Le biometrie di Rafael Lozano-Hemmer. A Washington

Hirshhorn Museum, Washington ‒ fino al 28 aprile 2019. Al confine tra scienza, arte e biotecnologie, Rafael Lozano-Hemmer porta le sue ricerche nel museo americano. Inserendosi in un dibattito fortemente attuale.

Si chiama Pulse la personale dedicata a Rafael Lozano-Hemmer (1967), la più grande mostra di tecnologia interattiva mai presentata all’Hirshhorn Museum di Washington.
È composta da tre installazioni realizzate dall’artista messicano che nel 1989 ha conseguito un Bachelor of Science in chimica-fisica a Montréal, e attualmente, nel suo Antimodular Research Studio in Canada, collabora con quattordici tra programmatori, ingegneri, architetti e artisti di tutto il mondo.
Le installazioni sono pensate a partire dall’acquisizione di dati biometrici di visitatori consenzienti, visualizzati poi come sequenze di luci lampeggianti, panorami sonori, onde d’acqua in movimento e impronte digitali animate.
L’intenzione di Lozano-Hammer è di capovolgerne l’utilizzo in termini di mero controllo da cui è nata la biometria per utilizzarla, invece, come un modo di rappresentare la continuità interna di una comunità.

LE TRE INSTALLAZIONI

La mostra inizia con Pulse Index, un’installazione concepita nel 2010, ma qui ingigantita per adattarsi agli spazi dell’Hirshhorn. Su una sequenza lineare di schermi, disposti lungo alcune decine di metri, sono visualizzate le impronte digitali e la frequenza cardiaca registrata degli ultimi 10mila utenti.
Anche il secondo lavoro, Pulse Tank (2008), è stato aggiornato e ampliato. I sensori a disposizione del pubblico trasformano il battito del polso in increspature su serbatoi d’acqua illuminati, creando schemi sempre mutevoli che si riflettono sulle pareti della galleria.
Pulse Room (2006) completa la mostra, con centinaia di lampadine incandescenti appese al soffitto in file regolari, che pulsano nel buio, ancora una volta, in accordo con il battito cardiaco dei visitatori precedenti. È possibile aggiungere il proprio battito cardiaco all’impianto toccando un sensore, che trasmette il polso alla prima lampadina. Il suono dei battiti cardiaci raccolti si unisce al display luminoso per amplificare l’impatto fisico dell’installazione.

Rafael Lozano-Hemmer, Pulse Tank, 2008. Installation view at New Orleans Museum of Art, New Orleans. Photo Scott Saltzman. Courtesy Hirshhorn Museum, Washington DC

Rafael Lozano-Hemmer, Pulse Tank, 2008. Installation view at New Orleans Museum of Art, New Orleans. Photo Scott Saltzman. Courtesy Hirshhorn Museum, Washington DC

INCLUDERE ED ESCLUDERE

Nell’introduzione alla rassegna, a proposito di Pulse, Lozano-Hemmer commenta: “I miei lavori più recenti riguardano il rapporto tra le tecnologie biometriche, il controllo pubblico o privato e i sistemi di identificazione… Oggi miliardi di scanner delle impronte digitali assicurano l’accesso ai nostri telefonini come alle porte elettroniche delle nazioni. In un momento in cui risorge un nazionalismo etnico, che divide gli individui in categorizzazioni semplicistiche, è fondamentale sperimentare questo meccanismo di controllo per funzioni connettive e creazioni anonime di un paesaggio di appartenenza”.
Gli identificatori biometrici sono caratteristiche fisiche o comportamentali distintive e misurabili usate per descrivere un individuo. Come parte dell’“identificazione assoluta”, la biometria può essere considerata alla stregua di una chiave sia per includere che per  escludere intere porzioni della popolazione mondiale: e in questo senso può apparire come arma politica assoluta. Una forma di controllo leggero che ha avuto inizio con la catalogazione delle impronte digitali che risale al 1891, quando Juan Vucetich iniziò a collezionare quelle dei criminali in Argentina. Dallo scanner delle impronte digitali si è passati al riconoscimento della fisionomia facciale per proseguire poi con catalogazione delle vene del palmo della mano, della geometria degli arti, del Dna, del riconoscimento dell’iride o della retina. A tutto ciò si sono aggiunti ora nuovi parametri comportamentali come l’andatura, l’impronta vocale, lo stile di battitura su una tastiera, la grafia…
Nata come sistema di contrasto alla criminalità, la biometria ha penetrato di recente anche il mercato civile e offuscato le linee guida tra forme di controllo dei governi e controllo privato delle imprese. E il dibattito sul suo impiego si è fatto serrato.

Rafael Lozano-Hemmer, Pulse Room, 2006. Installation view at The Manchster Art Gallery, Manchester 2011. Photo Peter Mallet. Courtesy Hirshhorn Museum, Washington DC

Rafael Lozano-Hemmer, Pulse Room, 2006. Installation view at The Manchster Art Gallery, Manchester 2011. Photo Peter Mallet. Courtesy Hirshhorn Museum, Washington DC

DISUMANIZZAZIONE E DIGNITÀ

Viene considerata da alcuni come uno strumento per lo sviluppo dell’autorità statale che disumanizza l’individuo violandone l’integrità. Da altri come un utile strumento di progresso.
Il filosofo italiano Giorgio Agamben ha sostenuto che la raccolta di dati biometrici è una forma di tatuaggio bio-politico. Secondo Agamben, la biometria trasforma la persona umana in un corpo nudo: la nuova relazione bio-politica tra cittadini e Stato, tra consumatori e corporation trasforma l’individuo in pura vita biologica privandoli della propria umanità.
Altri studiosi hanno però sottolineato che il mondo globalizzato si trova ancora di fronte a un’enorme massa di persone con identità civili deboli. La maggior parte dei Paesi in via di sviluppo ha documenti inaffidabili e i più poveri spesso non ne hanno alcuno. Ma, senza identità certificate, non c’è certezza del diritto, nessuna libertà civile, nessun accesso ai servizi di base. In realtà solo un soggetto con un’identità pubblica può rivendicare i propri diritti, incluso il diritto di rifiutare di essere identificato. In tal senso, la biometria potrebbe svolgere un ruolo fondamentale nel sostenere e promuovere il rispetto della dignità umana. Le possibili applicazioni in campo medico-sanitario difficilmente possono essere messe in dubbio.
Inseguendo la traccia di questo dibattito, Lozano-Hemmer ha creato installazioni interattive su larga scala per spazi pubblici a Città del Messico, New York, Vancouver e Berlino. Con i partner del suo studio di Montréal è attualmente al lavoro intorno a più di due dozzine di progetti architettonici permanenti.

Aldo Premoli

Washington // fino al 28 aprile 2019
Rafael Lozano-Hemmer ‒ Pulse
HIRSHHORN MUSEUM
Independence Ave and 7th St
https://hirshhorn.si.edu

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Aldo Premoli

Aldo Premoli

Milanese di nascita, dopo un lungo periodo trascorso in Sicilia ora risiede a Cernobbio. Lunghi periodi li trascorre a New York, dove lavorano i suoi figli. Tra il 1989 e il 2000 dirige “L’Uomo Vogue”. Nel 2001 fonda Apstudio e…

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