Vita e arte di Arturo Martini al Museo Novecento di Firenze

Continua con Arturo Martini il ciclo “Solo” al Museo Novecento di Firenze. In questa mostra è documentato il legame dell’artista con la città, ma anche la maestria impareggiabile del suo linguaggio plastico.

Tra i suoi scritti più celebri c’è Scultura lingua morta, ma nelle sue mani i materiali plastici diventano invece vivissimi. Lo testimonia la mostra Solo. Arturo Martini e Firenze, allestita fino al 14 novembre al Museo Novecento di Firenze, con la curatela di Eva Francioli e Stefania Rispoli. Una esposizione che celebra anche l’importante legame dell’artista nato a Treviso nel 1889 con la città toscana. Mostre, collezioni e la relazione con importanti intellettuali del territorio sono qui documentate attraverso lettere, pagine di giornali, immagini, un ben articolato apparato didattico e naturalmente con le opere, che attestano l’impareggiabile abilità di Arturo Martini nel raccontare la vita attraverso materiali solo apparentemente inerti.

Arturo Martini, L'attesa, 1931, gesso patinato. Collezione Mario Luca Giusti

Arturo Martini, L’attesa, 1931, gesso patinato. Collezione Mario Luca Giusti

SCULTURA LINGUA VIVA

Lo confermano pezzi come La moglie del marinaio, realizzata nel 1931, che mostra nei meandri dell’apparato creato come un artifizio dall’artista una tranche de vie delle più raffinate. C’è tutto un mondo dietro al volto appena accennato di questa madre che attende alla finestra il marito che affronta ogni giorno le ire del mare. Toccherà al visitatore più curioso girare intorno all’opera per scorgere, dalla sezione che Arturo Martini stesso ricava nel cubo scenico, il bimbo che le dorme ignaro di tutto in grembo, le vesti che ricadono sulle sue gambe, coprendo tutto tranne i piedi, in un gesto che ricorda la plastica classica cortocircuitata unicamente dalla tenerezza quotidiana della scena. Un approccio che ritorna nelle Collegiali, tra il 1927 e il 1931, che immortala un gruppo di giovani strette in cerchio tutte intente a confabulare, a raccontarsi segreti, escludendo spettatori indiscreti dalle proprie confidenze. Cerchiamo invece di acchiappare i sogni della giovane Pisana del 1933 ‒anch’essa come Le collegiali già parte della collezione del museo diretto da Sergio Risaliti ‒, che dorme morbidamente all’oscuro dell’invadenza del visitatore.

ARTURO MARTINI E FIRENZE

Il legame di Martini con Firenze è di antica data. Nel 1922, come ricostruisce la mostra che fa parte del ciclo Solo, full immersion nell’opera di importanti autori avviato dal museo nel 2018, l’artista partecipa alla Fiorentina Primaverile, presentato da Alberto Savinio. Il ritorno è nel 1931, con una doppia personale con Primo Conti a Palazzo Spini Feroni, nella galleria Bellini. Ma è anche l’amicizia con il poeta Roberto Papi a legarlo alla città e gli incontri con gli intellettuali e i colleghi dell’epoca. Scrive infatti nel 1922 a Natale Mazzolà: “Sono stato a Firenze quasi 20 giorni e ho conosciuto Soffici [in quegli anni già reduce dall’esperienza di fondazione di due riviste con Papini e prossimo alla collaborazione con Longanesi, N.d.R.] con tutto il gruppo toscano e posso dirti che tanta ammirazione per me non avrei immaginata. Si parlava di rinnovare in tono classico, del fenomeno imprevisto della storia, insomma fui amato più che capito e difeso”. Ma il rapporto con Firenze è raccontato dalla mostra anche attraverso l’importante presenza di Martini nelle collezioni della città. Su tutte quella dell’ingegnere Alberto Della Ragione, generoso collezionista, che ha poi donato, nel 1970, 241 lavori alle raccolte civiche, ma anche quella della Villa Vittoria dei Contini Bonacossi, o del musicista Mario Castelnuovo Tedesco (con la scultura Ofelia). Attraverso il loro impegno prende corpo la fondamentale presenza di Martini a Firenze, che oggi ritorna nelle sue opere, simbolo della sua capacità di spaginare la tradizione, pur essendo figlio di un dialogo eterno con la storia, e anche con i colleghi viventi. D’altra parte lui stesso diceva, in un discorso a Carrara nel 1938: “Nomi ci vogliono! Ma a far dei nomi, tutti hanno paura. In Italia gli artisti sono questi: in Pittura de Chirico, Carrà, Morandi, Tosi, Sironi, Soffici, Bernasconi, Carena, Ferrazzi, Menzio, Casorati, Bartoli. In Scultura: Martini, Marini, Manzù, Romanelli ed i giovanissimi Fazzini, Mirko e Crocetti […]. Per la scultura, la mia, mettetela dove volete. Dico solamente (come tutti sanno) che sono partiti dagli Etruschi”.

Santa Nastro

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Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

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