Fotografare gli ultimi. Dorothea Lange in mostra a Bassano del Grappa

Il Museo Civico di Bassano del Grappa dedica una mostra all’importante fotografa che negli Anni Trenta del Novecento attraversò molti stati americani per documentare le conseguenze della Grande Depressione

Correva il 7 dicembre 1941 e il conflitto che in seguito tutti chiameranno Seconda Guerra Mondiale era già in corso, tuttavia gli Stati Uniti ancora non vi partecipavano. Fino a quel giorno, quando la Marina imperiale giapponese, guidata dall’ammiraglio Isokuro Yamamoto, sferrò un inaspettato quanto devastante attacco alla base statunitense di Pearl Harbor, nelle Hawaii. Le conseguenze furono immediate: l’8 dicembre il Congresso degli Stati Uniti dichiarò guerra al Giappone, entrando di fatto nel vasto scenario bellico. 
Cosa c’entra questa storia con la mostra dedicata a Dorothea Lange (Hoboken, 1895 – San Francisco, 1965) in corso al Museo Civico di Bassano del Grappa? C’entra eccome, perché la fotografa, su incarico della War Relocation Authority, ebbe modo di fotografare le reazioni delle città americane all’attacco nipponico e poi la deportazione e il confinamento dei cittadini di discendenza giapponese nei campi di reclusione allestiti in zone semi-desertiche, dove rimasero fino alla fine della guerra. Quegli scatti, che costituiscono l’ultima sezione dell’esposizione, documentano le operazioni precedenti il trasferimento, mentre le immagini scattate all’interno dei campi risultano particolarmente edulcorate poiché le autorità vietarono alla fotografa di realizzare scatti troppo espliciti, come invece aveva potuto fare durante i precedenti reportage.

La crisi americana negli scatti di Dorothea Lange

Questo fu però solo uno dei tanti incarichi ricevuti da Dorothea Lange, che è nota soprattutto per aver partecipato alla Farm Security Administration (FSA), un’agenzia creata nel 1937 per documentare, anche attraverso il mezzo fotografico, l’estrema povertà in cui allora vivevano gli statunitensi nelle aree più rurali del Paese. Il 1929, con il crollo di Wall Street, aveva infatti innescato una grave crisi che si aggravò poi a causa del crollo dei prezzi, che rovinò migliaia di piccoli agricoltori, della meccanizzazione dell’agricoltura, che comportò un aumento di disoccupati, e infine di una serie di inondazioni e tempeste di sabbia negli stati vicini alla California. Le foto dei migranti, dei loro poveri mezzi e dei desolanti contesti abitativi, ritratti da Dorothea Lange con sensibile umanità, non possono peraltro non ricordare la magistrale narrazione di Furore di John Steinbeck, pubblicato nel 1939, quindi nei medesimi anni in cui i fotografi dell’FSA producevano un patrimonio di 280mila immagini, tra negativi e stampe.

Dorothea Lange, Madre migrante, Nipomo, California, 1936
Dorothea Lange, Madre migrante, Nipomo, California, 1936

La mostra di Dorothea Lange a Bassano del Grappa

Il valore documentario dei reportage della Lange è evidente osservando gli album esposti nelle teche della prima sala della mostra: le sue piccole stampe fotografiche accompagnano le analisi economiche e sociologiche di Paul S. Taylor, professore dell’Università della California. E ancora una preziosa testimonianza è rappresentata dalle didascalie compilate dalla fotografa, che talvolta riporta letteralmente le affermazioni dei soggetti protagonisti dei suoi scatti, fornendo una presentazione sintetica, ma incisiva e puntuale, di ciò che possiamo osservare. Un paio di esempi: “Un tempo ricco agricoltore texano, ora cerca lavoro in California per sé e la sua famiglia nell’industria del cotone. Niente lavoro e niente soldi. Bakersfield, California, 1935”; “La giovane madre, venticinque anni, dice: ‘L’anno prossimo avremo la nostra foto di famiglia, un prato e dei fiori’. Villaggio rurale di baracche, vicino a Klamath Falls. Oregon, 1939”.
Tra le tante serie esposte spicca per intensità un focus dedicato a un’unica immagine, che è in seguito diventata icona della Grande depressione: Migrant Mother fu scattata da Dorothea Lange nel marzo 1936, in un campo che ospitava più di 2mila braccianti impiegati nella raccolta dei piselli. Particolarmente interessante osservare le fotografie realizzate dalla stessa Lange subito prima di quella più nota e che fanno comprendere un processo creativo che, alla priorità di illustrare la realtà, affianca la ricerca di una composizione indiscutibilmente perfetta.

Marta Santacatterina

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Marta Santacatterina

Marta Santacatterina

Giornalista pubblicista e dottore di ricerca in Storia dell'arte, collabora con varie testate dei settori arte e food, ricoprendo anche mansioni di caporedattrice. Scrive per “Artribune” fin dalla prima uscita della rivista, nel 2011. Lavora tanto, troppo, eppure trova sempre…

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