La rivoluzione di Lucio Fontana. A New York
A pochi mesi dal cinquantesimo anniversario della morte, New York rende omaggio a Lucio Fontana e alla sua profonda influenza sull’arte del Novecento. Sono ben quattro le mostre con cui la città celebra l’artista dei tagli. Al Met Breuer la mostra principale, inaugurata mercoledì 23 gennaio. La stessa sera l’Istituto Italiano di Cultura ha aperto una mostra dedicata all’influenza di Fontana sull’arte italiana. Mentre la sede principale del Metropolitan Museum e il Museo del Barrio espongono ognuno una singola opera ambientale dell’artista.
In corso fino al 14 aprile nella sede del Metropolitan Museum dedicata all’arte del XX e XI secolo, Lucio Fontana: On the Threshold è la prima retrospettiva dedicata all’artista italo-argentino negli Stati Uniti in più di quattro decenni. Le oltre ottanta opere in mostra, selezionate in collaborazione con la Fondazione Lucio Fontana, sono disposte tra il terzo e quinto piano del Met Breuer e comprendono sculture, ceramiche, dipinti, disegni e ambienti realizzati tra il 1931 e il 1968.
Fondatore dello Spazialismo e grande innovatore, Lucio Fontana (Rosario, 1899 ‒ Varese, 1968) è noto soprattutto per i suoi tagli, ma, come ha ricordato la curatrice della mostra, Iria Candela, l’artista iniziò a lavorare con la tela solo nel 1949, quando la sua carriera era già ben avviata. “Questa mostra, che raccoglie un’ampia selezione delle sue tele tagliate e bucate”, ha detto la curatrice in occasione dell’anteprima per la stampa al Met Breuer, “vuole essere un viaggio, un itinerario nel pensiero e nella pratica di un artista che riteneva che l’arte dovesse essere vissuta attraverso una nuova dimensione in cui entravano anche nuove tecnologie e materiali”.
Per tracciare i contorni del processo che portò Fontana all’idea di introdurre la terza dimensione nelle sue opere, la mostra parte da un corpo di lavori meno noti e inattesi, per chi conosce questo artista solo per i suoi tagli. Fontana iniziò infatti dalla scultura, avvicinandosi all’arte in Argentina, nella bottega del padre, lui stesso scultore, specializzato in statue funerarie. Ricorda questi esordi una delle opere con cui comincia il percorso espositivo del Met Breuer, il bellissimo Campione Olimpionico (Atleta in Attesa) (1932), un gesso colorato di blu che raffigura lo schermidore Ciro Verratti, in una posa umana e allo stesso tempo sublime, quasi ultraterrena.
Nella stessa sala sono esposte alcune delle sue ceramiche smaltate e sculture in grès che Fontana iniziò a realizzare negli Anni Trenta, tornando di tanto in tanto a questo tipo di lavorazione anche nei decenni successivi. La selezione comprende alcune delle sue opere a tema marittimo, ispirate dagli anni ad Albisola, una Ceramica Spaziale del ‘53 e il mosaico Ritratto di Teresita (1940) che colpisce per la sua modernità.
SPERIMENTAZIONI
Già nella seconda stanza cominciano ad apparire i primi buchi, i tagli e le sperimentazioni con la terza dimensione. Le opere esposte non seguono un filo rigorosamente cronologico, ma riescono a evidenziare un percorso intellettuale che, a partire dalla tela, esplora le possibilità del gesto artistico, sperimentando con segni, materiali, forme e dimensioni.
Da questo momento in poi, le sue opere iniziano ad avere un titolo ricorrente, Concetto Spaziale.
Lo Spazialismo per Fontana è sintesi delle arti in grado di abbracciare lo spazio circostante. Il gesto con cui l’artista buca la tela è a volte scomposto e primitivo, altre sembra seguire un disegno preciso che, soprattutto quando ai buchi l’artista affianca composizioni di pezzi di vetro, sconfina nel decorativo.
Tra “i tagli” in mostra, una composizione di piccole tele di diverse forme geometriche; alcuni dei suoi classici su tela bianca o rossa, Concetto Spaziale, Attese; un taglio su terracotta, Concetto Spaziale, Natura (1959) e, alla fine del percorso del primo dei due piani dedicati all’artista, due opere ispirate a New York, Concetto Spaziale, New York 10 e Concetto Spaziale, New York Grattacielo, due esempi di tagli su rame del 1962, anno successivo al soggiorno di Fontana a New York, che lo ispirò a cominciare un ciclo di metalli, evocazione della sfavillante modernità della metropoli.
L’interesse dell’artista per l’ambiente e la tridimensionalità è evidente anche nelle sue installazioni ambientali, quelle che lui chiamava Ambienti spaziali e nei suoi esperimenti con la luce. Ne è un esempio Ambiente spaziale. “Utopie”, nella XIII Triennale di Milano (1964), un ambiente stretto e buio da cui emergono due file di minuscoli punti di luce che seguono l’andamento delle pareti.
Ancora più immersivo l’Ambiente spaziale a luce rossa, che occupa per intero il quinto piano del museo, il secondo dei due livelli su cui si sviluppa la mostra. Questo ambiente, ricostruzione di un’opera del ‘67 in cui Fontana sperimentava con la luce, lo spazio e le geometrie, è uno dei primi esempi di utilizzo dei tubi al neon nell’arte. Degli stessi anni sono gli esperimenti con il neon di Dan Flavin e Bruce Nauman.
Le luci al neon sono la materia prima anche dell’unica opera di questa mostra esposta nella sede centrale del Metropolitan Museum, il monumentale arabesco Struttura al neon per la IX Triennale di Milano (1951), allestito nella galleria 913 del museo.
DAL MUSEO DEL BARRIO ALL’IIC
Ci si deve invece spostare ad Harlem, al Museo del Barrio, per vedere l’ultima delle quattro opere ambientali di Fontana in mostra in città in questi mesi, un Ambiente Spaziale del 1968. Questa ricostruzione dell’opera presentata da Fontana a documenta 4, a Kassel, pochi mesi prima della sua morte, è uno straniante labirinto di tele bianche tagliate.
A corredo e completamento del percorso espositivo della mostra al Met Breuer, le installazioni ambientali forniscono una misura della natura pioneristica del lavoro di Fontana e contestualizzano il gesto radicale dei tagli all’interno della più ampia pratica dell’artista. Nelle tre esposizioni del Met e del Museo del Barrio, il lavoro di Fontana mostra tutta la sua carica rivoluzionaria.
Alla persistente influenza del lavoro di Fontana sull’arte italiana del Novecento è dedicata la mostra Spatial Explorations: Lucio Fontana and the Avant-garde in Milan in the 50s and 60s, allestita presso l’Istituto Italiano di Cultura di New York in concomitanza con la mostra al Met. Curata da Francesco Tedeschi e in corso fino al 6 marzo, la mostra riunisce 23 opere selezionate dalla collezione San Paolo, tra cui quattro Concetti Spaziali di Fontana e opere di Enrico Baj, Tancredi, Mario Deluigi, Emilio Scanavino, Piero Manzoni, Enrico Castellani, Agostino Bonalumi e altri. La mostra si divide in una prima parte che posiziona Fontana e la Spazialismo nella storia dell’arte del dopoguerra e una seconda parte che mette in luce la sua influenza sulle tendenze artistiche successive, mostrandone la lunga portata. “L’obiettivo è di mostrare come Fontana sia stato uno degli artisti più importanti del Novecento”, ha affermato Tedeschi durante l’inaugurazione della mostra, “per la sua influenza su artisti più giovani di lui che da quel momento in poi andarono a creare un nuovo tipo di arte”.
Dai tagli in poi, l’arte non è mai più stata la stessa.
‒ Maurita Cardone
New York // fino al 14 aprile 2019
Lucio Fontana: On the Threshold
THE MET FIFTH AVENUE
1000 Fifth Avenue
THE MET BREUER
945 Madison Avenue
www.metmuseum.org
New York // fino al 14 aprile 2019
Lucio Fontana: Spatial Environment (1968)
EL MUSEO DEL BARRIO
1230 Fifth Avenue
http://www.elmuseo.org
New York // fino al 6 marzo 2019
Spatial Explorations – Lucio Fontana and the Avant-garde in Milan in the 50’s and 60’s
ISTITUTO ITALIANO DI CULTURA DI NEW YORK
686 Park Avenue
https://iicnewyork.esteri.it/iic
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati