalucci

Berlino // fino al 9 gennaio 2023
Klassenfragen
BERLINISCHE GALERIE
Alte Jakobstraße 124-128
https://berlinischegalerie.de/en/

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Sergio Matalucci

Sergio Matalucci

Sergio Matalucci (Milano, 1982) è giornalista e scrittore. Ha collezionato lauree in econometria, comunicazione e giornalismo probabilmente solo per viaggiare in Europa. Politica, geopolitica e relazioni internazionali sono il suo pane quotidiano; testi critici per artisti e un libro in…

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