“Un museo d’arte contemporanea non è un pantheon di uomini illustri. È un luogo in continua evoluzione, pensato per capire meglio il mondo in cui viviamo”. Con queste parole Manuel Borja-Villel, da tredici anni alla direzione del Museo nazionale Centro d’arte Reina Sofía, ha spiegato le ragioni della rilettura integrale della collezione permanente. Si intitola Vasos comunicantes. Colección 1881-2021 ed è un giro di volta a 180 gradi nell’arte del nostro tempo, con un unico perno inamovibile: Guernica di Picasso, che occupa la sala 205, al secondo piano dell’edificio progettato da Francesco Sabatini nel 1755 per l’Ospedale di San Carlo.
RIPENSARE UN MUSEO A TRENT’ANNI DALLA NASCITA
A poco meno di trent’anni dalla nascita del museo ‒ inaugurato nel 1992, ma già dall’86 Centro d’arte contemporanea a soli scopi espositivi ‒, il Reina Sofía ha svolto un’intensa attività di promozione dell’arte contemporanea in Spagna, attraverso grandi mostre e, soprattutto negli ultimi anni, tramite una politica di acquisizioni, donazioni e depositi (come la collezione di arte latinoamericana di Patricia Phelps de Cisneros o quella cubista della Fondazione Telefonica), che lo hanno reso uno dei templi delle arti plastiche in Europa.
Il riordino della collezione – realizzato durante i mesi di pandemia, a porte aperte e con la collaborazione di tutta l’équipe del museo – riguarda circa duemila opere, suddivise su sei piani (tra l’edificio di Sabatini e l’ampliamento più recente di Jean Nouvel) per una superficie espositiva totale di 15mila metri quadrati.
AL MUSEO REINA SOFÍA OPERE MAI ESPOSTE
“L’ultimo riallestimento delle sale risale al 2010”, spiega il direttore Borja-Villel. “Gli eventi del decennio appena trascorso ci costringono però a ripensare il modo in cui si racconta l’arte da un luogo preciso come la Spagna, riflettendo intorno a tematiche emerse con forza: il concetto di esilio, la crisi economica e quella ambientale, il colonialismo e le migrazioni, il femminismo e l’identità sessuale. L’idea è quella di una ricostruzione quasi archeologica della storia dell’arte del Novecento, da una prospettiva anche locale”. La novità è che circa il 60% delle opere in sala sono esposte per la prima volta al pubblico e che, sempre per la prima volta, l’allestimento comprende discipline come l’architettura, il cinema e il teatro e persino il flamenco, dando ampio spazio a video e fotografia, con un’abbondanza di documentazione cartacea.
IL NUOVO PERCORSO ESPOSITIVO
Il nuovo percorso di visita è costruito attraverso serie, episodi o micro-racconti, spesso in connessione fra loro, i cui protagonisti talora ricompaiono in momenti diversi, testimoniando la trasversalità di generi e forme creative che seguono le continue mutazioni estetiche e sociali. Il percorso si apre con le avanguardie storiche fino agli Anni Trenta del nuovo secolo, e la città al centro dello sviluppo sociale culturale; l’expo del 1937, Picasso, Dalí e Miró sono tra i protagonisti principali di quest’epoca. Il contesto della guerra civile prima, i conflitti mondiali, la dittatura e la guerra fredda portano gli artisti all’esilio o ad assumere posizioni di ripensamento, di critica o di resistenza. Il Messico diventa il centro degli artisti esiliati e un focus interessante è quello dedicato all’arte prodotta in America Latina tra gli Anni Sessanta e gli Ottanta, in dialogo con la Spagna.
Fra le presenze italiane, invece, due splendide teste di Medardo Rosso, Gabriele Basilico che fotografa Beirut, ma anche rappresentanti dell’Arte Povera come Pistoletto, Merz, Calzolari, Luciano Fabro e Kounellis.
FOCUS SU SUDAMERICA E ARTISTE
Ma è negli ampi spazi al piano terra dell’edificio Sabatini – antichi magazzini, recentemente recuperati per un nuovo allestimento – che il Reina Sofía conferma la vocazione di “porta” verso il Sudamerica. A partire dall’Expo del ’92, a Siviglia, la Spagna entra nella modernità ed esplora, per la prima volta in maniera critica, l’eredità colonialista, con qualche cenno anche ai primi temi ecologisti. Identità ed emigrazione sono trattati da artisti latinoamericani, la maggior parte poco noti al grande pubblico, con installazioni spesso di grande formato, a tinte forti e con materiali poveri. L’ultima sezione affronta i temi più attuali, riflesso di un mondo in continua evoluzione, segnato da crisi e profondo malessere. L’arte è ovunque, in gallerie, fiere o biennali, in spazi alternativi o anche nelle piazze occupate. La chiusura del percorso è tutta in chiave femminile: Dora García, Rosa Barba, Hito Steyerl, Joan Jonas e Carmen Laffon sono i volti intergenerazionali di un lento riscatto della creatività femminile.
UN LABIRINTO DI IDEE AL MUSEO REINA SOFÍA
Vasos comunicantes è una mostra di mostre, nella quale rientrano anche parti di esposizioni proposte negli ultimi anni dal museo e il frutto di ricerche documentarie svolte dall’équipe direttiva. Per un pubblico generico, tuttavia, si tratta di un percorso complesso, di non facile lettura: non solo per le abbondanti acquisizioni recenti e i presupposti intellettualistici sui cui si basano i tanti episodi, ma anche per ragioni legate alla conformazione architettonica dell’edificio, un massiccio labirinto nel quale il montaggio perde spesso contiguità logica e temporale.
– Federica Lonati
Madrid
Vasos comunicantes. Colección 1881-2021
MUSEO REINA SOFÍA
Calle Santa Isabel 52
www.museoreinasofia.es
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati