La trasparenza del dolore nella mostra di Monica Biancardi a Napoli

Alla Shazar Gallery di Napoli Monica Biancardi mette in mostra fotografie, disegni e oggetti che parlano di violenza domestica e sofferenze nascoste

La mostra di Monica Biancardi (Napoli, 1972) alla Shazar Gallery di Napoli è un racconto amaro che disegna la faglia o il punto di rottura in cui la casa diventa prigione e l’oggetto familiare si trasforma in simbolo di tortura. Impalpabile, muto, murato dietro apparenze e trasparenze, il dolore che si respira in questo suo raffinato e sofisticato progetto – nato dall’analisi (e dall’aumento delle percentuali durante il lockdown) delle violenze psicofisiche sulle donne – è narrato sotto forma di fabula de lucis et umbrae. Ad accoglierci infatti è una luce fioca, radente: via d’accesso al presente, al tempo-di-ora (ho nyn kairos) smarrito nel tempo, nella tenebra stessa dell’ora.

Monica Biancardi, The Catalogue of Huts, 2023, installation view, Shazar Gallery (Napoli). Photo Danilo Donzelli

Monica Biancardi, The Catalogue of Huts, 2023, installation view, Shazar Gallery (Napoli). Photo Danilo Donzelli

LA MOSTRA DI MONICA BIANCARDI A NAPOLI

Scavalcando la fotografia tout court (questo è davvero un punto di forza analitico e poetico che ci mostra Biancardi) ed entrando in un discorso – se vogliamo anche archeologico – fatto essenzialmente di luce e graffi proiettati per manifestare oggetti altrimenti invisibili (esattamente come invisibile è la sofferenza, la sopportazione che si consuma in alcuni casi tra le pareti spesse di casa), di ombre appunto che accennano a qualcosa, l’artista indica la cruda e ruvida ambiguità che si nasconde dietro le apparenze. Un cappio, ad esempio, proiezione su una parete d’una collana di perle, o una boccetta di profumo che nasconde il veleno che si consuma dentro la mente. Accanto a una serie di luci che oltrepassano il vetro (graffiato con cura, inciso) e che proiettano su parete o in preziose teche metalliche – in una di queste si legge un profondo planisfero che richiama e ridefinisce uno studio carico di foglietti, di cicatrici – alcune immagini psicologicamente disarmanti, c’è in mostra, ad apertura, un muro bianco scavato su cui un fascio luminoso, alquanto radente, fa apparire il profilo di una donna, posta frontalmente a una pistola termoscanner. A chiusura della mostra è presente una fotografia di piccolo formato (Rinascita, 2022), quasi nascosta, lasciata in un angolo intimo e appartato: si legge in basso una data, 21/11/2022, e raffigura la cicatrice di una straziante operazione, ciò che resta appunto di un intervento subito dall’artista in quella data esatta all’Ospedale del Mare.

Antonello Tolve

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Antonello Tolve

Antonello Tolve

Antonello Tolve (Melfi, 1977) è titolare di Pedagogia e Didattica dell’Arte all’Accademia Albertina di Torino. Ph.D in Metodi e metodologie della ricerca archeologica e storico artistica (Università di Salerno), è stato visiting professor in diverse università come la Mimar Sinan…

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