Il valore della memoria secondo 13 artisti a Berlino

Nodo chiave della ricerca artistica e non solo, la memoria è al centro della mostra allestita all’Akedemie der Künste di Berlino, storica sede tedesca che mette in discussione il suo complesso ruolo nella storia recente.

Conservazione, archiviazione e annesse strategie culturali e politiche per preservare la memoria collettiva non sono temi nuovissimi nelle riflessioni degli artisti contemporanei. L’Akedemie der Künste di Berlino ritorna sull’argomento in occasione del suo 325esimo anniversario, proponendo un approccio centrifugo, partendo cioè dalla propria storia artistica per rileggerla in una cornice più ampia: quella del pensiero contemporaneo alle prese con i processi di inclusione ed esclusione del sapere.
L’obiettivo principale di Arbeit am Gedächtnis – Transforming Archives, ospitata nella sede di Pariser Platz, è dunque quello di ripensare il valore politico e critico della memoria affidando a tredici artisti la documentazione presente nei depositi dell’istituzione tedesca, tra le più antiche in Europa. Si tratta di collocare i materiali in nuovi contesti, di individuare differenti ordini di senso o semplicemente di ricavare spunti per formulare contributi interpretativi e ulteriori connessioni. Sebbene l’operazione sia ad alto rischio di esposizione retorica, la mostra governa i contenuti senza sbavature, assistita anche da una città, Berlino, che in ogni angolo di strada obbliga a continui riavvolgimenti del passato.

GLI ARTISTI IN MOSTRA A BERLINO

Ciascuno dei tredici artisti, tra membri dell’Akademie e borsisti, costruisce uno spazio autonomo dove l’esposizione procede allineando stanze del ricordo, installazioni di grande formato con opere miste, video e sonore, che sfidano, per un verso, quella narrazione storica prona a logiche revisioniste, e, per l’altro, lavorano nella direzione di una decolonizzazione del sapere.
Candice Breitz introduce il percorso con Digest (2019), una rigorosa ambientazione per 1001 cassette VHS, tutte ricoperte dalla stessa patina nera incisa da texture variegate, differenziate da una parola chiave che rimanda a titoli di film sigillati all’interno. Piccole bare inaccessibili per immagini e storie, compresse in un’asettica tassonomia interdetta alla fruizione e alla memoria. La curda Cemile Sahin offre il suo punto di vista per demolire il ruolo dei media in Iraq, una lucida strategia di sopravvivenza per ribadire l’azione manipolatoria della propaganda di regime. La ricerca di Thomas Heise guarda all’equivalente dell’Akademie der Künste nella DDR, confluita in quella occidentale dopo la caduta del Muro, da cui emergono, accanto ai materiali d’archivio, anche i suoi anacronismi e il sofferto riallineamento per recuperare il passo della storia, rallentato da anni di realismo socialista.

Eduardo Molinari, The Evidence, 2021 © Eduardo Molinari Archivo Caminante

Eduardo Molinari, The Evidence, 2021 © Eduardo Molinari Archivo Caminante

ARTE, MEMORIA, OBLIO

Del resto, ricordare è un lavoro, come afferma Einar Schle, testimone intransigente della Germania unificata, autore di teatro, implicato con altri, da Walter Benjamin al regista Edgar Reitz (suo il poderoso ciclo cinematografico Heimat), a fornire alla mostra una sorta di cornice interdisciplinare. A loro appartengono appunti, note, disegni, schizzi che attestano personali metodi di archiviazione, estrosi dispositivi per allenare la memoria in quanto forza trainante della creazione artistica.
In ultima analisi, l’arte è essa stessa una forma di archiviazione di realtà, sentimenti, ambizioni, in rapporto al tempo e alla vita, dove ricordo oppure oblio, come dimostrano i lavori di Susann Maria Hempel e Jennifer Walshe, sono influenzati dall’organizzazione e dalla rimozione della memoria collettiva. E, infatti, si rinfiammano i nervi scoperti di violenze passate (Ulrike Draesner, Mirosław Bałka), di crimini coloniali (Eduardo Molinari), delle lotte per i diritti civili (Matana Roberts), dell’esilio (Cécile Wajsbrot) o del lutto (Alexander Kluge).  Si riattivano stimolazioni sonore con Arnold Dreyblatt o si celebra quanto rimane di un corpo (della danzatrice giapponese Suzushi Hanayagi devastata dall’Alzheimer) che Robert Wilson trasfigura in archivio inconsapevole di gesti, un tempo educati al movimento e all’incontro con lo spazio.

IL RUOLO AKEDEMIE DER KÜNSTE

Resta da considerare che tutto questo avviene in un luogo, l’Akademie der Künste, parte in causa nei processi che vuole indagare, travolta dall’esperienza del nazismo, della Shoah, del conformismo culturale di regime, della guerra fredda. Rimodellata 35 anni fa dall’unificazione con l’istituzione gemella della Germania orientale, agisce ancora autorevolmente come deposito di storie, archivio, documentazione di ciò che l’esistenza lascia in forma di tracce da custodire, curare, annoverare e non cancellare.

Marilena Di Tursi

Berlino // fino al 19 settembre 2021
Arbeit am Gedächtnis – Transforming Archives
AKEDEMIE DER KÜNSTE
Pariser Platz 4
www.adk.de

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Marilena Di Tursi

Marilena Di Tursi

Marilena Di Tursi, giornalista e critico d'arte del Corriere del Mezzogiorno / Corriere della Sera. Collabora con la rivista Segno arte contemporanea. All'interno del sistema dell'arte contemporanea locale e nazionale ha contribuito alla realizzazione di numerosi eventi espositivi, concentrandosi soprattutto…

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