I 5 padiglioni di Expo che potrebbero stare alla Biennale di Venezia

Un tour dentro l’immensa Esposizione Universale di Milano alla ricerca dei cinque padiglioni più artistici in ordine di architettura, interni, eventuali opere presenti e concettualistica. Ecco la nostra classifica al netto di polemiche, irregolarità, paradossi e sprechi. E di chi, come il Brasile, è andato oltre l’ispirazione (nella fattispecie, l’ispirazione a Tomas Saraceno).

ALLA RICERCA DELL’ARTE
Molti avranno letto l’articolo su Expo Milano 2015 di Oliver Wainwright, critico di architettura e design, pubblicato sul Guardian i primi di maggio. Il minisaggio criticava fortemente la composizione della fiera e le strutture in essa contenute, tanto da definire l’Esposizione “un folle collage di tende ondulate, di pareti verdi e di ammassi contorti”.
Forti anche di questo giudizio – e delle centinaia di articoli, positivi e negativi, pubblicati sul tema – siamo andati a Expo, in un nuvoloso mercoledì di giugno, per cercare solo una cosa: l’arte. E proprio per non entrare nel merito di discussioni ormai sciorinate in ogni quotidiano nazionale e non, riguardanti il cibo, il paradosso delle presenze di multinazionali come Coca Cola o McDonald’s, o dei costi folli o delle probabili infiltrazioni mafiose nella costruzione di Expo; abbiamo deciso di fare un tour nel milione di metri quadri espositivi alla ricerca dei cinque padiglioni che potrebbero (tranquillamente) stare alla Biennale di Venezia.

Expo 2015 - Padiglione Vaticano

Expo 2015 – Padiglione Vaticano

PADIGLIONE VATICANO
La Santa Sede, la cui presenza all’interno di una fiera sul cibo non ha propriamente senso (infatti ha puntato tutto sul pane e sull’eucarestia), si è concentrata più sull’architettura e gli spazi interni. Lo studio milanese Quattroassociati (realizzatori del progetto architettonico) ci ha tenuto a non rendere il padiglione simile a una chiesa, e ci sono riusciti. Sulle pareti esterne, a parte lo stemma vaticano e la scritta “Dacci oggi il nostro pane quotidiano” (tradotto in tredici lingue), sono assenti simboli cristiani. Gli spazi interni sono il pezzo forte e la parola d’ordine è sobrietà. Tutto ciò è permesso dall’inclinazione delle pareti nord e dalla modellatura sinuosa dell’acciaio.
Questo equilibrio tra facciate interne ed esterne, tra materiali e scelte architettoniche, è il motivo per cui l’abbiamo scelto come potenziale padiglione biennalistico. Ma non è tutto. All’interno, appena varcata la soglia – che ricorda un taglio alla Lucio Fontana – è possibile ammirare L’ultima cena del Tintoretto (l’opera, normalmente, è custodita nella Chiesa di San Trovaso a Venezia) il cui gioco di luci e ombre e l’incredibile gioco prospettico trovano, nel padiglione Vaticano, una eccellente seconda casa. Tra alcuni mesi l’opera sarà sostituita con un arazzo di Pieter Paul Rubens raffigurante l’istituzione dell’Eucarestia, proveniente dal Museo Diocesano di Ancona.

Expo 2015 - Padiglione Svizzera

Expo 2015 – Padiglione Svizzera

PADIGLIONE SVIZZERA
Continuando la camminata sul Decumano ci si imbatte nel padiglione elevetico. Esternamente non è bello, ma sicuramente è l’unico che ha centrato il tema Expo in toto. Tra l’altro potrebbe tranquillamente essere presentato anche per la Biennale d’Arte, perché il concetto su cui si basa e il modo in cui è stato realizzato si sposa con i canoni artistici delle ultime biennali.
Il progetto, che si chiama Confooderatio Helvetica, è stato sviluppato dalla società di architetti Netwerch e ruota attorno alla responsabilità personale, all’equa ripartizione degli alimenti e alla sostenibilità. Il padiglione è formato da quattro torri – o meglio: quattro silos – riempite con i quattro cibi fondamentali della Svizzera (caffè, acqua, mele e sale) che i visitatori possono prendere gratuitamente. Ogni torre contenente uno di questi prodotti è divisa in tre piani che ne contengono una specifica quantità: quando, però, il prodotto termina, non è sostituito da nuove scorte, ma il pavimento viene abbassato di un piano. Di conseguenza, i visitatori successivi non saliranno più al terzo piano, ma al secondo. Più velocemente termineranno le scorte, più rapidamente la torre si abbasserà.
Insomma, tutto dipende dalla coscienza dei visitatori iniziali. Dare la possibilità agli ultimi di vedere le torri piene o vuote: una grande metafora del mondo, dove le risorse naturali, sempre più agli sgoccioli, vengono irresponsabilmente consumate. Una volta terminata l’Esposizione, le torri saranno riportate in Svizzera e riutilizzate come serre urbane.

Expo 2015 - Padiglione Austria

Expo 2015 – Padiglione Austria

PADIGLIONE AUSTRIA
Se il cemento, l’acciaio e il legno sono i materiali prediletti per la costruzione delle strutture dentro Expo, Breathe è indubbiamente il padiglione più ecologico dell’intera Esposizione. E se volete vederlo, preparatevi a una bella scarpinata: è in fondo al Decumano. Anche il padiglione austriaco potrebbe tranquillamente soppiantare quello esistente ai Giardini della Biennale e si mimetizzerebbe con il luogo, poiché è in realtà la fedele riproduzione del microclima e della vegetazione di un bosco austriaco.
È un’esperienza sensoriale a tutti i livelli – altro che il Padiglione Giappone di questa Biennale d’Arte – oltre che una vera boccata d’aria fresca (le piante presenti producono ossigeno sufficiente per 1.800 persone l’ora). Come sarebbe stata la fusione tra questo padiglione e quello rivisitato per la Biennale da Heimo Zobernig?

Expo 2015 - Padiglione Kuwait

Expo 2015 – Padiglione Kuwait

PADIGLIONE KUWAIT
Italo Rota ha realizzato probabilmente il padiglione più bello di Expo, architettonicamente parlando. La maggior parte delle strutture sono sospese in aria, rendendolo visivamente leggero e fluttuante. Lo stesso Rota, spiegando il progetto, ha detto: “L’ingresso è formato da una successione di vele che ricordano le imbarcazioni tradizionali con cui i kuwaitiani ancora oggi commerciano nel golfo arabico”. La facciata laterale presenta invece un esempio delle serre e dei sistemi di coltura idroponica diffusi nel Paese.
Perché a Venezia? Beh, una struttura così farebbe un figurone se fosse installata nella parte nord dei Giardini, a un pelo dall’acqua della Laguna. Ciò che manca a Expo per rendere incredibile questo padiglione.

Expo 2015 - Padiglione Marocco

Expo 2015 – Padiglione Marocco

PADIGLIONE MAROCCO
Dall’esterno il Padiglione Marocco – che si trova in fondo al Decumano, prima dello stand della Birra Moretti – non colpisce per bellezza, anzi è tra i più brutti di Expo, per quanto abbiano tentato di riprodurre una kasbah. Dentro, invece, c’è il Marocco, per davvero. Ogni sala coincide con una delle tre zone principali del Marocco: il Nord Mediterraneo, il Centro e il Grande Sud. Le temperature delle sale, per rendere la permanenza più realistica possibile, cambiano a seconda del clima che c’è nelle tre zone del Paese. E non solo. Gli odori, anche questi cangianti da sala a sala, sono probabilmente la cosa più bella che vi porterete a casa dopo Expo.
Molto spettacolare – e si potrebbe tranquillamente trovare in Biennale – è l’installazione con fiori appesi al soffitto, che si riflettono sul pavimento coperto da uno specchio, creando un’illusione di profondità. Dulcis in fundo, se proprio non vi è bastato, fermatevi al ristorante del padiglione, immerso in un giardino di piante tipiche, e assaggiate la chebakia. Arte culinaria.

Paolo Marella

www.expo2015.org

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Paolo Marella

Paolo Marella

Barese, classe 1987, trapiantato maldestramente a Venezia. Laureando in Economia e Gestione dei Beni Culturali all'Università Ca' Foscari, coltiva da anni una forte passione per l'arte e la scrittura. Gli piace il mondo della comunicazione: quest'anno ha lavorato nell'ufficio stampa…

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