Si chiamerà Gross Domestic Product. Banksy apre il suo negozio online. Ecco come funziona

A pochi giorni dalla chiusura della sua vetrina a Londra, lo street artist svela sulla sua pagina Instagram la notizia dell’apertura di un e-commerce: “In vendita arte, articoli per la casa e delusioni”.

Gross Domestic Product, ovvero il termine economico anglosassone per dire “Prodotto interno lordo” (ma potrebbe essere interpretato, letteralmente, anche come “disgustoso oggetto per la casa”). È l’ambiguo nome che Banksy, l’artista tra i più quotati e contestati al mondo, ha scelto per il suo nuovo negozio online, la cui apertura è stata annunciata sul suo account Instagram seguito da oltre 6 milioni di follower. In vendita ci sono bizzarri articoli interamente fatti a mano e realizzati con materiale riciclato, di dubbia utilità e di cui l’integrità non viene neanche assicurata alla consegna. Ma in essi si trovano alcuni richiami alle sue opere più emblematiche, come una sorta di compendio della sua produzione. Certo è che Gross Domestic Product non è il tradizionale negozio di gadget a cui verrebbe da pensare di primo acchito: sotto un’operazione con una buona dose di strategia commerciale si cela in realtà un’azione di protesta, conseguita da una controversia avuta con una casa di produzione di cartoline.

L’OPERAZIONE GROSS DOMESTIC PRODUCT

Banksy torna a far parlare di sé a poca distanza dal suo record di vendita avvenuto durante l’asta di Sotheby’s a Londra, durante la Frieze Week, in cui il grande e provocatorio quadro Devolved Parliament ha sfiorato i 2 milioni di sterline. Negli stessi giorni, l’artista apriva uno showroom temporaneo all’interno di un negozio abbandonato nel quartiere di Croydon, a sud di Londra. L’insegna recava la scritta Gross Domestic Product (ve lo avevamo raccontato qui). Le porte, però, erano sempre chiuse e il pubblico poteva osservare solo dalla vetrina la “merce” esposta: un salottino un po’ decadente arredato con quadri e stampe popolate da figure tipicamente banksyane e oggetti grotteschi, come il personaggio Tony the Tiger dei famosi cereali inglesi imbalsamato a mo’ di tappeto. Il negozio pop-up ha chiuso dopo circa dieci giorni dal suo allestimento, anche questa volta con un video postato su Instagram che diceva: “Il negozio che non apre mai chiuderà questo weekend”. Gli stessi oggetti in esposizione li ritroviamo ora in vendita sul sito.  Viene da pensare che nulla sia lasciato al caso: Banksy, dopo aver stimolato la curiosità visiva con il “guardare ma non toccare” durante la settimana dell’arte più trafficata di Londra, dà ora la possibilità di acquistare gli stessi prodotti. A determinate condizioni.

GROSS DOMESTIC PRODUCT: COME FUNZIONA

Come spiegato nel disclaimer in apertura della pagina web gli articoli sono ancora in numero ridotto (poiché artigianali, realizzati in studio non in fabbrica) e, dati i costi contenuti (si parte dalle 10 sterline per una tazza), la vendita è riservata a chi possiede un reddito basso. Bando ai collezionisti multimilionari quindi, una mossa che ci riporta un po’ allo spirito di quel Banksy che disseminava messaggi sociali sui muri delle città, prima di raggiungere prezzi stellari. Come funziona? “A causa del numero limitato di prodotti attualmente disponibili stiamo aprendo un sistema di registrazione. C’è tempo fino al 28 ottobre per consultare il sito e mettere nel carrello un prodotto. Seleziona un solo articolo, quindi inserisci i tuoi dati e invia la richiesta. I partecipanti verranno scelti in modo casuale e potranno effettuare un acquisto entro 7 giorni lavorativi con un metodo di pagamento sicuro”. Un po’ vendita e un po’ lotteria della fortuna, il sito mette inoltre in guardia gli utenti sulla qualità del manufatto, informando che “il prodotto potrebbe rivelarsi un’esperienza deludente al momento della consegna, soprattutto se si è riusciti a effettuare un acquisto”.

Banksy™ Met ball

Banksy™ Met ball

GROSS DOMESTIC PRODUCT: PERCHÉ APRIRLO?

Una società di biglietti d’auguri sta tentando di impugnare i diritti che detengo per la mia arte e sta tentando di utilizzare il mio nome in modo che possano vendere legalmente la loro finta merce firmata Banksy”, ha dichiarato in una nota l’artista scagliandosi contro la Full Color Black, una casa di produzione che tutt’oggi vende cartoline che riproducono i suoi graffiti. Una controversia legata ai diritti d’autore che tuttavia non comporta nessuna violazione. Secondo le normative dell’Unione Europea, infatti, è lecito per una società rilevare e sfruttare un brand se questo non viene utilizzato oltre un certo periodo per scopi commerciali. Ecco che lo street artist ha cercato un modo per contrastare tale dinamica, “mettendosi in proprio” e dando il via a un’operazione articolata che va oltre quell’effetto sorpresa a cui ha abituato il pubblico fino ad ora.

GROSS DOMESTIC PRODUCT: GLI ARTICOLI IN VENDITA

Dando un’occhiata ai prodotti in vendita sul sito, si viene conquistati dal carattere esilarante di alcuni in particolare: tra quelli che potrebbero diventare dei best-seller troviamo la Banksy™ Clutch bag, una borsetta costituita da un mattone vero che, come recita la descrizione, “è perfetta per il tipo di persona che non ha molto da metterci dentro ma che potrebbe aver bisogno di colpire qualcuno in faccia”; oppure la Banksy™ Ultra HD TV, “una TV a colori da 55 pollici con un grande Banksy. Che va benissimo dal punto di vista artistico, ma compromette sostanzialmente la qualità della visione”. Ci sono anche le figure iconiche, come Girl with Balloon, l’opera autodistruttasi nel 2018 da Sotheby’s, trasposta in una maglietta a frange. Grande protagonista è il tema del riciclo, come nella Banksy™ Met ball, una simil palla da discoteca realizzata con un vecchio casco antisommossa della polizia e circa 650 specchietti, tutto materiale di recupero. Anche in questo caso, si avvisa, la qualità del prodotto potrebbe decretare la ben riuscita vendita di una delusione.

-Giulia Ronchi

https://www.grossdomesticproduct.com/

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Giulia Ronchi

Giulia Ronchi

Giulia Ronchi è nata a Pesaro nel 1991. È laureata in Scienze dei Beni Culturali all’Università Cattolica di Milano e in Visual Cultures e Pratiche curatoriali presso l’Accademia di Brera. È stata tra i fondatori del gruppo curatoriale OUT44, organizzando…

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