Chagall. Il pittore di sogni è in mostra a Mestre 

Al Centro Culturale Candiani di Mestre, l’universo cromatico di Marc Chagall si mostra in tutta la sua carica emotiva, all’incrocio delle tendenze artistiche di inizio Novecento

Un’amica, un giorno, prende in giro garbatamente la piccola statura di Marc Chagall: “Quando è in strada e becca la pioggia, si restringe”. Ma in quel corpo cova un ricchissimo universo iconografico popolato di animali con i quali parla e gioca; ma anche di violini, acrobati, musicisti, rabbini, fiori, innamorati che si librano nell’aria. Sono questi gli elementi costanti della poetica dell’artista e del suo mondo stupefatto.  Elementi che idealizza, sovrappone, dando vita a quella che André Breton definisce “totale esplosione lirica”, dove le distanze spaziali si annullano in una nuova geografia i cui simboli sono dettati dai sentimenti e dalla nostalgia. Un mondo in cui convivono tradizione ebraica e cultura russa da un lato, i fauves e il primitivismo di Gauguin dall’altro.  
Certamente Chagall conosce i dipinti di Matisse, Braque e Picasso. Ma tiene a precisare: “Non mi piacciono le loro idee. Che mangino, quando hanno fame, le loro pere quadrate sulle loro tavole triangolari”. Questo significa che non partecipa al dibattito sulle rivoluzioni artistiche europee? Non propriamente.  Le rielabora, però dentro di sé. Alla fine ne scaturisce un mondo che è totalmente chagalliano. La sua pittura, che nasce spontaneamente da uno stato d’animo, ad un primo contatto può sembrare ingenua ma non lo è affatto. Infantile forse, nel senso che tende a svelare il mondo con la predisposizione di un bambino. Alla stregua di Miró per intenderci. Anche se su piani diversi. Lo spagnolo non si allontana dell’astrazione. Il russo non si allontana dalla figurazione.   

Chagall. Il colore dei sogni, installation view, Centro Culturale Candiani, Mestre. Photo Elisa Chesini
Chagall. Il colore dei sogni, installation view, Centro Culturale Candiani, Mestre. Photo Elisa Chesini

La mostra di Chagall a Mestre 

La mostra al Centro Culturale Candiani, articolata in sei sezioni, inizia con Il sogno simbolista, basato sulla la poesia onirica di Odilon Redon, e continua con Cesare Laurenti, che da un’iniziale pittura d’impianto verista passa ad un’arte d’idea. C’è anche lo scultore Adolfo Wildt, genio solitario, autodidatta e senza regole, dallo stile è vicino al Liberty e alla Secessione.  
Nella seconda sezione della mostra, il Rabbino di Ca’ Pesaro è stato per la prima volta affiancato al dipinto Vitebsk. Scena di villaggio.  
Nel 1914 Chagall rientra in Russia da Parigi; l’intenzione è restare a Vitebsk solo qualche mese. Tuttavia, vi rimane bloccato dall’insorgere del primo conflitto mondiale fino al 1922. In quegli anni recupera il legame con il mondo ebraico dell’infanzia, espresso attraverso le immagini della cittadina natale. Qui è ambientata la prima versione del dipinto Ebreo in bianco e nero o Rabbino di Vitebsk. In base al racconto dell’artista, a Vitebsk incontra per caso un anziano. Gli fa indossare gli abiti del padre usati per la tradizionale preghiera del mattino. La figura è rappresentata con estrema precisione. Gli occhi sono venati di malinconia. Il volto tirato.  Le labbra sembrano ritmare il mormorio del salmodiare. Tutta l’attenzione diretta sul soggetto, è sottolineata dallo sfondo: nessuna concessione descrittiva, solo sagome geometriche bianche e nere. 
In Vitebsk. Scena di villaggio Chagall testimonia l’interesse per la sua città di origine. Il voler preservare il ricordo di un mondo, specialmente quando crede che stia per svanire. Nel quadro in questione ripropone ciò che ha vissuto nella sua infanzia trasfigurandolo: l’uomo che si inerpica sul tetto con un sacco sulla schiena.  Il carro, la capra, il gallo, l’arlecchino bianco, le case di Vitebsk. Frammenti che Chagall estrapola dalla propria memoria visiva. Immersi in un’atmosfera poetica.  Una conferma dell’inclinazione emotiva della sua pittura e la predisposizione al linguaggio cromatico libero che non ha dimenticato quello fauves.

Chagall e le avanguardie 

La mostra prosegue con una sezione dedicata agli artisti in esilio. Vi si analizza la fase dell’emigrazione alla volta degli Stati Uniti da parte dei molti artisti costretti a fuggire dall’Europa nel corso degli anni Trenta. Il Rabbino di Ca’ Pesaro con le sue reminiscenze cubiste, è affiancato alle sculture di Ossip Zadkine. È vero che inizialmente aderisce al cubismo, ma poi la sua natura impulsiva gli fa capire che l’assoggettamento geometrico gli sta stretto. Tanto che sceglie, intorno al 1920, la liricità della forma come espressione di un sentimento. La sezione arriva fino al Surrealismo di Max Ernst che tiene presente Chagall come appoggio iniziale della propria arte. 
Nella quarta sezione, i temi più amati da Chagall, l’amore e il colore, accostati alle ricerche dell’espressionismo europeo, in particolare alle intense cromie di Emil Nolde. 
La mostra si conclude con la serie dedicata alla Bibbia, commissionatagli da Ambroise Vollard. Sono esposte le incisioni che Chagall dona al Musée National Chagall di Nizza nel 1972, insieme alle lastre originali con cui le grafiche sono state realizzate.

Fausto Politino 



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Fausto Politino

Fausto Politino

Laureato in Filosofia con una tesi sul pensiero di Sartre. Abilitato in Storia e Filosofia, già docente di ruolo nella secondaria di primo grado, ha superato un concorso nazionale per dirigente scolastico. Interessato alla ricerca pedagogico-didattica, ha contribuito alla diffusione…

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