Fotografia, performance e poesia visiva. Ketty La Rocca in mostra a Torino

È stata breve la carriera di Ketty La Rocca, eppure la sua arte è diventata emblema delle avanguardie femminili negli Anni Sessanta del Novecento. A raccontarne la storia è la mostra da Camera a Torino

Punta i riflettori su Ketty La Rocca (La Spezia, 1938 – Firenze, 1976) la mostra allestita da Camera a Torino e incentrata sugli anni che vanno dal 1967 al 1975.
In un arco di tempo così limitato, La Rocca si è imposta come pioniera di linguaggi e temi che continuano a offrire spunti imprescindibili sulla ricerca artistica di quegli anni. L’interessante filo conduttore della curatela di Raffaella Perna e Monica Poggi è quello dell’impiego costante che l’artista ha fatto del mezzo fotografico, pur affiancandolo ad altri media artistici come la performance, la poesia visiva, il video. Tutta l’opera di La Rocca si è concentrata sull’analisi dell’immagine in sé, indagandone la valenza semantica, semiotica e la funzione mistificatoria.

Ketty La Rocca, Le mie parole e tu, 1971 © Archivio Ketty La Rocca, Michelangelo Vasta

Ketty La Rocca, Le mie parole e tu, 1971 © Archivio Ketty La Rocca, Michelangelo Vasta

LA STORIA DI KETTY LA ROCCA

Esordendo sul finire degli Anni Sessanta nel fiorentino Gruppo 70, La Rocca utilizza la poesia visiva affiancandola ben presto all’azione. La performance Approdo del 1967 fu messa in atto con alcuni compagni del gruppo: una serie di cartelli segnaletici manipolati fu collocata sui bordi dell’Autostrada del Sole, generando un effetto straniante. Di tono più intimo e autobiografico invece è la performance realizzata nel 1970. In queste fotografie l’artista è ritratta sotto le lenzuola con una scultura a forma di “J”, la cui sagoma allude sia al corpo, ma anche al significato del pronome francese “Je”: io.
Nel 1972 la Biennale di Venezia sancisce il lavoro di Ketty La Rocca presentando il libro d’artista In principio erat. Il volume, inteso come strumento di ricerca, aggiunge l’elemento della comunicazione gestuale a quelli dell’immagine, della parola e del corpo. Nella sezione Performance e Videotape curata da Gerry Shum fu incluso anche il video Appendice per una supplica, una delle prime opere di videoarte realizzate in Italia da un’artista donna.

LE OPERE DI KETTY LA ROCCA

Con la serie delle Riduzioni, della metà degli Anni Settanta, la ricerca di La Rocca approda a una riflessione iconologica. A fotografie recuperate come “objet trouvé” l’artista affianca grafismi riprodotti sui contorni dei soggetti. Segni, linee, parole che, in aggiunta alle foto e superando la stessa idea di poesia visiva, consentono prima all’autore e poi al fruitore di riappropriarsi del significato dell’immagine liberandolo dalla mistificazione.
Non ultima in sequenza temporale, ma a segnare la fine dell’opera di La Rocca, sono le Craniologie. Qui l’artista approccia, con ironico ottimismo, i progressi medico-scientifici dei raggi X, che consentono la visione di ciò che si cela alla vista. Il cranio, sede anche della malattia che la condurrà a una fine prematura, è qui riempito con mani, gesti o con grafismi, in cui troviamo la parola you a ricostruire i contorni del volto.
La mostra scandisce i momenti salienti e i passaggi epistemologici della ricerca di Ketty La Rocca, lasciando affiorare, oltre che il dichiarato impegno sociale del suo lavoro, anche l’aspetto meno esplicito estetico-formale della sua ricerca.

Sirio Schiano lo Moriello

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Sirio Schiano lo Moriello

Sirio Schiano lo Moriello

Operatore culturale, si occupa di arte, eventi, comunicazione, cultura e turismo. Facendo tesoro di una quasi trentennale esperienza, ha declinato i suoi interessi in un ampio ventaglio di applicazioni professionali: direttrice di progetti culturali e rassegne d’arte, curatrice, responsabile della…

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